Riccardo Infantino 14 Aprile 2025 – Democrazia conforme
Riccardo Infantino 27 Marzo 2025 – Ottanta voglia di resistere
Piero Belli 14 Marzo 2025 – Il caso Russia e il riarmo dell’Europa
Riccardo Infantino 2 Marzo 2025 – Le parole al potere
Riccardo Infantino 25 gennaio 2025 – Se questo è un uomo
Riccardo Infantino 15 gennaio 2025 – Un inedito tecnototalitarismo
Riccardo Infantino 8 gennaio 2025 – Fenomeno emergenziale e fenomeno strutturale
Riccardo Infantino 2 gennaio 2025 – La necessità di tornare umani
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Riccardo Infantino
Democrazia conforme
Acculturandomi, da ignorante quale sono, sulla grande stampa e sui media ufficiali, sto finalmente imparando anche io cosa sia la democrazia conforme.Quando ho formulata questa coppia di vocaboli ho pensato fosse un ossimoro, due cose opposte, come il gelido fuoco, ma poi…poi ho realizzato che:
– a cosa serve il dissenso (che nella vecchia democrazia era uno dei pilastri del suo funzionamento e della sua evoluzione), meglio allinearsi in un sistema di regole fisse ed immutabili nel tempo, garantiscono stabilità e sicurezza?
– se non venisse prima di tutto la sicurezza, anche prima della libertà (nella vecchia interpretazione della Costituzione era l’esatto contrario, se ricordo bene), come faremmo a sentirci tranquilli e protetti da ogni nemico passato, presente ed anche futuro?
– chi bussa alle nostre porte, che vuole, che intenzioni ha (sempre nella vecchia interpretazione della Costituzione uno dei pilastri della democrazia era la solidarietà e l’accoglienza)…meglio deport…ehm, trasferirlo in un luogo non luogo all’estero, con le mani legate per maggior sicurezza, non si può mai sapere…
– ma soprattutto, come non fidarsi di personaggi politici che, con decisione e rapidità, magari fuori dagli spazi deputati alla politica, indica quali sono le azioni da perseguire per garantire al paese sicurezza (e dai…), stabilità, progresso economico e tranquillità per gli italiani (ma non era scritto nel dettato costituzionale che l’Italia è una repubblica parlamentare, e dunque sono i due rami delle camere a decidere, e non il volontarismo di una singola persona)?
A questo punto mi sorge un dubbio, davvero grande: se è vero che democrazia è, di fronte alle alternative proposte A e B, capire che vuoi scegliere C (che magari hai proposto tu), allora si può parlare ancora di governo dei cittadini e del popolo attraverso i rappresentanti in Parlamento?
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Saluti più che antifascisti a tutt*

RICCARDO INFANTINO
Ottanta voglia di resistere
Si, lo ammetto, mi piacciono da morire i giochi di parole, soprattutto quelli che riguardano la Costituzione ed i modi per difenderla.
Un pochino invidio chi è nato nel 1945, perché in qualche modo è entrato nel mondo in un momento di svolta profonda, ha respirata un’aria di cambiamento e di voglia di superare le pastoie del ventennio fascista, ma soprattutto credo che abbia incorporato nel DNA il vocabolo resistenza.
Lo scrivo in minuscolo perché la Resistenza – quella antifascista alla quale dobbiamo la nostra carta costituzionale – è solo una tra quelle che si possono realizzare per, almeno, cercare di cambiare le cose.
Sono grato all’ANPI perché nel decennio della sua frequentazione ho avuto un bell’esempio di come il resistere (Borrelli avrebbe detto: resistere, resistere, resistere) abbia alla base una predisposizione all’ascolto e la disponibilità al cambiamento.
Le due cose sembrano in contraddizione – in teoria non si potrebbe coniugare una opposizione di resistenza ad una propensione ad ascoltare chi sostiene ciò contro cui vuoi resistere – ma non è proprio così.
Ho avuto modo di constatare, attraverso il mio lavoro di insegnante a contatto ormai troppo spesso con ragazzi sedotti dal modello dell’uomo mussoliniano, o forte che dir si voglia, che farli parlare assumendo un atteggiamento di rispetto per la loro persona e di critica per ciò che professano può portare a farli non dico ragionare, ma quantomeno dubitare delle loro incrollabili certezze con le quali vorrebbero spezzare le reni non solo alla Grecia, ma al mondo intero.
Ho maturata questa posizione che potrebbe essere facilmente definita utopistica dopo aver visto negli anni Settanta del Movimento e della Repressione di Stato tanta, troppa violenza, che ha generato come risultato una nuovo aumento delle restrizioni delle libertà democratiche, processo che oggi, nel nostro presente, vive forse la sua fase più acuta (in vista dell’approvazione del ddl sicurezza che, di fatto, censurerà la possibilità di manifestare e dissentire).
Resistere forse vuol dire tentare (l’impossibile?) il dimostrare con la fermezza delle proprie convinzioni (e la duttilità nell’accettare di confrontarle) la pericolosa intransigenza del pensiero fascista, che prima ancora del manganello fisico utilizza quello delle parole per negare ogni e qualsiasi possibilità di una visione diversa della realtà, offrendo una facile ed illusoria stabilità morale, sociale e politica.
Se è vero che a forza di colpi anche il metallo più duro si piega magari una incrinatura nel muro di cemento armato del credere – obbedire – combattere (o comprare, sarebbe meglio dire ai nostri giorni) potremmo provocarla; per il resto, come è già avvenuto, ci viene in aiuto la Storia, che mostra impietosamente come il re sia nudo, e come gli incrollabili e granitici ideali di forza e prosperità siano inesistenti come il vestito che non indossa.
Speriamo.
Saluti antifascisti ancora più intensi a tutt*
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14.3.2025

Piero Belli
IL CASO RUSSIA E IL RIARMO DELL’EUROPA
Il generale Marco Bertolini, Generale di Corpo d’Armata e presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, ha espresso la sua opinione sulla situazione attuale. Bertolini ha ricoperto numerosi incarichi in teatri operativi come Libano, Somalia, Balcani e Afghanistan, rendendolo uno dei massimi esperti in conflitti geopolitici e militari.
Ecco cosa pensa della situazione attuale:
“Rendiamocene conto prima, soprattutto per il bene dei nostri figli e di chi verrà dopo di noi, perché dopo sarà troppo tardi. L’Unione Europea di Ventotene, di Spinelli e della Pace, non esiste più, se mai fosse esistita. È morta con il sostegno guerrafondaio dato all’Ucraina e con la guerra contro la Federazione Russa.
Il Regno Unito, dopo aver lasciato l’Europa unita con un referendum, ora vuole guidare i restanti Paesi europei in guerra per realizzare il suo obiettivo storico: distruggere la Russia, smembrarla in piccoli Stati vassalli e depredarne le immense risorse con il suo spirito colonialista.
Le élite europee, dimentiche delle catastrofi passate, oggi vorrebbero attaccare nuovamente la Russia, portando guerra e distruzione in Europa. Il paradosso è che questa guerra è voluta da coloro che hanno sempre parlato di pace, libertà e democrazia, proprio mentre USA e Federazione Russa stanno trovando un accordo di pace. Falsi, più falsi di una banconota da 1 euro.
Spero vivamente che questa orribile Unione Europea, oligarchica, guerrafondaia, autoritaria e antipopolare, fallisca presto e che Stati veramente sovrani trovino forme di collaborazione e cooperazione diverse, tendenti alla pace e al benessere sociale ed economico dei loro cittadini.”
Letto ciò, mi viene da pensare: si è di sinistra perché tutto quello che viene detto da destra è sbagliato? La frase “Rendiamocene conto prima, soprattutto per il bene dei nostri figli e di chi verrà dopo di noi, perché dopo sarà troppo tardi” non mi sembra ideologica, ma solo di buon senso, condivisibile da tutti.
La frase successiva: “L’Unione Europea di Ventotene, di Spinelli e della Pace, non esiste più, se mai fosse esistita” non mi sembra un pensiero di destra. L’Unione Europea che conosco è unita sui mercati e sulla moneta, ma non sui diritti sociali, sui salari e sulla sanità.
Quando dice “È morta con il sostegno guerrafondaio dato all’Ucraina e con la guerra contro la Federazione Russa”, mi sembra che il generale, pur essendo di destra, esprima un pensiero di sinistra.
Il paradosso è che questa guerra è voluta da coloro che hanno sempre parlato di pace, libertà e democrazia, proprio mentre USA e Federazione Russa stanno trovando un accordo di pace. Qui sia la destra che la sinistra hanno sempre tenuto il piede in due staffe, pace e invio armi, seguendo il pensiero filoamericano dell’amministrazione Biden.
Infine, “Spero vivamente che questa orribile Unione Europea, oligarchica, guerrafondaia, autoritaria e antipopolare, fallisca presto e che Stati veramente sovrani trovino forme di collaborazione e cooperazione diverse, tendenti alla pace e al benessere sociale ed economico dei loro cittadini.”
Anche io vorrei questa Europa.
Riporto solo per chiarire meglio, di far parte di un’associazione che si esprime in questo modo: “L’idea di Europa nata dalle macerie della seconda guerra mondiale, dalla sconfitta del nazifascismo, dal manifesto di Ventotene, era quella dell’unità europea fondata sulla democrazia, sulla pace, sul lavoro. Questa idea è oggi clamorosamente tradita dal piano ReArm Europe proposto da Ursula von der Leyen. Il riarmo degli Stati fomenta e rafforza i nazionalismi, che sono la negazione dell’idea stessa di unione europea. La riconversione dell’industria automobilistica in industria di guerra, una banca di guerra, un’economia di guerra, vuol dire prepararsi alla terza guerra mondiale. Destinare 800 miliardi agli armamenti vuol dire dare un colpo mortale all’Europa sociale, cioè al diritto all’istruzione e alla sanità pubblica, alla tutela dei salari e delle pensioni, ai servizi, al sostegno alle famiglie.”
Insomma, alla fine l’ANPI partecipa alla manifestazione del 15 marzo nata per sostenere l’Ucraina e per scoraggiare, attraverso il riarmo dell’Unione, una possibile invasione di tutta l’Europa dall’aggressore russo. Si naviga a vista sfruttando le correnti un po’ di destra e un po’ di sinistra.
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RICCARDO INFANTINO
Le parole al potere
La civiltà o la barbarie di una nazione o di un continente si riconosce dall’uso che fa di alcune parole che riguardano il definire se stessa in relazione a chi non è dentro i suoi confini e magari vuole entrarci.
Vorrei proporre un elenco di vocaboli suscettibili di un uso spesso molteplice, quando non addirittura ambiguo.
Astensione: in senso alimentare potrebbe significare non mangiare (o limitarne la quantità) cibi potenzialmente dannosi; in senso elettorale rinunciare ad esprimere il proprio parere attraverso il voto, tanto sono tutti uguali (e poi qualcun altro deciderà per noi, contenti?)
Consenso: in senso generale dire di sì; il punto fondamentale è come si arriva all’assenso, con raziocinio o di pancia (ascoltando e dando retta a qualcuno che espone in modo magari urlato le proprie tesi)
Legalità: anche qui una ambiguità di fondo: quando è che una legge andrebbe rispettata, è facile dire quando non viola i diritti umani e costituzionali. Se fosse così avremmo il coraggio di trasgredirla affrontandone le conseguenze?
Resistenza: passiva o attiva? La resistenza passiva presuppone una capacità di sopportazione quasi illimitata, compreso il pensare che non agire in modo diverso non porti risultati contro chi non osserva i diritti minimi, ma perseverare nella condotta di non reazione La resistenza attiva non implica necessariamente una risposta violenta ad una offesa (cosa estremamente difficile, data l’aggressività connaturata al genere umano), quanto piuttosto presuppone una spinta positiva e propositiva anche verso chi ti fa del male, per cambiare le sue concezioni (ci si riesce prima o poi?)
Diritti: grande parola, sancita perfino nella Costituzione e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sottoscritta anche dall’Italia. Siamo sicuri però di rispettare, nel quotidiano (quello è il luogo dove si cambiano davvero le cose), i diritti altrui?
Democrazia: la parola più difficile, nel definirla come nell’applicarla; cosa sia democratico e cosa no ancora non è ben chiaro, per ora abbiamo solo le definizioni da manuale giuridico (governo del popolo, conciliazione dei bisogni comuni con quelli di ogni individuo, e via dicendo), ma come sempre avviene la teoria non di rado risulta di non facile applicazione pratica.
Forse potrebbe essere l’atteggiamento di rispetto di ognuno verso gli altri e viceversa…ottimo sistema per cercare di evitare i conflitti di interesse, così in voga in questi ultimi venti anni.
…si accettano proposte di altri vocaboli.
Saluti antifascisti a tutt*
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RICCARDO INFANTINO
Se questo è un uomo
Molto indegnamente parafraso di getto
Se questo è un uomo che sfida la morte su un barcone ammassato con altri che si nutrono di disperazione
che viene trattenuto in un centro di permanenza e rimpatrio in attesa di sapere se sia o no un delinquente
che viene minacciato da politici che estraggono consensi tirandoli fuori dalla sua carne sofferente e dalla sua anima lacerata e incattivita
che non potrebbe comunicare con nessuno, i propri figli, le altre persone, le istituzioni che dovrebbero “regolarizzarlo”, perché non può avere una SIM telefonica se non in regola con il permesso di soggiorno
che viene escluso dagli affitti perché immigrato
che viene bollato come pericoloso solo perché formato ad una cultura diversa
che viene trascinato in catene su di un cargo militare con il solo scopo di dare un terribile esempio
ma soprattutto: è un uomo chi fa tutto questo ad altri uomini come lui?
Saluti antifascisti a tutt*
Quindi, cosa possiamo fare?
Non è la prima volta che succede quello che Riccardo ci ricorda. Negli articoli dei giornali, nei commenti sui fatti accaduti si leggono sempre queste tipi di frasi :1. Spargere la voce: condividere informazioni vere sulle violazioni dei diritti umani può rendere la società più consapevole. 2.Sensibilizzare: unisciti alle proteste, firma petizioni e supporta i gruppi che lottano per i diritti umani. 3. Aiutare chi è nel bisogno**: offri supporto a chi subisce discriminazione e violenza. 4. Incoraggiare il dialogo: cerca di comprendere prospettive diverse. Aiuta a creare connessioni. La lotta per la giustizia e l’uguaglianza è dura, ma non dovremmo mai perdere la speranza. Ogni piccola azione conta per un mondo migliore per tutti.
Ecco sono anni che leggo queste frasi, ma si continua a peggiorare, forse non sarà l’umanità a salvare il mondo…
Piero Belli
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RICCARDO INFANTINO
Un inedito tecnototalitarismo
Non mancano nella letteratura e nel cinema le visioni distopiche di una società retta, o meglio incatenata da un nuovo totalitarismo, quello tecnologico: i due capisaldi di questa pessimistica visione potrebbero essere 1984 di George Orwell – che prevede il dominio attraverso la televisione – e Matrix, la soggezione attuata dalla Intelligenza Artificiale sugli esseri umani, incapsulati in un mondo virtuale che nasconde la realtà effettiva, brutale e degradata.
Da buon appassionato di fantascienza – e guarda caso le proiezioni nel futuro non sono quasi mai ottimistiche – sono partito da questi due notissimi romanzi (e relativi film) per una assai partigiana riflessione sulla pervasività della tecnologia a scapito degli esseri umani; Pasolini definiva la televisione il mezzo antidemocratico per eccellenza (lo dichiarò in una intervista alla RAI del tempo che fu), accanto a Popper, per il quale è la cattiva maestra per definizione.
Il vedere attraverso uno schermo non ti da, in effetti, la reale percezione di quello che è la autentica realtà, o almeno la esperienza diretta tua che elabori e che ti porta a determinate conclusioni, ma vieni in qualche modo imboccato con un cibo predigerito ed assimilato secondo le intenzioni di chi te lo offre: il vocabolo antifascismo è divisivo (e dunque dal video si consiglia di non usarlo), non è corretto, oggi, utilizzare l’espressione genocidio, non ci siamo con i numeri, ma soprattutto tu spettatore ti devi fidare di chi parla da uno schermo, ne sa di certo più di te, quindi perché dovrebbe imbrogliarti?
Il bello di tutto questo è che la gran parte di noi vede la realtà in forma video mediata, non di rado rinunciando ad un raffronto con fonti di informazione divergenti; questo discorso vale, ovviamente, tanto per i grossi network pubblici che per le emittenti in concorrenza con RAI e Mediaset tanto per non fare nomi.
Nella Rete (internet) la situazione è apparentemente l’esatto opposto: sei di fronte ad una infinita frammentazione delle informazioni, una totale polverizzazione di qualsiasi cosa proveniente da qualsiasi fonte, ma l’effetto finale è lo stesso, alla fine sei tentato di usufruire del canale che ti sembra più affidabile, solo di quello, almeno ti togli dalla mente la confusione generata dalla overdose di informazioni.
Il principio del tecno totalitarismo potrebbe essere proprio questo: la seduzione di un prodotto confezionato in modo da raggiungerti in forma al tempo stesso autorevole e confidenziale, un abbraccio che ti frena ma che al tempo stesso tu cerchi perché l’orizzonte unico che ti offre ti ispira sicurezza…e allora perché voler guardare oltre?
Stessa cosa le applicazioni per gli smartphone, che ti ammaliano con il loro nome abbreviato in App, ne trovi praticamente una per ogni cosa…anche tutte quelle che potresti fare con il tuo cervello; oltre a questo hanno la pessima abitudine di mandare in giro i tuoi dati, quelli che la attuale rigogliosa legge sulla tutela della privacy dovrebbe proteggere da corporation planetarie e governi ficcanaso.
Come contrastare, allora, questa subdola e pervasiva intrusione che arriva fino al nostro privato, come organizzare una nuova resistenza digitale che sia in grado di opporsi al nuovo tecnototalitarismo?Si accettano idee, pareri e consigli.
Saluti antifascisti a tutt*
Oscar Wilde diceva che il miglior modo di resistere ad una tentazione è quello di cedervi. In questo caso resistere al progresso che avanza non si è mai visto se non forse, qualche volta attraverso un rallentamento. Siamo in un cambiamento epocale forse il cambiamento più radicale nella storia dell’umanità almeno quella ufficiale. Resistere all’avvicendamento dei robot non più con funzioni limitate come li abbiamo conosciuti in questi ultimi 50 anni ma, grazie all’ Intelligenza artificiale, le loro funzioni copriranno una grande quantità di attività svolte finora dall’ “homo”. Siamo ad un bivio il futuro è tracciato, resta da capire se saremo protagonisti o comparse.
Piero Belli
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RICCARDO INFANTINO
Fenomeno emergenziale e fenomeno strutturale
Nella calza della Befana mi sono ritrovato uno spunto di riflessione assai pragmatico (del resto chi è o è stato, come me, nell’ANPI per diverso tempo acquista la qualifica di antifascista di strada), ispirato dai recentissimi provvedimenti che dovrebbero essere adottati nei confronti dei migranti, quali ad esempio il divieto di possedere una SIM telefonica o di accedere a presenti e future zone rosse se non in regola con il permesso di soggiorno (ma in quest’ultimo caso vige la discrezionalità della forza pubblica).
Se volessimo definire (le parole utilizzate sono importanti, esprimono una concezione del mondo ben precisa) un fenomeno emergenziale potremmo parlare di una condizione che esula dalla normalità per un periodo limitato, proprio perché ha alle spalle un fatto, una circostanza che per sua natura è destinata a finire in un tempo più o meno breve o lungo, come ci ha dimostrata la pandemia di Covid ormai alle spalle.
Tale condizione può presupporre, in caso di necessità, una parziale modifica della vita quotidiana di ognuno, compresa una sua limitazione in misura accettabile, tale cioè da non compromettere in modo sostanziale i diritti fondamentali.
Terminata la temporanea emergenza tutto dovrebbe tornare come prima: di nuovo si può vivere a pieno regime, osservando i consueti doveri di cittadino ed usufruendo senza limitazioni dei diritti fondamentali di cui sopra.
Andando invece a curiosare su cosa sia un fenomeno strutturale osserviamo che si intende un processo in grado di modificare definitivamente ed alla fine integrarsi con uno stato di cose preesistente: un agente esterno che alla fine diviene parte del sistema che lui stesso ha contribuito a cambiare.
Il grosso equivoco sulla migrazione forse risiede proprio nel considerare fenomeno emergenziale n qualcosa di strutturale, finendo con l’adottare criteri di gestione non adatti ed in alcuni casi dannosi per il rispetto della persona umana e delle sue libertà fondamentali.
Non è banale ricordare che le migrazioni, da quando eravamo Homo Erectus, costituiscono da sempre il motore della Storia, si potrebbero fornire esempi molteplici; allora perché gestire un qualcosa di strutturale – prevedendo leggi, procedure, strutture ma prima ancora forme mentali che lo incanalino e lo regolino integrandolo – come una emergenza pericolosa, che prevede anche l’uso della forza ed il contenimento delle libertà personali, in attesa che passi in un tempo più o meno breve?
Se il Novecento è stato il secolo breve il Duemila verrà ricordato come quello delle emergenze una dopo l’altra: quella del Covid, quella dei migranti, quella di…(continuate voi); vorrei fare una domanda impertinente e un pochino feroce: a che scopo mantenere uno stato di emergenza che soppianti la normalità, con le limitazioni invocate e presentate come inevitabili, dove si pensa di arrivare?
Tornando ai migranti il vietare loro di possedere una SIM telefonica li taglierà fuori da tutto, in particolare dalle strutture pubbliche che provvedono alla regolarizzazione dei permessi di soggiorno, dalle scuole dove nel frattempo andranno i figli di questi “irregolari”; il vietare (sempre a discrezione) l’accesso a determinate zone dichiarate proibite potrebbe, tanto per essere “complottisti” (come usa dire oggi), impedire ad esempio la possibilità di ricevere aiuti da istituzioni quali Caritas ed ONG, le cui sedi di accoglienza non di rado si trovano vicino a stazioni ferroviarie o punti di grande transito.
Varrebbe la pena di porci qualche seria domanda, ed agire di conseguenza.
Saluti antifascisti a tutt*
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RICCARDO INFANTINO
La necessità di tornare umani
“Perché il futuro dell’umanità dipende dall’umanità, cioè anche da noi, così è stato ieri con i partigiani.”
In questo primo giorno del 2025 sono andato a rileggere il discorso del presidente Pagliarulo a proposito degli 80 anni dell’ANPI, e il collegare il presente (il futuro dell’umanità) al passato (così è stato ieri con i partigiani) mi ha fatto scattare qualcosa dentro.
In un tempo remoto il filosofo Diogene, noto più per il suo modo di vivere fuori dagli schemi (leggenda vuole che avesse una botte per casa) che per il suo pensiero, fosse solito provocare i suoi concittadini andando in giro con una lampada accesa, dicendo di cercare un essere umano degno di questo nome.
Confesso che la tentazione di emulare tale dissacrante e provocatorio (ma il libero pensiero serve a questo, o no?) atteggiamento mi sfiora spesso in questo periodo di fanfare mediatiche belliciste e di pulizia etnica, che sembrano aver posto lontano dalla luce della lampada l’essere usano in quanto tale.
Vittorio Arrigoni, testimone della brutalità contro i civili palestinesi, concludeva sempre ogni articolo che in qualche modo riusciva ad inviare al Manifesto con la frase “Restiamo umani”; forse è questa la maggiore difficoltà del nostro tempo, conservare quella concezione di sacralità della persona, chiunque essa sia, ed agire conseguentemente cercando quella parte umana che magari è stata seppellita sotto detriti quali il razzismo, il pensiero unico di stampo nazifascista, il tacere di fronte ad eventi e comportamenti che ledono in modo profondo la dignità.
Il futuro dell’umanità dipende dalla umanità, ci ricorda il presidente Pagliarulo: dobbiamo intenderlo come la necessità di uno sforzo collettivo di riappropriazione della solidarietà e del rispetto del prossimo, perché solo se si è massa critica si cambiano le cose nel quotidiano, e a quel punto, quasi in un effetto a cascata, si cambia la Storia.
Far finta di niente di fronte a ciò che sta succedendo intorno a noi pone le basi per istituzionalizzare le diseguaglianze, e a quel punto, come ci ricorda Primo Levi (che di persecuzioni se ne intendeva) il punto di arrivo neanche troppo lontano è il lager.
In realtà la priorità, in questo momento, è quella di tornare umani, ricominciare ad agire (il solo pensiero non basta, è importante ma non funziona se non ha una ricaduta nella pratica) scavalcando i discorsi emergenziali e di sospetto nei confronti di chi non è “dei nostri”, e solo allora potremo restare umani.
Del resto l’articolo 2 della Costituzione recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. “.
Con il sostantivo Repubblica si intendeva (e qui il richiamo alla Resistenza) e si intende tutti quelli che si trovano nel nostro paese, italiani o meno, senza distinzione alcuna (e forse anche per questo avrebbe dovuto essere il primo articolo della carta costituzionale), perché una goccia d’acqua di per sé è assai poco, ma tante gocce formano un mare.
Auguri e saluti antifascisti a tutt*
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