Meritava una mostra?

19 Gennaio 2021 Lascia un commento »

ManifestoMostraBoccasile

 

Dalla fine di ottobre decine di grandi immagini opera di Gino Boccasile sono state esposte per le vie di Viterbo e nella sede di Unindustria a Valle Faul: la mostra “Gino Boccasile maestro dell’erotismo fascista”. La mostra è stata accompagnata da decine di articoli dai toni largamente enfatici, spesso sopra le righe: “La mostra ha ridisegnato gli spazi urbani di una Viterbo inedita”; “Un bagno di bellezza”; “Le immagini di Boccasile hanno invaso la città, l’hanno resa una città europea”; “Boccasile, l’inventore delle gambe, di una Coscia con la maiuscola: così soda e potente da rischiare di scambiarla per membro virile” (è questa somiglianza a renderla così attraente per l’uomo?); “Boccasile, l’autore del culo perfetto”. Addirittura (si parva licet) il parallelo con Boccaccio: come durante la peste del Trecento dieci giovani fiorentini si riunirono per trascorrere il tempo raccontandosi novelle, così durante la peste attuale il narratore di comunità racconta la bellezza… Il bagno di bellezza di Boccasile come il Decameron.

Chi è Boccasile?
Si tratta di un illustratore e pubblicitario oggi sconosciuto ai più, la cui fama in Italia negli
anni Quaranta è dovuta al successo delle “Signorine Grandi Firme”, una serie di illustrazioni di figure femminili pubblicata sulla rivista omonima tra il 1937 e il 1938. Vi compare un’immagine di donna in abiti succinti, formosa, mediterranea: un’immagine positiva, utile alla propaganda del regime fascista. Dopo aver firmato il Manifesto della razza in appoggio all’introduzione delle leggi razziali, Boccasile, scoppiato il conflitto mondiale, è nominato dal Ministero della guerra grafico propagandista: nei disegni che pubblica, da un lato esalta i combattenti e le gesta italiane, dall’altro illustra le atrocità del comunismo in Unione Sovietica. Dopo la caduta del fascismo aderisce alla Repubblica Sociale e diventa tenente delle SS italiane pronunciando il giuramento: “sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, comandante Supremo delle Forze Armate Tedesche e, quale valoroso soldato, sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”. Le città italiane sono invase dai manifesti realizzati dalla sua matita, che celebrano il regime fascista repubblicano e la fedeltà all’alleanza con il nazismo, incitando i giovani ad arruolarsi per la Patria e a continuare la lotta al fianco dei camerati tedeschi.Qualche slogan: “Nessuna pietà per traditori e ribelli”, “Resistenza armata all’invasore anglo-americano unico mezzo per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento”, “Tener duro, sta per scoccare l’ora dell’espiazione per l’antieuropa”, “I delitti inumani del gangsters piloti radiano per sempre gli Stati Uniti dal consorzio civile”, “Onore fedeltà coraggio. Banditi e ribelli ecco la vostra fine!”.

Quando però, alla fine della guerra, quei ribelli lo mettono in carcere a Brescia, Boccasile se la cava disegnando un bozzetto celebrativo della polizia partigiana. Incarcerato per collaborazionismo, è assolto per non aver commesso reati.
Riprende la sua attività dal 1946 dedicandosi soprattutto alla grafica pubblicitaria; ma produce anche cartoline per il Movimento Sociale e per associazioni di ex combattenti, nonché disegni erotici molto espliciti per la rivista francese Paris Tabou. Muore nel 1952.
Contenuto della mostra è il “bagno di bellezza”, il corpo della donna. Corpo rappresentato solo come oggetto di desiderio e di curiosità voyeuristica, strumento di piacere del maschio. Si dirà: quello era l’immaginario erotico fascista, l’opera di Boccasile documenta un’epoca. Quello che colpisce, però, nella mostra e negli articoli è la sua riproposizione acritica e l’esaltazione della bellezza in termini di culo e di cosce (in questo consiste la “bellezza”), esaltazione che starebbe bene forse in bocca a un fascista del ventennio e dovrebbe stonare, dopo quasi un secolo di riflessione femminista, in intellettuali (o presunti tali) del ventunesimo secolo. «La donna deve obbedire. Essa è analitica, non sintetica. Ha forse mai fatto dell’architettura in tutti questi secoli? Le si dica di costruirmi una capanna, non dico un tempio! Non lo può! Se io le concedessi il diritto elettorale, mi si deriderebbe. Nel nostro Stato essa non deve contare» Benito Mussolini.
L’immagine della donna presentata da Boccasile rientra a pieno titolo nella concezione del regime che, partendo dal presupposto che uomini e donne fossero per natura differenti, costruì un vero e proprio dominio patriarcale particolarmente repressivo nei confronti della donna, discriminata giuridicamente, socialmente e politicamente: in famiglia madre prolifica e moglie esemplare, riposo del guerriero nelle case di tolleranza, madonna e puttana. Alla donna-oggetto di Boccasile corrispondono le immagini truci e razziste dei manifesti repubblichini: si tratta di due facce della medesima medaglia.

L’arte non si giudica in base all’ideologia dell’artista. Verissimo. Ma qui la mostra non si contesta perché Boccasile è stato un fascista mai pentito o perché promuove un’immagine volgare della donna. Si contesta perché si presenta come un grande maestro, come un grande artista interprete di un’epoca, un autore che non lo è; si attribuisce la dignità di opera d’arte a ciò che arte non è mai stata, neanche nelle intenzioni dell’autore.
Boccasile è infatti un illustratore che ha mutuato furbescamente e pedissequamente il modello estetico-etico-grafico delle pin-up, ragazze solitamente procaci, ammiccanti e sorridenti, fotografate o dipinte in abiti succinti, le cui immagini, durante il primo conflitto mondiale, iniziarono a diffondersi su molte riviste settimanali degli Stati Uniti, per iniziativa del presidente Woodrow Wilson, il quale aveva istituito la Division of Pictorial Publicity con lo scopo di ideare stimoli visivi per convincere gli uomini ad arruolarsi. Si tratta quindi di semplice riciclaggio in tempi di autarchia figurativa. Tuttalpiù opera di ingegno, quindi, non arte. Pura e semplice téchne, abilità manuale.
Le sue immagini si ripetono tristemente uguali a se stesse nel corso dei decenni, i manifesti del dopoguerra per il FUAN ripetono gli stilemi delle turpi immagini prodotte per la RSI; le figure femminili siliconate delle copertine di Paris Tabou sono identiche a quelle delle Signorine grandi firme, però con meno abiti.
Michelangelo giovane crea la levigatezza della materia e la bellezza universale della Pietà Vaticana; il medesimo artista ottantenne consegna al mondo il tormento spirituale del non finito.

Boccasile, al contrario, produce imperterrito per tutta la vita eroiche figure di torturatori nazisti e figure femminili ridotte a dettagli anatomici da guardone. Sono i gesti non di un artista in senso proprio, piuttosto di un artigiano che riproduce ogni volta, a fini di puro intrattenimento o di propaganda, un unico modello, modello nel quale confluiscono pedissequamente ideologia nazista ed erotismo da caserma, al fine di rispondere ai desiderata dei suoi committenti politici ed editoriali. In questo senso le sue figure femminili e le immagini di propaganda bellica e politica sono due facce della stessa ideologia o, meglio, rappresentano la stessa Weltanschauung. Quello che in un pieghevole della mostra viene definito “il culo perfetto” (Paris Tabou del maggio 1952) non è una immagine pornografica anche se “soft”: è il frutto di un pensiero pornografico; non è la Venere Callipigia, piuttosto è la bambola gonfiabile ordinata sul WEB, come lo è il manifesto in cui si promette la fucilazione nella schiena “Ad ogni traditore, ad ogni sabotatore”, affisso a Piazzale Loreto accanto ai corpi abbandonati in strada di quindici partigiani fucilati per ordine del comando di sicurezza nazista da militi del gruppo Oberdan della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti della RSI.
Convintamente pervaso di ideologia nazista, Boccasile ne rappresenta la devianza tanto nelle sue figure femminili quanto nei suoi marmorei miliziani. In entrambi i casi cupe e tristi distorsioni della realtà. Se parafrasando Karl Kraus possiamo dire che l’arte non abbraccia ciò che è bello ma ciò che grazie al suo abbraccio diviene bello, allora il truce e convenzionale concentrato di sessismo e fanatismo ideologico di Boccasile non vi ha assolutamente nulla a che fare. Perché allora questa mostra? Perché presentare come mera operazione culturale quella che in realtà risulta essere un’operazione politica?
Il risultato, anche indipendentemente dalle intenzioni di alcuni dei fautori della mostra, è quello di mostrare il lato “buono” del fascismo, che “è stato sì un tentativo (?) terribile di stato totalitario, ma anche un propulsore della modernizzazione della nazione” (e la produzione di Boccasile ne sarebbe una prova!). Un po’ come dare alla circonvallazione il nome di Giorgio Almirante! Come si cerca di fare in altre parti d’Italia, questa lenta, quasi indolore normalizzazione del fascismo porta poco a poco alla sua rivalutazione nella mente di coloro che non sanno o hanno dimenticato.

“Il fascismo avrà fatto sì degli errori, ma ha fatto anche cose buone, le pensioni, la bonifica delle paludi… questi disegni di donnine, come nei calendari profumati che un tempo ci davano i barbieri: gusto discutibile, ma in fondo non era così male…” e si cerca di suscitare un sorriso in chi guarda i disegni ammiccanti di quelle donnine semisvestite. Noi in quanto cittadini e in quanto ANPI abbiamo il dovere di togliere il sorriso da quei volti mostrando la vera natura dell’autore di quelle immagini e del regime che lo ispirava. Sosteneva il vecchio presidente Sandro Pertini: “Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi”. Centinaia di giovani che Boccasile nei suoi manifesti chiamava banditi, traditori e ribelli, nei confronti dei quali non si doveva avere nessuna pietà”.

Pubblicità