Didomenica resiste

Piero Belli 24 aprile 2024 – La censura di Scurati: un boomerang mediatico?

Piero Belli 21 aprile 2024 – Acqua come arma da guerra

Piero Belli 29 marzo 2024 – Giornata mondiale dell’acqua: bene comune, fonte di conflitti e motore di pace.

Piero Belli 18 marzo 2024 – Fate il vostro gioco

Riccardo Infantino 27 gennaio 2024 – Il mio 27 gennaio

Piero Belli 19 gennaio 2024 – Nessuna guerra

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24.4.2024

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Piero Belli

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La censura di Scurati: un boomerang mediatico?

La decisione della Rai di cancellare il monologo di Antonio Scurati in occasione del 25 aprile ha innescato un vero e proprio terremoto mediatico, con strascichi che si protraggono ancora oggi.

Se da un lato la censura ha sollevato accesi dibattiti sulla libertà d’espressione e il pluralismo nell’informazione, dall’altro ha avuto un effetto paradossale: ha amplificato enormemente la portata del messaggio di Scurati. Il monologo, reso pubblico dopo la cancellazione, ha fatto il giro del web, venendo letto e commentato da un numero spropositato di persone rispetto a quanto sarebbe probabilmente accaduto se fosse andato in onda regolarmente.

L’operazione Rai, quindi, si è rivelata un’arma a doppio taglio. L’intento di silenziare una voce scomoda (secondo le accuse di molti) ha sortito l’effetto opposto, trasformando Scurati in un martire della libertà di parola e il suo monologo in un manifesto contro le presunte ingerenze politiche nel servizio pubblico.

si può anche considerare come un’occasione mancata da parte del governo?

Nel monologo che lo scrittore avrebbe letto nella trasmissione “Che sarà” si chiedeva: “riconosceranno una buona volta che il fascismo è stato un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista?”, si riuscirà finalmente a riconoscere il valore dell’antifascismo e “il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana?”. Nessuna risposta a questi quesiti da parte di Giorgia Meloni.

Ma le domande aperte restano ancora diverse:

  • Quali sono state le vere ragioni dietro la cancellazione del monologo?
  • La Rai ha agito in modo autonomo o ha subito pressioni politiche?
  • Come si può garantire il pluralismo nell’informazione pubblica evitando la censura?

Il caso Scurati è un monito per tutti: la libertà d’espressione è un bene prezioso che va difeso, soprattutto in un momento storico come l’attuale, segnato da una crescente polarizzazione politica e da un diffuso disagio sociale.

Oltre i confini italiani. La vicenda ha avuto eco anche all’estero, con testate giornalistiche internazionali che hanno riportato la notizia e acceso i riflettori sulla situazione italiana. Alcune hanno sottolineato il rischio di un deragliamento della democrazia in Italia, mentre altre hanno espresso preoccupazione per la libertà di stampa.

L’episodio Scurati rischia di rappresentare un precedente pericoloso per il futuro della libertà d’espressione in Italia. Se la censura diventa uno strumento per zittire le voci scomode, il dibattito pubblico ne risentirà gravemente, con conseguenze negative per la democrazia e la coesione sociale.

In conclusione Ia vicenda della censura del monologo di Antonio Scurati è ancora tutta da decifrare. Le sue implicazioni vanno ben oltre il singolo episodio e toccano temi cruciali come la libertà d’espressione, il pluralismo nell’informazione e il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. È necessario un dibattito aperto e costruttivo per fare luce su quanto accaduto e per individuare le misure necessarie a scongiurare il ripetersi di simili episodi in futuro.

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Piero Belli

21.4.2024

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ACQUA COME ARMA DI GUERRA

L’acqua, risorsa vitale per la sopravvivenza di ogni essere vivente, assume una connotazione di estrema gravità quando si configura come strumento di guerra e di oppressione. La sua negazione o contaminazione si traduce in un’arma silenziosa ma di inaudita potenza, capace di causare sofferenze immense e piegare intere popolazioni al volere di aggressori senza scrupoli.

La storia ci ricorda tante operazioni di guerra e di crudeltà dove si è ricorso alla privazione dell’acqua.

Assedio di Gerusalemme (70 d.C.): durante la rivolta ebraica contro l’occupazione romana, le truppe di Tito attuarono la recisione dell’acquedotto che alimentava la città, determinando una grave carestia e la successiva capitolazione degli assediati. La sofferenza patita dai cittadini di Gerusalemme durante l’assedio fu immensa. La mancanza di acqua potabile portò a scene di estrema desolazione, con persone che si contendevano ogni goccia d’acqua e bambini che morivano di sete. La capitolazione della città fu inevitabile, e la distruzione del Tempio di Gerusalemme segnò la fine della resistenza ebraica.

Guerra dei Trent’anni (1618-1648): le tattiche di “terra bruciata” impiegate da entrambi gli schieramenti includevano la distruzione di pozzi e raccolti, con il conseguente innesco di carestie e morte di civili. La Guerra dei Trent’anni fu un periodo di devastazione per l’Europa centrale. La distruzione sistematica delle risorse idriche e agricole causò carestie diffuse che decimarono la popolazione. Si stima che il conflitto abbia causato la morte di circa un terzo della popolazione dell’Europa centrale, rendendola una delle guerre più sanguinose della storia.

Prima Guerra Mondiale: l’utilizzo di gas tossici come il cloro e il fosgene causò migliaia di morti e feriti, contaminando anche le fonti d’acqua. L’introduzione dei gas tossici nella Prima Guerra Mondiale rappresentò un salto di qualità nella brutalità dei conflitti. Il cloro e il fosgene, in particolare, causarono ustioni chimiche gravi e danni ai polmoni, con effetti devastanti sui soldati e sulle popolazioni civili. La contaminazione delle fonti d’acqua aggravò ulteriormente la situazione, rendendo l’acqua non potabile e causando malattie e decessi.

Guerra del Vietnam (1955-1975): l’esercito americano utilizzò l’agente chimico defoliante “Agent Orange” per distruggere le foreste che servivano da rifugio ai Vietcong, contaminando vaste aree agricole e provocando danni ambientali e di salute a lungo termine.  L’utilizzo dell’Agent Orange durante la Guerra del Vietnam è considerato uno dei crimini ambientali più gravi del XX secolo. L’agente chimico ha contaminato vaste aree di terreno e di acqua, causando danni alla salute di milioni di persone, tra cui vietnamiti ed ex soldati americani. I danni causati dall’Agent Orange si protraggono ancora oggi, con generazioni di bambini che nascono con malformazioni congenite e problemi di salute.

Conflitto israelo-palestinese: la gestione delle risorse idriche rappresenta uno dei punti più controversi del conflitto, con Israele accusato di limitare l’accesso all’acqua potabile alle comunità palestinesi. La disparità nell’accesso all’acqua tra israeliani e palestinesi è una delle cause principali della tensione nel conflitto. Israele controlla la maggior parte delle risorse idriche della regione, e le comunità palestinesi spesso si trovano ad affrontare carenze di acqua potabile e difficoltà nell’accesso a servizi igienico-sanitari adeguati. Questa situazione alimenta la frustrazione e il senso di ingiustizia tra i palestinesi, contribuendo a creare un terreno fertile per la radicalizzazione e la violenza.

La situazione nella striscia di Gaza è sempre stata critica, drammatica, forse prioritaria, è una zona dove non c’è acqua, Israele è anche nota per aver inventato delle tecnologie all’avanguardia nell’irrigazione di territori aridi.

Da quando è iniziato quest’ultimo attacco, (ottobre 2023) l’escalation di violenza ha ridotto le fonti e la produzione di acqua potabile. Praticamente quelle rimaste, sono irrisorie, ne è rimasta una oggi nell’area di Rafah. Dei tre impianti che servivano la popolazione della striscia di Gaza ne è rimasto in funzione uno soltanto per una popolazione rifugiata a Rafah di quasi un milione e mezzo di sfollati.

Dalla testimonianza di un operatore di Medici senza frontiere (I giornalisti non sono ammessi) il racconto è drammatico.

“Non si è mai vista una cosa del genere in termini di disagio ad una popolazione. Gli ospedali sono luoghi di disperazione dove i pochi medici che ci sono cercano di fare il possibile, ma i mezzi non sono sufficienti in termini di farmaci e materiali medici, per cui si riescono a salvare tante persone, ma purtroppo sono una piccola parte tanti pazienti arrivano in ospedale che sono già deceduti o che sono in gravissime condizioni, non recuperabili.

Ecco cosa significa essere ferito, magari anche medicato, però poi tornare a casa con un arto amputato con delle ustioni e in questo contesto senza acqua.

Poi per tutti gli altri casi e quindi di gente che ha delle malattie diverse che non ha accesso comunque alle strutture sanitarie, oggi, sono delle vittime indirette del conflitto.  Tutte quelle che sono malattie croniche oppure necessita l’esame post intervento chirurgico non si può fare. Qualsiasi tipo di trattamento in questo momento non esiste”. 

Come abbiamo visto l’utilizzo dell’acqua come arma da guerra nel passato ma ancora oggi purtroppo, rappresenta una grave violazione del diritto internazionale e dei diritti umani, con conseguenze devastanti per la vita di milioni di persone.

Cosa possiamo fare? Come Associazione Anpi possiamo protestare, come singoli cittadini possiamo partecipare alle proteste e scendere in piazza per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulle drammatiche conseguenze dell’utilizzo dell’acqua come arma da guerra.

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29.3.2024

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Piero Belli

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Giornata mondiale dell’acqua: bene comune, fonte di conflitti e motore di pace.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 2024, celebrata il 22 marzo, l’attenzione si concentra sul tema “Acqua per la pace”, sottolineando l’importanza di questa risorsa come strumento per la cooperazione e la risoluzione dei conflitti.

L’acqua, elemento vitale per la sopravvivenza umana e di tutte le specie che vivono sulla Terra, è al centro di una battaglia globale che si dipana tra la tutela del bene comune, la gestione economica e le tensioni geopolitiche.

In Italia, la vittoria del referendum del 2011 sull’acqua pubblica ha rappresentato un momento storico di partecipazione democratica a difesa di un bene primario. Tuttavia, la successiva decisione del Consiglio di Stato di considerarlo un servizio a rilevanza economica ha aperto la strada alla gestione privata. Se da un lato questo può risultare necessario per la manutenzione delle reti idriche fatiscenti, dall’altro sorge l’esigenza di tutelare un diritto fondamentale che non può essere assoggettato alle sole logiche di mercato.

A livello mondiale, la situazione è ancora più drammatica: 3,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienici in casa, una condizione che determina gravi conseguenze sulla salute e sull’igiene, con ricadute negative sullo sviluppo sociale ed economico. Inoltre, l’acqua diventa spesso una fonte di conflitti, molte tensioni nel mondo sono legate al controllo di questa risorsa vitale. L’ONU, con la Giornata Mondiale dell’Acqua 2024 intitolata “Water for peace”, sottolinea l’importanza di questa risorsa come strumento di pace.

Le sfide da affrontare sono molteplici:

  • Mancanza di accesso all’acqua potabile: oltre 2 miliardi di persone ne sono prive, con conseguenze drammatiche soprattutto per le fasce più deboli della popolazione. L’UNICEF stima che ogni giorno 800 bambini muoiono per malattie legate all’acqua contaminata.
  • Spreco: una parte considerevole dell’acqua distribuita viene persa a causa di reti idriche obsolete e inefficienti. In Italia, la dispersione idrica si aggira intorno al 43%, un dato allarmante che evidenzia la necessità di interventi urgenti per migliorare le infrastrutture.
  • Agricoltura: il settore agricolo è il maggiore utilizzatore di acqua, con circa il 70% del consumo globale. Promuovere sistemi di irrigazione più efficienti e sostenibili è fondamentale per ridurre l’impatto ambientale e aumentare la produttività.
  • Cambiamento climatico: il riscaldamento globale e la siccità aggravano la crisi idrica in molte aree del pianeta, desertificando terreni e rendendoli inutilizzabili per l’agricoltura. La salvaguardia delle risorse idriche diventa quindi ancora più urgente in un contesto di cambiamenti climatici.

L’Istituto Nazionale di Statistica, in occasione della Giornata Mondiale, ha diffuso un’infografica con dati significativi per l’Italia:

  • Dispersione idrica: nel 2022, l’acqua persa nelle reti comunali sarebbe bastata a soddisfare le esigenze di 43,4 milioni di persone per un intero anno.
  • Consumo pro capite: l’Italia è terza in Europa per prelievo di acqua potabile (214 litri/giorno per abitante), un dato che evidenzia la necessità di sensibilizzare i cittadini su un uso più responsabile di questa risorsa.
  • Investimenti: il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente nel 2021 è destinato alla gestione delle acque reflue.
  • Irrigazione: il 19,0% della superficie agricola italiana è irrigata. Il settore agricolo ovviamente è quello che utilizza più acqua. Il secondo è quello industriale e poi il terzo è l’utilizzo domestico.

La gestione sostenibile dell’acqua richiede un impegno globale che coinvolga governi, cittadini e aziende.

E’ fondamentale:

Promuovere la cittadinanza attiva. Come sottolineava Stefano Rodotà, i beni comuni implicano una cittadinanza attiva, una mobilitazione dei cittadini per difenderli e conoscerli. Quindi è prioritario  educare e sensibilizzare i cittadini sull’importanza dell’acqua e coinvolgerli nella sua tutela attraverso campagne di sensibilizzazione, iniziative di educazione ambientale e partecipazione ai processi decisionali. Poi è senz’altro necessario investire in infrastrutture: migliorare le reti idriche per ridurre le perdite. Sostenere l’innovazione: sviluppare tecnologie per un uso efficiente dell’acqua e trovare attraverso la cooperazione internazionale soluzioni condivise per le controversie legate all’acqua.

L’acqua è un bene prezioso che non può essere dato per scontato. Solo con un impegno comune possiamo garantire l’accesso a tutti e costruire un futuro di pace.

In questa battaglia, la comunicazione gioca un ruolo chiave.

Il giornalismo d’inchiesta ambientale rappresenta un’occasione per riflettere su come raccontare le sfide legate all’acqua in modo coinvolgente e non tecnico, evidenziando le profonde implicazioni sociali, politiche e geopolitiche.

L’obiettivo è far comprendere che la crisi idrica non è un problema distante, ma una sfida che ci riguarda tutti e richiede un’azione immediata.

Ascoltiamo il messaggio dell’acqua: “parla senza sosta ma non si ripete mai”.

E’ tempo di agire per proteggere questo bene comune e costruire un futuro più sostenibile per tutti.

ASCOLTA

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18.3.2024

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Piero Belli

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Fate il vostro gioco…

Siamo nel 2022: La centrale Alessandro Volta a Montalto di Castro avrà una seconda vita! Lo smantellamento è stato scongiurato grazie al progetto Teccc (transizione energetica centro di cultura e conoscenza ) presentato da Enel. L’ex area nucleare si trasformerà in un centro culturale con il “sarcofago” che ospiterà un museo, uno spazio espositivo, uno spazio eventi e una terrazza panoramica. L’area di 15.000 metri quadrati sarà collegata con le altre zone della centrale sottoposte a restyling.

Il progetto Teccc è un esempio di come si possa trasformare un sito industriale in un luogo di cultura e di innovazione. È un progetto ambizioso che ha il potenziale di cambiare il futuro di Montalto di Castro e del territorio circostante.  primo progetto al mondo di riconversione culturale di una centrale nucleare.

I lavori per la realizzazione del centro Teccc avrebbero dovuto iniziare nello stesso anno e concludersi entro il 2025.

Siamo nel 2024: Il progetto ha ricevuto uno stop quasi definitivo dal Tar del Lazio che ha deliberato che l’ex centrale termonucleare poi trasformata in centrale termo elettrica, (Negli anni novanta il sito fu destinato alla costruzione di un impianto termoelettrico con l’aggiunta di otto corpi a turbogas ma tra il 2004 e il 2011 la produzione fu costantemente ridimensionata fino ad arrivare all’azzeramento. Nel frattempo l’area nucleare è rimasta intatta e inutilizzata) dovrà essere abbattuta, respingendo il ricorso presentato dalla stessa società energetica nel 2018.

Visto che la cultura non cambia restiamo nel nucleare: da centrale nucleare a deposito nazionale di rifiuti nucleari. 

Del resto I Comuni di Montalto di Castro, Tuscania, Ischia di Castro e Tessennano sono enti ricompresi all’interno delle aree potenzialmente idonee riportate dalla Sogin ad ospitare il deposito. 

Trino vercellese unico Comune autocandidato ad ospitare il sito di rifiuti nucleari (Il Decreto Energia ha calpestato tutti i criteri scientifici per la selezione del sito deputato ad ospitare il Deposito: con le autocandidature, il governo ha buttato all’aria 13 anni di studi di Sogin mirati a trovare i luoghi meno inidonei.). Bene,  in questi giorni , Marzo 2024, il comune ha ritirato la sua candidatura. La giunta comunale di Trino Vercellese, in provincia di Vercelli, ha approvato una delibera per ritirare la candidatura.

Lo scorso 13 dicembre il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato la carta delle aree idonee (CNAPI), 51 aree che rispettano i criteri di sicurezza indispensabili per costruire un deposito a prova di calamità naturali. Prima c’era stata la carta delle aree “potenzialmente idonee” e prima ancora costosi studi durati anni e portati avanti dalla Sogin, la società di Stato che ha il compito di smantellare gli impianti nucleari e gestire i rifiuti radioattivi.

Nella carta delle aree idonee non c’era Trino Vercellese, dove tuttavia dalla fine degli anni Sessanta vengono stoccate scorie nucleari nei depositi della vecchia centrale nucleare “Enrico Fermi” ancora in fase di dismissione. 

se Trino no, Montalto si! Potremmo pensare. Un enorme contenitore in cemento armato pronto a contenere i fusti radioattivi sparsi per l’Italia e portati anche in parte all’estero.

Invece no! Ecco i motivi per cui il sarcofago di Montalto di Castro non è adatto a ospitare il deposito nazionale:

  • Non è stato progettato per lo stoccaggio a lungo termine di scorie radioattive. Il sarcofago è stato costruito per proteggere il reattore nucleare durante la sua fase di esercizio e durante lo smantellamento. Non è sufficientemente sicuro per contenere le scorie radioattive per migliaia di anni.
  • Le dimensioni del sarcofago sono limitate. Il sarcofago di Montalto di Castro ha una capacità di circa 1.000 metri cubi. Il deposito nazionale dovrebbe avere una capacità di almeno 80.000 metri cubi.
  • L’area di Montalto di Castro è densamente popolata. Il deposito nazionale dovrebbe essere situato in un’area remota e scarsamente popolata per minimizzare i rischi per la popolazione in caso di incidente.

Cosa più importante: Il sito deve essere accettato dalla comunità locale.

Al momento non vi è un comune d’Italia tra quelli con il territorio risultante “idoneo” e quelli con l’auto candidatura anche se con territorio al di fuori dai criteri di sicurezza definiti dalla Sogin.

Che si fa? Nessuno lo vuole, ma bisogna farlo.

Si potrebbe chiedere ai napoletani come hanno fatto ad accettare di costruire un pezzo di città alle pendici di un vulcano dormiente ma attivo, Vivere quotidianamente sui campi Flegrei cioè sopra una pentola in ebollizione. Sinceramente mi sentirei più al sicuro ad ospitare un deposito di materiale radioattivo costruito con tutte le conoscenze scientifiche, Tecniche e Tecnologiche attuali.

Eppure l’effetto Nimby (Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile”) da noi è,  potrei dire, Totale.

In un recente convegno tenutosi al teatro San Leonardo qui a Viterbo, un relatore ha detto che in Francia ci sono gare  fra i vari territori per aggiudicarsi la localizzazione definitiva del deposito radioattivo, l’ultimo lo stanno facendo nella zona più prestigiosa dal punto di vista agricolo – vinicolo, situato a Bure, nella regione della Champagne-Ardenne. 

Bisogna però tener conto che i Francesi convivono dai primi anni 70 del secolo scorso con le centrali nucleari: attualmente ce ne sono 56 attive che producono circa il 70% dell’elettricità del paese. La maggior parte di queste centrali si trova lungo la costa del Mediterraneo e lungo il fiume Loira. Per la  Francia e i francesi i depositi di scorie radioattive sono forse quelli che preoccupano meno. 

A noi della Francia preoccupa molto di più il loro Presidente che in questi giorni ha dichiarato di inviare truppe di soldati della Nato per aiutare l’Ucraina a contrastare più efficacemente l’avanzata della Russia. Macron ha dichiarato che la Russia non può e non deve vincere la guerra.

La Francia vuole fare la voce grossa perchè è una potenza nucleare, ha 260 testate nucleari la Russia 6.000

L’Italia non è una potenza nucleare però ospita diverse basi nato con testate nucleari, insomma non vogliamo un deposito a bassa e media radioattività ma abbiamo le testate nucleari nelle basi militari della nato sembra un paradosso.

Allora paradosso per paradosso mettiamo il nostro deposito di 80.000 metri cubi di rifiuti radioattivi in una base militare così non ci si pensa più, del resto lo stesso iter  è previsto con il decreto Energia del 2023, per le strutture militari che, per il tramite del Ministero della Difesa, potranno presentare la loro autocandidatura.

Les jeux sont faits. Rien ne va plus

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27.1.2024

Riccardo Infantino

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Il mio 27 gennaio

Non ho più scritto su questo spazio web non solo per gli impegni di lavoro che si moltiplicano (la scuola – azienda), ma soprattutto perché questo tempo di sterminio negato ha il potere di annichilire la parola, soprattutto quella che vorrebbe rompere il muro di silenzio che è in costante edificazione intorno agli oltre 100 morti al giorno in Cisgiordania.

Il tacere può essere però una forma di connivenza, alla fine, e questo mi ha di nuovo spinto a elaborare questa riflessione sul giorno della Memoria, che mai come quest’anno è accompagnato da polemiche.

Vorrei partire dal documento elaborato dalla Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, un chiarimento sul significato del 27 gennaio scritto da chi ha provato sulla propria pelle quanto non è forse immaginabile da mente umana, l’essere considerati “annullabili” (Shoà vuol dire annientamento, oltre lo sterminio) perché nati ebrei.

Viene richiamata a ragione l’unicità del momento commemorativo di questo giorno, perché in effetti la vastità e le premesse verrebbe da dire demoniache del pensiero all’origine del tentativo di annichilimento della popolazione ebraica non hanno, almeno fino ad ora, eguali nella Storia.

Non è affatto il primo sterminio su larga scala (non mancano esempi nel mondo antico e moderno), ma quello che lo contraddistingue è proprio la radice teorica (e poi purtroppo) pratica che lo ha generato.

Quella che noi chiamiamo con termine attuale “pulizia etnica” si configura certamente come una azione di eliminazione fisica di una popolazione, ma è sempre legata a motivazioni a posteriori quali la rapina di territori e risorse (e nel caso di Gaza significa una grande sacca di gas al largo della Striscia, oltre naturalmente all’acqua del fiume Giordano); l’esito tragico è lo stesso, i morti arrivano a numeri da genocidio (il termine è stato utilizzato per Srebrenica, nel 1995, a fronte di 7500 civili massacrati durante il conflitto serbo bosniaco, una cifra dunque inferiore agli attuali 30000 morti, in continuo aumento, a Gaza e dintorni), ma le eventuali giustificazioni che sempre accompagnano una politica di sterminio di massa sono elaborate, per così dire, in corso d’opera, e quasi sempre non precedono l’atto criminale, come invece è stato per la Shoà.

Fin qui nulla da eccepire, ma nel punto 4 dei 6 dai quali il documento è composto recita, testualmente: “4) La condanna generica, appelli al boicottaggio, di isolamento e la demonizzazione di Israele e di tutte le sue istituzioni è parte delle espressioni di antisemitismo, così come il ribaltamento e l’attribuzione a Israele di appellativi connessi alla Shoah: sterminio/nazisti/genocidio/occupazione/lager etc. Così anche l’uso-abuso di simboli in contesti totalmente diversi per esprimere forme di contestazioni politiche, sportive, condanne sociali e pretese che nulla hanno a che vedere con la Shoah (stella gialla, Anna Frank etc.). Sono tutte forme di offesa alla memoria della Shoah”.

Non voglio nascondere di essere rimasto sbigottito di fronte ad una affermazione così perentoria, che definirebbe antisemita ogni forma di protesta e boicottaggio nei confronti di Israele, a fronte di quanto sta accadendo dal 7 ottobre scorso.

Ho aderito alla rete BDS Italia per contribuire al non acquisto dei prodotti provenienti da Israele non certo perché ostile all’ebraismo ed agli ebrei in quanto tali, ma per fare la mia parte opponendomi, insieme a tante altre persone, ad una occupazione illegale ed accompagnata da violenze e soprusi di ogni tipo, fino dal 1948, data della Nakbà (la Catastrofe), quando 800000 palestinesi vennero allontanati dalle proprie case senza alcuna prospettiva di farvi ritorno.

Ho profondo rispetto per la cultura ebraica, che ho avuto modo di conoscere da un punto di vista pratico quando ho presieduta una commissione di maturità al liceo Renzo Levi, al Portico d’Ottavia a Roma: conoscere ebrei osservanti, parlarci e lavorare insieme a loro mi ha fornita l’occasione di capire meglio ed apprezzare una forma di pensiero che fino ad ora avevo conosciuta solo attraverso i libri e le interviste a famosi personaggi quali Moni Ovadia e Liliana Segre, tra gli altri.

Questo tuttavia non mi frena dal tentare di far sentire anche la mia voce contro lo sterminio parcellizzato, una quantità di morti civili al giorno, ogni giorno, perpetrato da una forza di occupazione che ha compiuto un salto di qualità passando dal mantenere con la violenza sistematica una occupazione illegale ad un vero e proprio atto di sgombero forzato di una intera popolazione, e questo non credo sia antisemitismo, che per definizione è l’essere contrari alla cultura ed al pensiero ebraici in quanto tali.

Lo ricorda giustamente il nostro presidente Gianfranco Pagliarulo nel comunicato emesso in occasione di questo tormentato Giorno della Memoria, chiarendo come non si possa tacere di fronte a quelli che ormai sono a tutti gli effetti crimini contro i civili.

La verità viene sempre alla luce, come dimostra la Corte di Giustizia dell’Aja, che ha rifiutata la richiesta di archiviazione per l’accusa di crimini di guerra avanzata dalla legale che difende l’attuale governo israeliano, rifiuto motivato dalla presenza d prove e testimonianze difficilmente contestabili; la Storia ha comunque già formulato un suo verdetto, senza possibilità alcuna di appello; a meno di non pensare che Medici senza Frontiere, Unicef, l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite siano antisemiti e magari filo terroristi.

Ecco, il terrorismo: l’azione del 7 ottobre tale è stata, a quanto si sa fino ad ora, ma se non si ricollegasse ai 75 anni di occupazione che l’hanno preceduta si falserebbe in modo completo il senso di questi tragici avvenimenti; una ultima considerazione: prima di formulare un giudizio su Hamas ed ancor più sul movimento di resistenza palestinese che si sta opponendo alla forza militare israeliana dovrà passare molto tempo, dovranno venire alla luce tutti gli elementi possibili per chiarire in modo non parziale, e soprattutto dovrà subentrare il necessario distacco da fatti nei quali siamo tutti coinvolti.


Saluti antifascisti a tutt*

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Interessante riflessione Riccardo. La memoria dura il tempo che le persone restano in vita per raccontarla, dopo di loro arriva la storia e la storia la raccontano come gli pare chi governa. Dicono che la storia l’hanno sempre fatta i vincitori. Quando la storia viene lasciata sola senza memoria, i posteri la manipolano. Fra 300 anni cosa resterà della memoria dell’Olocausto? Quali civiltà democratiche sane o avvelenate racconteranno i fatti accaduti.

Commento di Piero Belli

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19.1.2024

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Piero Belli

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Nessuna guerra

In rete su facebook circola da giorni questa frase:”Oggi più che mai il mondo NON ha bisogno di soldati, bensì di DISERTORI. “

Sabato 13 gennaio a Viterbo nella sala dei Priori si è svolto l’incontro organizzato dal neo Servizio diocesano di Formazione socio-politica Pacem in Terris, nel contesto attuale di “guerra mondiale combattuta a pezzi”.

Nei vari interventi si è parlato dei movimenti di diserzione alla guerra tra Russia e Ucraina, è nato un coordinamento fra obiettori di coscienza russi, ucraini e bielorussi che si rifiutano di partecipare come soldati al conflitto. Giovani che rischiano molto, in Bielorussia se vengono presi sono condannati a morte.

Nei vari Convegni, incontri che mi è capitato di assistere c’è sempre la convinzione che nessuna guerra sia giusta. Che il primo dovere di ogni essere umano e’ salvare tutte le vite. La vita umana è sacra e inviolabile. Ogni persona ha diritto alla vita, indipendentemente dalla sua razza, religione, nazionalità o appartenenza politica. La guerra, invece, comporta l’uccisione di persone innocenti, sia civili che militari.

La guerra è sempre un fallimento della diplomazia e della risoluzione dei conflitti pacifici. La guerra è una soluzione violenta e distruttiva che non porta mai a una soluzione duratura. Al contrario, spesso genera nuovi conflitti e violenze. Le sue conseguenze si fanno sentire anche a lungo termine, nelle generazioni successive. Le guerre attuali in corso nel mondo possono portare a conseguenze imprevedibili e scatenare una reazione a catena che si tira dietro una, due , tre nazioni e altre, magari per vecchi rancori e territori contesi. La terza guerra mondiale è molto prossima ci sono più di cento guerre sparse per il mondo. La terza guerra mondiale non sappiamo con quali armi di distruzione di massa sarà combattuta ma come diceva Einstein la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni. 

Ha senso allora portare obiezioni alla convinzione che nessuna guerra sia giusta?

Alcuni sostengono che, in certi casi, la guerra può essere necessaria per difendersi da un’aggressione. Altri sostengono che la guerra può essere giustificata per proteggere i diritti umani o per promuovere la democrazia.

La Terza guerra mondiale potrebbe partire dal prossimo conflitto fra Cina e Taiwan, la tensione è via via aumentata in questo ultimo anno.

Nel corso degli ultimi anni, la Cina ha intensificato le sue attività militari nello Stretto di Taiwan, con incursioni di aerei e navi da guerra. Nel 2023, le incursioni cinesi hanno raggiunto il record di 967, il più alto numero registrato dal 1996.

Gli Stati Uniti, che sono il principale sostenitore di Taiwan, hanno risposto rafforzando la loro presenza militare nella regione. Nel 2023, gli Stati Uniti hanno inviato una portaerei nello Stretto di Taiwan per la prima volta dal 2017.

La situazione è quindi molto tesa e il rischio di un conflitto è concreto. Un’invasione cinese di Taiwan avrebbe un impatto significativo sulla regione e sul mondo intero.

Se il mondo fosse governato da sole donne, risolverebbero i conflitti dichiarandosi guerra? O sceglierebbero di risolverli in modo pacifico?

E se l’umanità avesse un ciclo di vita di 10 anni, ci sarebbero le guerre? Cioè si restasse bambini e il crescere invece di essere regolato dai genitori fosse seguito in tutti i bisogni dalle macchine? L’intelligenza artificiale non farebbe mai la guerra.

Dobbiamo sperare in un futuro regolato da sofisticatissime “macchine pensanti” per dichiarare la fine della guerra, di tutte le guerre? alla scomparsa del concetto di guerra? Faremo in tempo?  Le cose si stanno mettendo male.