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Sandro Pascolini, un uomo giusto, un magistrato la cui bussola era la costituzione democratica e repubblicana

Ottobre 11th, 2018

L’orazione funebre in onore del giudice Sandro Pascolini

Sandro era, prima di tutto e soprattutto, un uomo giusto. Un uomo che incarnava, nella sua quotidianità, nell’esercizio delle sue funzioni e nel suo modo di porsi nella vita di tutti i giorni, l’etica mite dell’umanità, dello spirito di solidarietà tra gli uomini.

Un suo aspetto che mi ha sempre colpito nella sua persona, nel suo rapportarsi con gli altri, era quello di essere sempre uguale a se stesso cioè, nella vita di tutti i giorni, nel tempo privato dell’amicizia, degli interessi personali, sia nel tempo pubblico dell’esercizio delle proprie funzioni.

Non c’era scarto nel suo modo di essere anche quando sedeva sullo scranno del giudice. Sempre uguale a se stesso, mite, riflessivo, sapiente. 

A me è sempre sembrato che tale modo di rapportarsi rendesse la giustizia più vicina agli uomini che vi si erano rivolti, qualunque fosse l’esito di quello specifico giudizio.

Nel mio pantheon degli uomini giusti, ci sono in primo luogo quegli uomini nei quali la grande cultura si accompagna una grande umanità e, soprattutto, a una semplicità dei modi e dei costumi. E Sandro era uno di questi uomini.

Apparteneva a quella generazione di magistrati, quelli degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, che da una parte non avevano conosciuto gli orrori della guerra e gli orrori dell’epoca precedente, dall’altra, e soprattutto, non avevano mai dovuto pronunciare sentenze “in nome del re e dell’imperatore” ma, in ossequio agli articoli 1 e 101 della Costituzione repubblicana e democratica, “in nome del Popolo italiano”. I nuovi magistrati, i magistrati della Costituzione repubblicana e democratica.

Tra questi nuovi magistrati, Sandro era uno di quelli per i quali il riferimento al “Popolo italiano” non era una semplice formula di stile, una semplice espressione retorica. Era invece un principio cardine da inverare, una bussola a cui ispirare il proprio lavoro, la propria opera di giudice.

Magistrato del lavoro e della previdenza sociale, lavoratore indefesso che non ha mai abbandonato le funzioni di giudice di merito neanche quando è salito all’incarico di presidente di tribunale. Incarico mai interpretato come mera prebenda.

Tutti noi lo ricordiamo, anche in questo millennio, anche nell’epoca in cui ricopriva funzioni dirigenti, a continuare il suo lavoro indefesso di giudice di merito, di giudice del lavoro e della previdenza sociale.

E tutti noi avevamo la piena consapevolezza che le sue decisioni, qualunque fosse l’esito, erano ispirate a profonda competenza, umanità e spirito di giustizia.

Ciao Sandro, hai dato molto alla tua famiglia, a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerti personalmente. Alla credibilità della giustizia e alla società! Da oggi siamo tutti più soli. Ciao Sandro.

Enrico Mezzetti 

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