Didomenica 20 e 3

Piero Belli 24 novembre 2023 – Cose così: Stazioni straordinarie

Piero Belli 20 novembre 2023 – Cose così: C’era una volta l’acqua pubblica.

Riccardo Infantino 19 novembre 2023 – Il meccanismo della rimozione

Riccardo Infantino 5 novembre 2023 – La colpa non è di Israele

Piero Belli 31 ottobre 2023 – Cose così: Pace o scherzetto.

Riccardo Infantino 21 ottobre 2023 – Torto o ragione

Peppe Sini 13 ottobre 2023 – MOVIMENTO NONVIOLENTO: ISRAELE-PALESTINA.

Peppe Sini 29 settembre 2023 – Una lettera alla sezione “Aldo Laterza”

Silvio Antonini 15 settembre 2023 – Una storia irachena (recensione)

Riccardo Infantino 9 settembre 2023 – La giustizia fai da te

Silvio Antonini 7 settembre 2023 – Otto settembre 1943, i volti della Tuscia nella Resistenza

Antonella Litta 6 settembre 2023 – Ladri di respiro

Riccardo Infantino 2 settembre 2023 – Resistenza digitale

Riccardo Infantino 28 agosto 2023 – Summa lex summa iniuria

Riccardo Infantino 12 agosto 2023 – Le vite da vivere

Riccardo Infantino 2 agosto 2023 – Le La strage

Riccardo Infantino 26 luglio 2023 – Que viva la revolution!

Piero Belli 20 luglio 2023 – Cose così

Silvio Antonini 13 giugno 2023 – In morte di B

Piero Belli 24 maggio 2023 – Disastro ambientale nell’Emilia Romagna

Piero Belli 11 maggio 2023 – La bellezza, la guerra e la ricerca della Pace

Peppe Sini 4 aprile 2023 – Assemblea interprovinciale Rieti-Viterbo


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24.11.2023

Piero2

 

 

Piero Belli

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Cose così: Stazioni straordinarie.

Le cose non cambiano mai. Due giorni fa, un ministro del governo italiano fa fermare un Frecciarossa perchè in ritardo. Siamo sempre allo stesso punto, della serie: io può, io so io e voi non siete un ( niente ), o per dirla alla Orwell, siamo tutti uguali ma alcuni sono più uguali degli altri. Così per non avere condizionamenti politici e ideologici ho chiesto alla Intelligenza artificiale, la quale ha risposto in questo modo :

A quanto mi risulta, in nessuna nazione è previsto che un treno venga fermato per far scendere un ministro perché il treno viaggia in ritardo. In tutte le nazioni, i treni sono soggetti a regole e regolamenti che prevedono che il loro funzionamento sia prioritario rispetto ad altri interessi, come ad esempio il trasporto di persone importanti.

Nel caso specifico dell’Italia, la notizia della fermata di un Frecciarossa per far scendere il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha suscitato un’ondata di polemiche. Il ministro è stato accusato di abuso di potere e di aver creato un precedente pericoloso.

A seguito delle polemiche, Trenitalia ha dichiarato che la fermata del treno non ha comportato alcun ritardo per i viaggiatori e che non è stato necessario utilizzare risorse aggiuntive. Tuttavia, la vicenda ha sollevato il problema della necessità di rafforzare la trasparenza e la responsabilità dei ministri nei confronti dei cittadini.

In base alle mie ricerche, non sono a conoscenza di altri casi simili a quello italiano. Tuttavia, è possibile che episodi simili si siano verificati in altri paesi, ma che non siano stati resi pubblici.

Cose così.

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24.11.2023

Piero2

 

 

Piero Belli

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Cose così: C’era una volta l’acqua pubblica.

A cosa serve un referendum?

Alcuni anni prima del 2011, anno del referendum sull’acqua, si mosse tutto un movimento per la difesa dell’acqua pubblica con una serie di associazioni e comitati che poi portarono  anche a una proposta di legge e addirittura al referendum.

Che cosa è successo? È successo che nel 2011 in Italia questo movimento arriva a raccogliere le firme a proporre un referendum sull’acqua pubblica, 26 milioni di Italiani riescono a vincere con il Sì a difesa dell’acqua pubblica. 

Quindi significa che il problema è risolto? 

Niente affatto perché nel 2012 il Consiglio di Stato di fatto annulla e rende non attuabile il referendum perché il servizio idrico, viene riconosciuto come un servizio a rilevanza economica. Cioè significa che la sua gestione è sottoposta a tutte le leggi dell’economia del libero mercato e quindi anche al discorso degli investimenti del privato per la gestione dell’acqua pubblica.

Il principio del riconoscimento dell’acqua come bene pubblico si scontra poi con le leggi dell’economia, con il bisogno di garantire il legittimo investimento del privato che viene incaricato di gestire questo servizio e il come questo si possa conciliare con il concetto del bene comune la questione non è ancora risolta.

Nel 2003 veniva costituita TALETE SPA. ne dovevano far parte tutti i 60 comuni della provincia ma furono poco meno della metà.

La società non cominciò certo bene e continuò a produrre criticità, alla fine del 2014 già si paventava la necessità dell’ingresso di capitale privato.

Ogni anno le bollette venivano aumentate una volta del 3, del 5, del 7% per cercare di ripianare i debiti accumulati dalla società, Dal 2019 la Regione non interviene più a sostenere i costi di gestione dei dearsenificatori. I costi di tale gestione sono stati riversati sugli utenti, i comuni attraverso ricorsi e controricorsi sono dovuti entrare nel gestore unico, ora i comuni sono poco più di quaranta. Il costo del servizio offerto da Talete, per ogni famiglia è arrivato mediamente a circa 300-400 euro/anno. Ogni anno si è cercato di trovare una strada per far entrare il privato nella gestione della società sempre minacciata di fallimento dagli stessi amministratori delegati che negli anni si sono succeduti alla guida della Talete S.p.A.

Questo atteggiamento che negli anni si è continuato a perpetuare mi ha fatto venire in mente le due punti delle 10 regole per il controllo sociale di Noam Chomsky:

  • La strategia della gradualità.
    Per far accettare una misura inaccettabile basta applicarla gradualmente, al contagocce, per anni consecutivi.
  • La strategia del differire.
    Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come dolorosa e necessaria, ottenendo l’applicazione pubblica nel momento, per un’applicazione futura.
    E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato: primo, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente, secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza di sperare ingenuamente che tutto domani andrà meglio e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
    Questo da più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

Siamo giunti dove si voleva arrivare:

Il presidente della Provincia, Alessandro Romoli, ha dichiarato che non ci sono alternative realistiche alla ricapitalizzazione da parte del settore privato, i soci (i comuni) non hanno disponibilità finanziarie. La privatizzazione risulta inevitabile, e la società francese Suez, attraverso la sua controllata Acea, è pronta ad entrare in Talete acquisendo il 40% delle quote societarie. (come questo 40% verrà acquisito ridistribuendo proporzionalmente o no le quote dei singoli comuni ancora non si sa).

Che cosa ne “pensa” l’intelligenza artificiale di questa situazione? Questa è il responso:

Talete ha deciso di aprire ai privati nella gestione della rete idrica di Viterbo e provincia per una serie di motivi, tra cui:

  • L’esigenza di ridurre i costi di gestione. La rete idrica di Viterbo e provincia è caratterizzata da una serie di criticità, tra cui la vetustà delle infrastrutture, la dispersione idrica e la presenza di perdite. La gestione privata potrebbe consentire a Talete di ridurre i costi di gestione, attraverso investimenti in nuove tecnologie e infrastrutture.
  • L’esigenza di migliorare la qualità del servizio. I cittadini di Viterbo e provincia hanno spesso lamentato la scarsa qualità del servizio idrico, con interruzioni frequenti e problemi di pressione. La gestione privata potrebbe consentire a Talete di migliorare la qualità del servizio, attraverso un maggiore investimento in manutenzione e interventi di miglioramento.
  • L’esigenza di promuovere l’innovazione. La gestione privata potrebbe consentire a Talete di promuovere l’innovazione nella gestione del servizio idrico, attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e soluzioni.

Tuttavia, la decisione di prevedere i privati nella gestione della rete idrica di Viterbo e provincia ha suscitato numerose critiche, da parte di cittadini e associazioni ambientaliste. I critici sostengono che la gestione privata potrebbe portare a un aumento delle tariffe e a un peggioramento della qualità del servizio.

In particolare, le critiche si concentrano su alcuni aspetti, tra cui:

  • Il rischio di un aumento delle tariffe. I critici sostengono che la gestione privata potrebbe portare a un aumento delle tariffe, poiché le aziende private sarebbero interessate a massimizzare i profitti.
  • Il rischio di un peggioramento della qualità del servizio. I critici sostengono che la gestione privata potrebbe portare a un peggioramento della qualità del servizio, poiché le aziende private potrebbero essere meno motivate a investire in manutenzione e interventi di miglioramento.
  • Il rischio di una riduzione della trasparenza e del controllo pubblico. I critici sostengono che la gestione privata potrebbe portare a una riduzione della trasparenza e del controllo pubblico sul servizio idrico, rendendo più difficile per i cittadini e le istituzioni monitorare la qualità del servizio e i costi di gestione.

In attesa di conoscere l’esito della gara, la decisione di Talete di paventare i privati nella gestione della rete idrica di Viterbo e provincia rappresenta un momento importante per il futuro del servizio idrico in Italia.

Cosa aggiungere? 

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19.11.2023

Riccardo Infantino

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Il meccanismo della rimozione

Nella psicanalisi è ben noto il meccanismo della rimozione, descritto all’inizio del Novecento da Sigmund Freud nello studio Psicopatologia della vita quotidiana (dove analizzava quelle amnesie, piccole e meno piccole, che ci “aiutano” a cancellare a livello cosciente fatti e persone per noi sgradevoli o moleste).

La psicologia collettiva conosce lo stesso fenomeno, individuato all’interno di fatti che riguardano una intera collettività, soprattutto quelli che ne mettono a repentaglio la stessa esistenza.

Potremmo applicare il processo di rimozione al negazionismo della Shoà ebraica: il termine, nella sua esatta accezione, non significa Olocausto, ma Annientamento, qualcosa di infinitamente più orribile, tanto orribile al punto di rendere difficile accettare ed ammettere che degli esseri umani concepiscano la cancellazione di una etnia o un gruppo di loro simili.

Quello che sta accadendo in Cisgiordania dal 7 ottobre scorso, presentato all’inizio come una reazione difensiva ad un attentato contro la popolazione civile, con tanto di presa di ostaggi, si è quasi subito rivelato per ciò che era effettivamente, un massacro della popolazione civile inerme, con tanto di uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali (come se la guerra potesse avere delle regole che la possano umanizzare…) quali il fosforo bianco e le bombe cluster, accanto al bombardamento di strutture civili, ospedali (Al-Shifa è divenuto il simbolo della violenza bellica contro gli esseri umani), colonne di profughi e quant’altro sia necessario per ricadere nella casistica dei crimini di guerra.

A livello politico, al netto delle menzogne che sempre precedono ed accompagnano una azione militare, mentre i tre quarti del mondo – compreso Gutierrez, segretario generale dell’ONU – parla esplicitamente di genocidio, i governi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti continuano a parlare di diritto di risposta ad un attacco armato, mentre stanno facendo il giro della Rete immagini e testimonianze purtroppo autentiche di massacri e crimini contro i civili che riportano alla mente qualcosa di già commesso diversi decenni or sono.

Si sta verificando poi un fenomeno ancora più interessante, la spaccatura netta tra i governanti europeo-americani ed i cittadini che li hanno eletti: al divieto di manifestare per la Palestina e di indossare la bandiera di quel paese i londinesi hanno risposto invadendo Trafalgar Square in almeno trentamila, indossando il vessillo “proibito”, e non sono stati i soli.

Il nostro paese, come ha fatto purtroppo tante altre volte, si è schierato in una posizione di neutralità, con la premier che continua a manifestare il suo appoggio ad Israele ed al suo diritto di difesa…mentre i comuni cittadini, la gente della strada, manifesta un orientamento profondamente diverso, soprattutto dopo che le testate giornalistiche indipendenti (senza fare nomi) hanno diffuse le testimonianze di violenze “assortite” sui civili, i bambini in particolare.

Volendo essere buoni potremmo applicare il meccanismo della rimozione anche a quella parte della stampa, della politica e della cultura che non osa parlare apertamente di massacro di innocenti (come invece hanno fatto e continuano a fare Gedeon Levy ed Ilan Pappè, due eminenti personalità israeliane che non hanno mai avuto paura di parlare della pulizia etnica della Palestina)…almeno così vorremmo pensare, dato che altrimenti sarebbe una colpevole reticenza molto simile al silenzio dei governi europei e statunitense che erano al corrente della Shoa, ma non ne parlarono esplicitamente se non a guerra finita.

Tra noi comuni elettori cittadini non è comunque facile ammettere che di nuovo ci troviamo di fronte ad uno sterminio, che potrebbe essere fermato solo se tutti alzassimo la voce e gridassimo forte l’orrore che si sta consumando davanti al mondo; mi aspettavo un movimento di massa, una denuncia collettiva in un paese dove tante sono le pietre di inciampo testimoni dello sterminio di un tempo che fu, ma forse mi aspetto molto.

Prenderò ancora una volta esempio dal partigiano Sandro Pertini, che disse: bisogna continuare a sperare, anche quando sembra che non ci sia più speranza; accanto all’altro, testimone da Gaza, Viky Arrigoni, ceh terminava i propri articoli sul Manifesto con la frase, divenuta proverbiale, RESTIAMO UMANI.

Saluti antifascisti a tutt*

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5.11.2023

Riccardo Infantino

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La colpa non è di Israele


Essendo un ammiratore di Pasolini – di cui il 2 novembre è ricorso l’anniversario della tragica scomparsa – vorrei praticare un sano empirismo eretico, vale a dire esaminare pragmaticamente i fatti e trarne conclusioni alquanto controcorrente.

Lo stato di guerra attuale tra Palestina (occupata) ed Israele (occupante) sta dividendo gli animi, complice anche una martellante propaganda del mainstream che vorrebbe farci credere ad una lotta tra il Bene ed il Male, neanche fossimo tutti manichei.

Appena scoppiato il conflitto (definizione scorretta, in realtà, dato che potremmo essere di fronte ad una guerra di resistenza) mi sono subito chiesto come mai Hamas abbia condotta una azione terroristica (diciamolo, così è stata) in risposta all’assalto ai fedeli in preghiera nella moschea di Al-Aqsa, azione che avrebbe portato sicuramente ad una punizione collettiva destinata a tramutarsi in un massacro di civili inermi; da uno stratega non ci si aspetterebbe una mossa così grave, ma andiamo oltre.

I nostri media purtroppo non parlano mai di quella non piccola parte di Israele che va in direzione opposta alla politica criminale di un governo il cui premier è a capo del Lykud, il partito di estrema destra da cui proveniva lo studente che uccise Isaac Rabin, uno dei pochi fautori della pacifica convivenza tra palestinesi ed israeliani: parlo del movimento Breaking the silence – i militari israeliani che hanno avuto il coraggio di denunciare gli abusi contro la popolazione civile della West Bank-, i così detti Refusnik – ragazzi israeliani di nemmeno 20 anni che hanno disertata la chiamata alla leva obbligatoria per non andare in Cisgiordania, preferendo il carcere e l’etichetta di traditori della patria -; gli storici ed i giornalisti (sempre israeliani…) come Ilijan Pape e Gedeon Levy, che in opere come La pulizia etnica della Palestina hanno denunciata una occupazione illegale pluridecennale ed il mai nascosto tentativo di sgomberare – a costo di uno sterminio procrastinato nel tempo – la Cisgiordania dai suoi abitanti per rimpiazzarli con i propri; da ultimo una breaking news de Il fatto quotidiano: di fronte alla casa di Nethanyau alcuni semplici cittadini gli hanno urlato di dimettersi per la questione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.

Spero che basti a dimostrare che non bisogna cadere nella stessa logica tribale di punizione di massa che sta perseguendo l’etablishment israeliano (e il fuori onda, prontamente censurato con la pubblicità, su La7 dell’ex ministro degli esteri di Tel Aviv che parlava di Gaza come male assoluto ne è ampia riprova), che ha spaccato il proprio paese in due e che forse non sopravviverà a questa politica molto poco umana, che avrà come risultato il creare terroristi – chi ha visto i propri familiari massacrati potrebbe nutrire pensieri non propriamente di pace verso chi li ha macellati – e, altro rischio grave, il rinascere di un antisemitismo mai sopito in Europa e non solo: in Germania sono comparse le stelle di Davide sui muri di case abitate da ebrei ed una donna ebrea è stata accoltellata.

Basta, non confondiamo il sionismo (esasperato) con l’ebraismo: nel Talmud e nella Torah c’è scritto di accogliere, dato che l’esilio è una condizione che la comunità giudea ha sperimentato più volte nella Storia.

Saluti antifascisti (e sempre libera Palestina) a tutt*

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31.10.2023

Piero2

 

 

Piero Belli

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Cose così: Pace o scherzetto

 

Ieri 31 ottobre 2023 si è svolta Ia manifestazione organizzata da Arci Viterbo e dal tavolo per la pace, una manifestazione che ha chiesto a gran voce Ia pace fra Israele e Palestina. Camminavo per andare a piazza della Repubblica e passando fra la gente, lungo il Corso e via della Sapienza, ho incontrato tanti bambini con i loro genitori e tanti adolescenti, erano tutti travestiti da scheletrini, streghe e mostri vari, avevano le mani piene di dolcetti e mentre cercavo di passare pensavo che in Palestina 3000 bambini erano morti sotto i bombardamenti. I bambini palestinesi fra le macerie e qui invece pieni di dolci e attenzioni. Laggiù orfani, molti quelli rimasti senza i genitori, morti anch’essi sotto le bombe degli israeliani,  qui genitori sorridenti a coccolare i loro pargoletti. Arrivato in piazza poco più di una cinquantina di partecipanti bandiere della Palestina, dell’Anpi, qualche striscione pro palestina, slogan pro palestina, palestinesi fra i manifestanti. La pace bisogna farla in due pensavo, ma non c’erano israeliani. Mi è tornato in mente quando la Russia invase l’Ucraina, Il tavolo per la pace insieme ai comitati, sindacati e associazioni, organizzò un’altra manifestazione per la pace. Anche lì ci furono diversi ucraini che parteciparono, ma dopo qualche slogan Ia manifestazione si divise perché gli ucraini chiedevano l’intervento della Nato, non cercavano la pace.

La manifestazione di ieri ha poi proseguito in un piccolo corteo verso piazza delle Erbe. Me ne sono andato prima, mi sentivo turbato, fuori posto, inutilmente presente.  Tornando verso casa, passando fra un dolcetto o scherzetto ho pensato che sarebbe stato bello organizzare una festa di Halloween in cui si sarebbe promossa la pace e la solidarietà.  Organizzare una festa di Halloween in cui si indossassero abiti che simboleggiano la pace e la solidarietà.  Leggere storie sui diritti dei bambini o la creazione di opere d’arte che esprimessero un messaggio di pace.

Celebrare Halloween in questo modo forse non mi avrebbe scosso così tanto pensando alla tragedia di donne e uomini in Ucraina e in Palestina, sarebbe stato un modo più rispettoso per mostrare la propria solidarietà ai bambini e alle famiglie che stanno soffrendo.

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23.10.2023

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Riccardo Infantino

 Torto o ragione

Non mi piace molto Manzoni – il mondo retto dalla mano invisibile della Provvidenza che costruisce nei Promessi sposi, dove tutti hanno una punizione o un premio a seconda delle proprie azioni, non di rado male si adatta alla realtà quotidiana – , ma una sua affermazione, secondo la quale il torto e la ragione stanno da entrambe le parti, mi torna sempre in mente da quando il nostro bellissimo paese si è diviso tra pro e contro i palestinesi o gli israeliani.

Non sono un moderato, amava ripetere Dario Fo anche negli ultimi anni della sua vita da militante, e non posso far altro che dargli ragione quando si tratta di diritti umani minimi calpestati, primo fra tutti l’integrità fisica e psichica.

Ricordo le voci unanimi di condanna delle azioni dell’OLP negli anni Settanta (alle olimpiadi di Monaco nel 1972, tra le altre), si parlava, ieri come oggi, di terrorismo (e allora gli uomini bomba non erano noti in Occidente) sanguinario, come hanno tuonato i media subito dopo l’attacco missilistico attuato da Hamas contro Israele, fornendo pronto appoggio alla rivendicazione del diritto di difesa invocato da Nethanyau.

I morti, si sa, fanno effetto a livello profondo, soprattutto se vittime innocenti di una azione militare improvvisa, e costituiscono, loro, il materiale migliore per orientare la pubblica opinione nella direzione voluta, dimenticando volutamente gli antecedenti di una azione armata.

Tra il 16 ed il 18 settembre 1982 si consumò il massacro del campo profughi di Sabra e Chatila, che costò la vita a 500 civili tra palestinesi e libanesi; dalla metà degli anni Novanta iniziarono le azioni suicide di commandos e di uomini bomba, e guarda caso in molti di questi tragici episodi gli attentatori (spesso ciò che restava di loro dopo che si erano fatti saltare in aria) avevano uno o entrambi i genitori o fratelli trucidati proprio a Sabra e Chatila.

Nella nostra tranquilla (per ora) Italia e nella ancora più tranquilla Europa forse non ci rendiamo conto di cosa voglia dire vivere come a Gaza, in perenne condizione di oppressione e privazione di risorse fondamentali, di mancanza di libertà di movimento e di qualsiasi prospettiva per il futuro, fosse anche il domani.

La disperazione diventa fertile terreno per chi la sa sfruttare, al punto tale da farti credere che farsi saltare in aria con una cintura esplosiva o lanciarsi su un bersaglio (a volte anche umano) alla guida di una auto bomba possa contribuire a creare un futuro migliore (o magari meno peggiore) per chi verrà dopo.

In tempi non sospetti Giovanni Paolo II turbò i sonni di parecchi spiegando come la prevenzione degli attacchi terroristici attraverso un controllo di intelligence preventivo o una rappresaglia fatta passare come diritto di legittima difesa non funziona mai quanto il dare a tutti la possibilità di un lavoro che consenta di mantenere decorosamente la propria famiglia ed una libertà non costretta da limiti altrui; detto molto banalmente non ti verrà mai in mente di immolarti se già hai modo di realizzare una condizione umana degna e sicura per te e per chi ti sta intorno.

Alla disperazione che ti potrebbe condurre a gesti che mai immagineresti di fare dobbiamo aggiungere anche il diritto di resistenza ad un esercito invasore, fattore riconosciuto dal diritto internazionale, che non esclude l’uso della forza per realizzare una opposizione di tipo armato, come fecero i nostri padri partigiani.

La non violenza…quante volte ci siamo chiesti se abbia davvero senso o se funzioni, magari in una situazione come quella di Gaza e della Cisgiordania, dove l’unica forma di protesta rimasta intatta è stata, fino a questo momento, il fatto stesso di esistere.

Credo che noi spettatori occidentali abbiamo il dovere di parlare e di diffondere notizie su tutto quello che ha preceduta una situazione di guerra o di azione armata, nella sia pur flebile speranza di interrompere il circolo vizioso del colpo dopo colpo, meccanismo che non è mai nelle mani della parte più debole che ne è coinvolta.

Non a caso nello specifico del conflitto israeliano palestinese si parla, come è stato nel caso dell’Afghanistan ai tempi della occupazione sovietica, di guerra asimmetrica, combattuta da due forze in netta sproporzione tra di loro.

Contro un popolo non si può lottare, insegna la Storia…

 

Saluti antifascisti (e filo palestinesi) a tutt*

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13.10.2023

Peppe Sini

MOVIMENTO NONVIOLENTO: ISRAELE-PALESTINA. CON LE VITTIME, CONTRO LA GUERRA. CON GLI OSTAGGI, CONTRO IL TERRORISMO

Ancora guerra. Ancora orrore. Ancora morte.
La parola e’ passata alle armi. La gente, ammutolita e spaventata, e’ nascosta nei rifugi. La via d’uscita e’ nelle mani di chi rompera’ la spirale di odio, rifiutando la logica perversa omicida e suicida della guerra. Solo i civili israeliani e palestinesi che sceglieranno, anche con il nostro aiuto, la via della nonviolenza, dell’agire comune per la pace, potranno ridare speranza al futuro di Israele e Palestina, che hanno un destino comune nella convivenza.
La reazione militare ad un’azione militare finira’ in un bagno di sangue sul terreno, ai danni dei civili disarmati: e’ la guerra. Questa spirale cancella ragioni e torti e mette tutti nelle condizioni di ostaggi della violenza delle armi.
La societa’ civile di Israele e’ ostaggio della politica estremista, fascista, nazionalista, militarista del governo di Netanyahu.
La societa’ civile di Palestina e’ ostaggio della politica estremista, fascista, razzista, militarista delle milizie di Hamas.
Due governi corrotti, Hamas e Likud, finanziati da potenze straniere, tengono in ostaggio i propri cittadini.
Gli aggrediti di oggi sono gli aggressori di ieri.
Gli aggressori di oggi saranno gli aggrediti di domani.
Il peggior nemico della Palestina e’ il terrorismo disumano di Hamas.
Il peggior nemico di Israele e’ l’apartheid contro i diritti dei palestinesi.
Aver abbandonato a se stessi, non aver sostenuto i nonviolenti palestinesi e israeliani, i pacifisti, gli obiettori alle armi dei falchi di Israele e della Palestina, ha portato a questa deriva violenta. L’alternativa alla vendetta e alla rappresaglia puo’ ripartire dai gruppi misti israeliani/palestinesi per la pace, dai parenti delle vittime delle due parti uniti dal dolore: e’ l’unica possibilita’ di salvezza.
Piangere e condannare non basta. Dobbiamo fare la nostra parte per fermare la violenza.
La Campagna di Obiezione alla guerra deve dunque essere ancora piu’ intensa.
Come Movimento Nonviolento aderiamo e partecipiamo alla mobilitazione per la pace, in Ucraina, in Israele, in Palestina e in tutti i luoghi martoriati dalla guerra.
Condividiamo i due comunicati che abbiamo sottoscritto (e che sono disponibili nel sito www.azionenonviolenta.it):
“Fermiamo la violenza, riprendiamo per mano la pace” della coalizione Assisi Pace Giusta
“Dichiarazione dell’esecutivo della War Resisters’ International” sull’escalation di violenza in Israele-Palestina

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29.9.2023

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Peppe Sini

UNA LETTERA ALLA SEZIONE ANPI STUDENTI “ALDO LATERZA” DI VITERBO, DI PLAUSO PER L’INIZIATIVA DEL 2 OTTOBRE 2023 NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA

Caro Daniele,
care amiche e cari amici della sezione Anpi Studenti “Aldo Laterza” di Viterbo,
care compagne e cari compagni dell’Anpi di Viterbo e non solo,
pur non potendo essere presente esprimo il mio plauso alla vostra iniziativa del 2 ottobre 2023 a Viterbo di celebrazione della Giornata internazionale della nonviolenza.
Trovo commovente che abbiate con voi i maestri dell’orchestra di fiati del Conservatorio di Santa Cecilia: la musica e’ intrinsecamente il piu’ potente messaggio di pace e di solidarieta’, il piu’ nitido appello ad opporsi ad ogni violenza e menzogna, ad ogni distruzione e devastazione.
E trovo altrettanto commovente che abbiate voluto ricordare in questa circostanza anche Alfio Pannega attraverso la commemorazione che ne fara’ Pietro Benedetti.
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So che in queste circostanze un messaggio di saluto da parte di chi e’ assente deve essere breve e deve evitare di introdurre elementi di riflessione che possano risultare segno di contraddizione per alcuni dei presenti, ma la situazione attuale e’ cosi’ grave che alcune cose devono pur essere dette, e chi si appressa a celebrare la Giornata internazionale della nonviolenza deve pur sapere cosa la nonviolenza significhi e a quali ineludibili impegni convochi.
La nonviolenza infatti e’ il contrario del quietismo, della rassegnazione, dell’indifferenza, della vilta’: la nonviolenza e’ sempre e solo la lotta contro la violenza.
La nonviolenza e’ l’antifascismo vivente e operante.
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La nonviolenza essendo opposizione a tutte le violenze e’ quindi anche opposizione a tutte le guerre e a tutte le armi: le guerre sempre e solo consistono di uccisioni di esseri umani, e le armi sempre e solo servono a uccidere.
La nonviolenza essendo opposizione a tutte le violenze e’ quindi anche opposizione al razzismo, alla schiavitu’, all’apartheid, orrori che da decenni ormai stanno dilagando in Europa per esplicita scellerata volonta’ dei governi europei.
La nonviolenza essendo opposizione a tutte le violenze e’ quindi anche e innanzitutto opposizione al maschilismo, che e’ la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze.
La nonviolenza essendo opposizione a tutte le violenze e’ quindi anche e innanzitutto impegno a salvare tutte le vite.
*
Chi vuole celebrare la Giornata della nonviolenza si disponga quindi a lottare contro la guerra, contro il razzismo, contro il maschilismo.
Chi vuole celebrare la Giornata della nonviolenza si disponga quindi a lottare in difesa di tutte le vite: di tutti gli esseri umani, di tutti gli esseri viventi, dell’intero mondo vivente: quest’unico mondo vivente che conosciamo di cui siamo insieme parte e custodi; quest’unico mondo vivente che e’ casa comune dell’intera umana famiglia di cui tutte e tutti facciamo parte in eguaglianza di dignita’ e diritti.
*
L’Unione Europea e’ governata oggi da poteri razzisti, neocolonialisti, imperialisti e guerrafondai: la nonviolenza – che e’ l’antifascismo vivente e operante – ci convoca a contrastarli.
Nel mondo regimi mafiosi e totalitari, ideologie deliranti e assolutiste, poteri economici polluttori e vampireschi, divoratori di ogni bene, cooperano alacremente alla distruzione della civilta’ e della biosfera: la nonviolenza – che e’ l’antifascismo vivente e operante – ci convoca a contrastarli.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Condividere fra tutte e tutti tutto il bene e tutti i beni.
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Caro Daniele,
care amiche e cari amici della sezione Anpi Studenti “Aldo Laterza” di Viterbo,
care compagne e cari compagni dell’Anpi di Viterbo e non solo,
grazie di nuovo non solo di questa iniziativa ma del vostro quotidiano impegno di giustizia e liberta’, di verita’ e responsabilita’, di solidarieta’ con tutte le oppresse e gli oppressi del mondo in lotta per la liberazione e la salvezza comune dell’umanita’ intera.
Impegnandovi nell’associazione nazionale partigiani d’Italia vi siete posti all’ascolto e alla sequela delle donne e degli uomini che insorsero per contrastare il fascismo e i lager, vi siete posti all’ascolto e in difesa dei valori e del programma di liberazione scritti nella Costituzione della Repubblica, siete quindi parte del movimento che intende realizzare una societa’ di persone libere ed eguali in diritti in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita’ ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni.
L’antifascismo e’ questo.
La nonviolenza e’ questo.
Un abbraccio, con amicizia e stima, dal vostro

Peppe Sini

Viterbo, 28 settembre 2023

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15.9.2023

 

Silvio Antonini

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Stefano Nanni, Dormiveglia sul Tevere, Latif Al Saadi, una storia irachena (Recensione)

 

Stefano Nanni, cooperatore in Medio oriente, scrittore e saggista, attualmente residente in Giordania, presenta questa biografia su di un personaggio da diversi anni, invece, residente a Roma, autore d’una poesia posta su una targa in piazza Ponte Sant’Angelo, n. 30, di cui il volume riprende il titolo.

Nella struttura il lavoro presenta una formula mista: una biografia integrata con passaggi autobiografici in virgolettato, scritti direttamente da Latif Al Saadi, nato a Baghdad, nel 1949, in un Iraq in via ufficiale indipendente, in realtà lasciato dai britannici in mano al clan Al – Hashimi senza mutare le strutture colonialistiche di dominio.

Latif, ancora nell’infanzia, in un mondo che in tutti i suoi angoli reclamava cambiamenti ed emancipazioni, inizia la sua attività politica diffondendo slogan antimonarchici sui pacchetti di sigarette. La realtà del Medio oriente, e più in generale del mondo arabo e di cultura musulmana, nei processi di decolonizzazione ha un modello, per così dire esterno, cioè quello di stampo sovietico, di cui i rispettivi partiti comunisti si fanno interpreti nelle specifiche situazioni, ed un altro, più ascrivibile al blocco dei Non allineati, che fa riferimento dapprima a Nasser e, poco dopo, ai partiti Ba’ath. In linea di principio, un socialismo panarabo a tinte progressiste; nei fatti, una storia non lineare, soggetta a degenerazioni di tipo personalistico e di clan, per cui i processi di sviluppo e di modernizzazione sono avvenuti, e in parte avvengono tuttora, in modo contraddittorio e non del tutto comprensibile per le mentalità occidentali. Significativo il rapporto proprio con i partiti comunisti, condizionati magari dalle relazioni internazionali del momento, talvolta tollerati, altre volte messi al bando ed anche perseguitati con le più drammatiche conseguenze per gli attivisti.   

E questa è un po’ la cifra della vita di Al Saadi che, appena diplomatosi insegnante sportivo, ventenne cresciuto nel turbinio di colpi di stato, dittature e lotte tribali che aveva sin lì segnato la storia del suo Paese, e quindi la sua, decide di iscriversi al Partito comunista iracheno. Siamo nel 1969, mentre in Italia si sta consumando l’Autunno caldo e il mondo è ancora nel crocevia della storia del Sessantotto.

Per Latif, che ha intrapreso la professione d’insegnante, con quella tessera inizia una storia che dura ancora, una storia fatta in larga parte di clandestinità, di guerriglia, per cui Al Saadi si definisce partigiano, cospirazione ed esilio. Una storia principalmente sì tutta irachena ma che ben presto si è fatta anche curda, palestinese, della Nazione araba ed, in ultima analisi, mondiale.    

I guai seri iniziano per Latif con la presa del potere effettiva di Saddam Hussein, quando è arrestato e sottoposto a torture per due mesi. Dopodiché incomincia per lui l’esilio in giro per il mondo, con un ritorno clandestino nel Kurdistan iracheno nel 1982, mentre il suo Paese veniva attraversato da un ciclo di guerre, dapprima con l’Iran e poi con quella che per noi è la Prima guerra del Golfo (1991) e infine, di fatto senza soluzione di continuità, la Seconda (2003).

E qui la questione si fa spinosa, in merito soprattutto a questa ultima guerra contro la quale si schierò quella che, certo esageratamente, venne definita la “Seconda potenza mondiale”, vale a dire il popolo che manifestò in tutto il mondo sotto la bandiera dell’arcobaleno. E se il mondo progressista si poneva contro l’intervento guidato da Bush Jr, il Pc iracheno, pur condannando le bombe, auspicava la caduta di Saddam, al cui arresto, e all’esecuzione, avrebbe infatti festeggiato sventolando le bandiere rosse in piazza. La dicotomia non poteva non creare una frattura. E Latif in quei frangenti veniva ospitato in tv per dire la propria, da persona già perseguitata da quel regime.

Se all’epoca lo si denunciava, oggi, a vent’anni di distanza, si sa con assoluta certezza che quell’aggressione contro l’Iraq fosse pretestuosa – si pensi alla fandonia delle armi di distruzione di massa -, avendo altresì annientato un sistema politico comunque bastione contro l’integralismo islamico, che allora andava riprendendo quota sotto le insegne di Al Quaida. A distanza di vent’anni, solo distruzione e macerie sopra centinaia di migliaia di cadaveri, sanguinose faide tribali per un paese inoltre diventato centro propulsore dell’integralismo islamico, in questi ultimi anni sotto le insegne del Daesh, mentre i comunisti ricoprono, anche qui…, un ruolo del tutto marginale. Sebbene, va aggiunto, non siano recentemente mancati, riportati nel volume, segnali di ripresa di quella che comunemente si chiama società civile.

Latf Al Saadi, certo consapevole di tutto ciò, per nulla intenzionato a suscitare facili simpatie nel lettore, affronta tutto con la necessaria crudezza, disincentivando facili entusiasmi. Da ormai un trentennio egli vive a Roma, tra i pionieri di quella professione, oggi diffusa specialmente nella “Roma meticcia”, dei mediatori, nonché apprezzato poeta. E in tutto ciò, egli è ancora comunista, non in senso esclusivamente filosofico o esistenziale: è un quadro del Pc iracheno e giornalista per la sua stampa. Effettivamente, quei partiti dell’Area mediorientale di derivazione Cominform, che, per semplificare, facevano capo a Mosca, non hanno avuto una loro Bolognina dopo l’Ottantanove, nei contenuti e nella forma (forse ciò è accaduto per il Pkk curdo ma questa è un’altra storia), per cui sono restati tali, almeno nel nome. Certo, il loro seguito e la loro presa sulle masse sono comunque andati scemando un po’ dappertutto.

C’è stata però un’epoca in cui non era così, e Latif ne è testimone. Un’era culminata nella Beirut degli inizi anni Ottanta del Novecento, con la confluenza delle forze rivoluzionarie, comuniste e progressiste, da tutta l’Area. Un momento di scambio, confronto e sperimentazione di idee e pratiche in vista d’un avvenire realmente laico e socialista per il Medio oriente.

Pubblicata anche su L’Ottavo

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9.9.2023

Riccardo Infantino

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 La giustizia fai da te

Siamo una nazione assai pragmatica, lo sappiamo: quante volte, spinti dal bisogno immediato o da una presenza assente della istituzione demandata a svolgere un compito per la collettività o per il singolo siamo costretti a provvedere da soli?…

Casi esemplari di questo non mancano: la riparazione di una buca sua strada – un po’ pericolosa, a dire il vero – da parte di un cittadino che però è stato multato e obbligato a togliere la pezza con cui aveva tappata a pericolosa buca, così da farla tornare al fulgido stato precedente…oppure il padre di quella ragazza che lavorava al bancone in un bar, e che è stata molestata pesantemente da un cliente che poi ha pedinato, aspettato sotto casa e gonfiato di botte…ultimo (?) di questa serie il tentativo di scippo ai danni della signora novantenne, finito davvero male per il ladro, preso a colpi di casco da moto in faccia e finito in ospedale con il naso fratturato e ferite di vario genere.

Aggiungiamo poi un qualcosa di meno drammatico, ma non meno significativo: un anonimo che segnava con la vernice indelebile la scritta “free parking” sulle auto vetture parcheggiate sulle strisce pedonali o sui posteggi per disabili senza averne diritto.

Si fa presto a dire: “Ah, ma allora ci si deve fare giustizia da soli per ottenere il rispetto del diritto alla sicurezza, vero?”; senza ipocrisia mi viene da pensare che tante, ma tante volte prudono le mani di fronte ad episodi gravi e meno gravi, grazie a quel senso di frustrazione impotente generato dalla consapevolezza che la maggior parte di questi atti criminali o abusi sono destinati a restare impuniti.

Lo sappiamo bene, chiamare il pronto intervento in caso di bisogno comporta attese che potrebbero rivelarsi fatali…e qui scatta quel meccanismo che tutt* abbiamo provato almeno una volta nella vita quando abbiamo subìto un danno o una aggressione o dovuto sopportare per l’ennesima volta un sopruso (come avere diritto ad un posteggio disabili e trovarlo una volta su due occupato da qualcuno che proprio non ne aveva bisogno).

La rabbia sale e l’adrenalina anche, a volte il cittadino si ribella (come recitava quel film di genere “poliziottesco” degli anni Settanta) e prende l’iniziativa per conto proprio…e poi? Se, come temo, episodi di giustizia fai da te dovessero moltiplicarsi diverremmo un paese di giustizieri piccoli e grandi, ma a quel punto verrebbe meno (o forse sta già accadendo) il presupposto che la sicurezza di tutti noi e la sanzione per chi non rispetta i diritti degli altri e li impedisce debba essere compito esclusivo della pubblica autorità e della forza che a volte è costretta ad usare.

Spinti dall’onda emotiva e dalla “punizione” rapida dei colpevoli rischiamo di dimenticare un fattore importante alla base di una società democratica, come la pensarono i nostri padri partigiani: per garantire a tutti l’accesso ai diritti fondamentali e alla sicurezza alle volte è inevitabile l’utilizzo della forza coercitiva, ma questo compito deve essere limitato alla forza pubblica, che opera sulla base di un protocollo che garantisca l’incolumità dei cittadini e la proporzionalità della risposta ad un atto violento o arbitrario, altrimenti diverrebbe giustificabile scaricare una pistola addosso a qualcuno che ti ha preso a male parole per un sorpasso o un posteggio occupato.

Il punto comunque è un altro: il pronto intervento ha i mezzi ed il personale necessario per agire rapidamente quanto occorre, ci sono risorse un quantità sufficiente per garantire, come si dice, un controllo discreto ma efficace del territorio?

Quando il nostro parlamento ha aderito praticamente in massa alla richiesta europea di destinare una parte dei fondi del piano di ripartenza alla produzione di armi e munizioni che prenderanno la via di altri paese si è chiesto se fosse il caso di dare cospicui incentivi alla forza pubblica, che non solo in Italia ha un deficit di mezzi e personale, oppure questa situazione di insicurezza potrebbe giovare a creare un clima che giustifichi soluzioni drastiche di tipo repressivo (organizzo una bella retata in una zona dominata dalla camorra ed inasprisco le pene dei reati commessi da minorenni, così tutti si metteranno paura e righeranno dritto…) più che preventivo?

Perdonate i tanti punti interrogativi e la concitazione del mio scrivere, ma non vorrei perdere di vista che l’unico modo per non arrivare ad episodi di autogiustizia (che per ora non sono sfociati in tragedia, ma sospetto non sia necessario attendere molto), in reazione ad atti criminali che altrimenti resterebbero impuniti, è avere la consapevolezza che lo Stato (quello composto da tutti i cittadini, compresi i parlamentari da questi eletti) abbia la capacità concreta e reale di intervenire attraverso una forza pubblica efficace e non repressiva, e da non ultimo si avvalga di una Magistratura davvero indipendente, non intasata da serie infinite di cause pendenti per mancanza di giudici, garantendo così la così detta certezza della pena.

L’alternativa è quella di agire al di fuori delle regole, esasperati dopo l’ennesimo sopruso; in una recente intervista Nicola Gratteri mi ha fatto venire i brividi perché ha detto quello che avevo pensato alcuni anni fa in tempi non sospetti, che se passasse la riforma della giustizia tanto caldeggiata dal ministro Nordio non sarebbe possibile per la gente comune (leggi: per chi non gode di una posizione privilegiata o non ha appoggi potenti ed importanti) avere quella giustizia proporzionata al fatto commesso in tempi ragionevoli, e molti, troppi, intraprenderebbero la strada del regolarsi da soli, facendola divenire una forma culturale diffusa e consolidata, e a quel punto la democrazia non sarebbe più tale.

Sarebbe necessario fare massa critica, essere in tanti ognuno per come può e sa, chiedere prevenzione e risorse per questa prevenzione; un popolo di forcaioli e giustizieri non ha molte speranze di essere libero e di vivere sicuro.

Saluti antifascisti a tutt*

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7.9.2023

 

Silvio Antonini

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Otto settembre 1943, i volti della Tuscia nella Resistenza

È la mattina del 9 settembre 1943, la III Divisione tedesca Panzergranadieren sta percorrendo la Cassia in direzione di Roma, quando, all’altezza di Monterosi, trova il posto di blocco presidiato da un plotone di guastatori dell’84º Battaglione misto del Genio, Divisione corazzata Ariete. Al comando c’è il Sottotenente del Genio militare Ettore Rosso, originario del Piacentino, che, per impedire la forzatura, fa brillare il sistema di mine preposto, uccidendo tredici motociclisti della Wermacht e cadendo anch’egli nell’azione, circostanza che avrebbe scongiurato pretesti per rappresaglie.

Rosso, insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, aveva quindi compiuto per l’Alto Lazio la prima azione militare di quella che sarebbe stata poi chiamata Resistenza. Azione in linea con quanto stava accadendo nel resto del Paese e in altre aree, specialmente i Balcani, dove il Regio esercito si trovava in qualità di occupante per il fronte nazifascista. Il giorno prima, l’8, alle ore 19.42, dai microfoni radio dell’Eiar, in via Asiago, 10, lo stesso Capo del Governo italiano, Pietro Badoglio, aveva reso pubblico il trattato di Armistizio, firmato cinque giorni prima a Cassibile, Siracusa. I termini del comunicato sono notoriamente ambigui: si dichiara accolta la resa proposta al Generale Eisenhower, si ordina perciò di cessare le ostilità contro gli eserciti alleati e di reagire “ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”, senza specificare di quale provenienza potesse trattarsi. La risposta nazista è rapida ed inequivocabile: l’Italia è ormai un paese ostile per cui si procede all’immediata occupazione. Anche i Savoia intuiscono la situazione e, infatti, si dànno subito alla fuga verso Brindisi, lasciando l’Esercito e la popolazione tutta senza ordini precisi.

Per l’Italia la guerra è ormai persa; inizia nei fatti la cobelligeranza al fianco degli Alleati, grazie all’impegno dei soldati che si rifiutano di collaborare con i nazisti, di arrendersi e di consegnare le armi. Un fenomeno diffuso di cui Cefalonia è l’episodio più celebre e paradigmatico. Nei territori occupati, i militari italiani prendono anche parte alle lotte di liberazione già organizzate ed attive sul posto, riscattando così il nome dell’Italia. Per oltre 600mila soldati ha inoltre inizio il dramma della deportazione nei campi di concentramento nazisti. Hitler si rifiuta di riconoscere ai “traditori” italiani lo status di prigionieri di guerra, soggetti cioè a tutte le convenzioni sui diritti in proposito, definendoli Internati militari italiani (Imi), per essere ridotti in schiavitù, nello spregio dei più elementari princìpi di umanità.

In Italia, intanto, si organizzano le formazioni partigiane, spesso su iniziativa di personalità dell’Antifascismo, con la partecipazione di militari sbandati, renitenti o alleati fuggiti dai campi di prigionia, sfollati: uomini e donne che, a vario titolo e ruolo, con diverse visioni politiche e sensibilità, nelle campagne e nelle aree urbane si impegnano nella guerriglia contro gli occupanti. E mentre il Fronte sale man mano da Sud a Nord ed il Paese è stretto nella morsa tra i bombardamenti alleati e le atrocità dell’occupante nazista, coadiuvato dal collaborazionismo fascista, si inizia a pensare all’Italia che sarebbe venuta dopo il Conflitto. Nelle baracche dei campi di concentramento, in Patria e all’estero, tra i suoni di lingue straniere, sulle montagne, nelle celle delle prigioni o al chiuso nelle stanze di città stremate, si discute e si buttano giù quelle idee per la rinascita civile, in buona parte poi confluite nel compromesso della Costituzione della Repubblica italiana.

L’Otto settembre di ottant’anni fa, quindi, lo spartiacque: una storia collettiva nazionale che si fonda su una miriade di scelte individuali. A tal proposito, tre significative testimonianze per la ricorrenza, in relazione alla Provincia di Viterbo, elencate secondo le date di rilascio o pubblicazione. Trascrizioni integrali dei passaggi sull’argomento in oggetto, con l’aggiunta, a scopo didascalico, di esplicazioni in corsivo. 

 

LUIGI TAVANI

(Viterbo, 12 luglio 1909 – 21 maggio 1972)

Scalpellino, partecipante poco più che bambino alle agitazioni sociali del Primo dopoguerra, membro della Squadra giovanile degli Arditi del popolo, contribuisce alle mobilitazioni contro le incursioni fasciste del 1921-22. Suo fratello, Antonio, scalpellino ed Ardito del popolo anch’egli, è assassinato da elementi in trattativa per passare al Fascio, la sera del 9 luglio 1922. Luigi Tavani è stato tra i fondatori della Sezione di Viterbo del Partito comunista d’Italia. Antifascista durante il Ventennio, nel 1940 aveva aperto una trattoria in via della Volta buia. Il 25 Luglio 1943 lo aveva sorpreso soldato nell’avamposto di Bovalino Marino, da cui era fuggito per portarsi a casa. 

«Sopraggiunse l’8 Settembre, così il nostro lavoro dovette cambiare fisionomia, diventando perciò banda partigiana comunista. Come si costituì la banda? Ricordo che venne da me il compagno Annibale Galeotti; senza sottintesi mi disse che d’accordo con il compagno Biferali Ferdinando di Civitavecchia, dovevamo ricostruire il Pci (sembra una confusione che in effetti non lo è).  Così incominciammo ognuno ad interpellare altri compagni di fiducia fino ad avere il sufficiente per poi indire una riunione per costituire i gruppi con il capogruppo. Il lavoro in gruppi era necessario per snellire l’organizzazione e, in caso si fosse scoperti, fare in modo di non far conoscere tutti gli organizzati. Ora, a distanza di 28-29 anni, sembra di ricordare certe cose come uno scherzo, o meglio come un sogno, quello che è stato fatto sostanzialmente contro l’occupazione nazifascista a favore del popolo oppresso, contro la guerra e per la libertà. Io penso che anche se si è fatto poco, quel poco che si è fatto era sufficiente per essere messi al muro, se scoperti, noi e le nostre famiglie, e fucilati. Come era composta la banda? In un primo momento la formazione era alquanto confusa; Biferali era l’addetto politico ed io il militare; tutti si lavorava alla giornata, in base a criteri propri, senza un piano bene elaborato e una inquadratura organizzativa politico-militare. Avevamo un punto di riferimento nella mia trattoria. Avevamo ripreso i contatti con il Pci e da questo ci pervenivano le direttive che si trasmettevano ad ogni organizzato. Intanto la guerra si era fermata nel Cassinate, le truppe alleate non forzavano la mano nel combattimento e lasciavano che l’Italia venisse distrutta dal Cassinate alle Alpi, sia per i bombardamenti, che gli Alleati si divertivano a fare per demoralizzare la popolazione, sia dalle truppe di occupazione nazifasciste, perché intanto si era costituita anche la Repubblica di Salò. Quello che noi speravamo fosse una cosa sbrigativa, divenne invece lunga e più seria di quanto si immaginasse. Tanto seria che la Direzione del Pci, sapendo che Viterbo è l’anello di congiunzione tra il Centro- sud ed il Nord, inviò da Roma un commissario politico nella persona del prof. Leporatti Mario (che poi è passato alla socialdemocrazia) e l’addetto militare compagno Mangiavacchi Gino» (Luigi Tavani in appendice a: Giacomo Zolla, 30 anni di storia e di lotte dei comunisti di Soriano nel Cimino, 1936-1966, Soriano nel Cimino, La Commerciale, 1972, pp. 239-240).

Luigi Tavani, per un tempo Commissario militare della Banda Biferali, dopo la Liberazione, divenuto commerciante ortofrutticolo, si era impegnato nella Ricostruzione con il Pci, per cui sarebbe stato eletto Consigliere provinciale, e la Cgil, per cui sarebbe stato dirigente Federbraccianti. Nel 1968 avrebbe rilanciato il Comitato provinciale Anpi. Morto d’infarto mentre stava facendo dei lavori nel suo terreno in località Montigliano.

GIACOMO ZOLLA

(Soriano nel Cimino, 5 settembre 1924 – 24 ottobre 2010)

Figlio d’un artigiano di idee socialiste, Giacomo Edmondo Zolla si era avvicinato all’Antifascismo negli anni Trenta, venendone a conoscenza da apprendista presso l’officina meccanica di Settimio David, figura storica del locale social – comunismo. Iniziava subito a cospirare assieme ad altri giovani del posto. Il 25 Luglio 1943 aveva preso parte ai festeggiamenti per la deposizione di Mussolini. Arruolato, l’8 Settembre è a Cuneo.   

 

«Quann’è stato l’8 Settembre stavo a i’ Cinema. Tutti quanti al Cinema, pieno de militari, lì a Cuneo… ’Na bella città. Allora al buio, vinnero due soldati, entrarono: ‘Ragazzi… – se sendiva i’ fruscio…- ragazzi, c’è stato l’armistizio’. Allora i’ compagno mio, che era toscano: “Nun da’ retta a quelli: fanno pe’ fregacce i’ posto…”.

Dopo ’n poco se ’ncominciavano a senti’ le trombe che sonavano la ritirata: Pe-pe, pe-pe, pe-pe. Le trombe militari, perché c’erano diverse caserme a Cuneo… Mentre stavamo lì lungo i’ corso, di fatto nun se sapeva niente: i borghesi domandavano a noi, noi domandavamo i borghesi che cosa era successo. Sicché se formò ’na specie di corteo e io me vinni a trova’ ’n prima fila….» (testimonianza rilasciata nel settembre 2003).

 

Vani i tentativi di farsi passare come civile impugnando un mandolino trovato per caso. Zolla è caricato con gli altri commilitoni sui vagoni bestiame per essere deportato in Germania. Alla Stazione di Torino, non avendo mostrine da gettare alla Croce rossa, scrive un bigliettino, “Sono prigioniero dei tedeschi”, che viene fortunosamente recapitato ai genitori. Si butta dal treno in corsa, come avvenuto in altre tratte ferroviarie, assieme ad altri, rifugiandosi presso dei contadini del Piacentino, aiutati nei lavori di campagna. Da qui scrive ai genitori usando un nome femminile. Riuscito a tornare a Soriano, si adopera per la fondazione della locale Banda partigiana Domenico David – Calogero Diana. Arrestato come renitente alla leva, è rinchiuso nel Carcere di S. Maria in Gradi, a Viterbo, testimone degli orribili bombardamenti del 27 maggio 1944.

Con la Liberazione s’impegna anch’egli per la Ricostruzione nelle file del Pci, per cui è stato Consigliere comunale e provinciale. Zolla, tipografo di professione, si è seriamente cimentato negli studi storici e nella raccolta di testimonianze, compresa la propria, per cui i suoi lavori sono ancora oggi tra le principali fonti per la ricostruzione storiografica dell’Antifascismo, della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e del Secondo dopoguerra nella Tuscia.  

NELLO MARIGNOLI

(Viterbo, 19 aprile 1923 – 23 novembre 2014)

Figlio di un benzinaio – gommista di tradizioni socialiste, Nello Marignoli è arruolato il 26 gennaio 1942 nella Regia marina militare italiana, come radiotelegrafista. Nel maggio dell’anno successivo è inviato sul Fronte greco – albanese, a bordo del dragamine Rovigno, ove ha compiuto cinque missioni. L’Armistizio lo sorprende mentre il Rovigno si trova al porto di Valona.

«Io come radiotelegrafista, l’Armistizio… Io e il collega mio, eravamo di guardia insieme. A un bel momento, su un’onda media, riuscimmo a capta’ una trasmittente potentissima, a onde medie, onde lunghe, onde corte, su tutte le onde – do’ passavi…-, in chiaro, in italiano, dove dicevano che l’Italia aveva firmato l’Armistizio, ecc., ecc. Figurati.

E io prendo ‘sto foglio, lo porto su dal Comandante. C’era il Comandante in seconda. Quando il Comandante in seconda ha letto che l’Italia aveva chiesto e gli Alleati l’avevano accettato, diciamo, l’Armistizio, questo qui cambiò de colore, s’imbestialì come ’na bestia e poi, co’ la pistola in pugno, me minacciò, che se io divulgavo la notizia… Era tutta propaganda nemica.

E ’li tedeschi, però, già s’erano piazzati là a terra. Lì sul porto, sulla baia, c’era come una garitta grossa, che c’era la Finanza; io me ricordo. E ’li tedeschi già c’avevano piazzato un cannone anticarro. L’avevano nascosto dietro: se vedeva e ’n se vedeva. L’avevano puntato esattamente dritto a noi.

Il Comandante però l’aveva visti. C’ha chiamato, dice: “Il piano mio sarebbe questo: segamo le catene, viene l’alta marea, la nave si sposta, loro di notte là non ci vedono, non se ne accorgono che noi s’allontanamo da la riva e non siamo più sottotiro. A quel punto, via: rotta verso Brindisi”. Era un piano spettacoloso.

Il Comandante in seconda sa’ che ha fatto? È andato a terra e ha avvertito ’li tedeschi che il Rovigno, ‘sto dragamine, era in procinto de scappa’.

’Li tedeschi che cosa hanno fatto? Con una lancia motore se so’ staccati da terra, so’ venuti sottobordo. C’era un ufficiale, un sottufficiale e due di loro, armati fino a ’li denti; so’ saliti co’ le minacce, senza saluta’ ’l Tricolore – nu’ je fregava ‘n cazzo – . Lì hanno ordinato al Comandate de fa’ ’n’ assemblea: tutto l’equipaggio a poppa. E ’sto tedesco… Ma chi lo capiva poi ’l tedesco? Manco ’na parola. Però c’era un interprete – diceva che faceva l’interprete – c’ha tradotto tutto quello che ’sto tedesco c’ha detto: che noi dovevamo seguire la guerra co’ ’li tedeschi pe’ la grandezza del Terzo grande reich – capito? -, come camerati… Levavano ’l Tricolore, mettevano la Croce uncinata: tutte ’ste storie.. E poi disse: chi accettava alzi la mano. Il tedesco quanno vide tutto l’equipaggio sull’attenti, calò il Tricolore, alzò la Croce uncinata. Noi, sull’attenti, piangevamo, co’ le lacrime ce se lavavamo ’l viso… Vede’ così ’l Tricolore…

Allora ’l Comandante disse: “Da questo momento siete sollevati dal vostro giuramento. Chi vo’ accetta’ alzi la mano, esce da le righe e va coi tedeschi, altrimenti…”. Nessuno ha alzato la mano. Loro, quanno hanno visto ’sto fatto, so’ diventati ancora più minacciosi. C’hanno dato venti minuti de tempo pe’ sbarca’, pe’ le nostre cose personali, che poi ce l’hanno levate tutte. E così è stato…» (testimonianza rilasciata nel luglio 2006).

 

Internato militare in Bosnia, in campi di concentramento ove svolge la professione di vulcanizzatore, gommista, grazie ad uno stratagemma dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo (Eplj), Marignoli riesce a fuggire assieme altri commilitoni. Si arruola quindi, come Combattente partigiano, nella X Brigata Herzegovaska dell’Eplj, dove è radiotelegrafista. Prende parte alla Lotta di liberazione dei territori jugoslavi sino a Trieste, per fare rocambolescamente ritorno a casa. Qui riprenderà la sua professione di gommista sino al pensionamento. Con la sua morte sarebbe venuto a mancare l’ultimo Combattente partigiano della Città di Viterbo.

La sua testimonianza, ripresa da monografie, documentari audiovisivi e spettacoli teatrali, è, tra quelle raccolte nel Viterbese, sicuramente una delle più intense, coinvolgenti, nonché incisive, per l’epoca resistenziale.

Pubblicato su Tusciaup

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6.9.2023

Antonella Litta

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LADRI DI RESPIRO

Introduzione

Vorrei iniziare con una frase di Raniero La Valle, che letta alcuni decenni fa, mi è sempre rimasta nella mente: “La Pace è il meridiano che incrocia tutti i paralleli”.

Questa affermazione, in tempi di guerra anche in Europa, risuona oggi in tutta la sua semplice e tragica verità sottolineando anche il fatto che solo in condizioni di pace può essere mantenuto il rapporto di reciproca e sana relazione tra i quattro elementi fondamentali per la vita: aria, acqua, terra e fuoco-inteso anche come energia.

La guerra rappresenta invece la condizione più violenta che spezza le relazioni tra le persone, i popoli, inquina l’acqua –avvelena i pozzi-, rende ancora più malsana l’aria, devasta i territori,  incrementa il cambiamento climatico e usa l’energia per distruggere il pianeta e le specie che lo abitano.

Tutto ciò mentre, e con sempre più evidenza, la conoscenza del mondo micro, con la fisica quantistica, come la conoscenza del mondo macro ci svelano la profonda interconnessione e interdipendenza tra tutti gli elementi della rete della vita.

La composizione dell’atmosfera terrestre e dell’aria che respiriamo

La terra è l’unico pianeta del sistema solare ad essere avvolto da un involucro gassoso trasparente e delicatissimo: l’atmosfera. 

Essa è una sottile pellicola di gas che circonda per circa 1.000 km in altezza la Terra – meno di un decimo del diametro terrestre – senza la quale non potrebbe esistere la vita sul nostro pianeta. L’atmosfera terrestre è una struttura molto complessa e delicata per i suoi equilibri chimico-fisici ed ha avuto origine da gas sviluppatisi durante la formazione del pianeta -quattro miliardi e mezzo di anni fa- quando blocchi di materia della nebulosa solare si scontravano e si aggregavano per effetto della forza di gravità. 

È la forza di gravità a trattenere i gas attorno alla Terra e l’attuale composizione dell’atmosfera è il risultato di processi chimici indotti dalle radiazioni solari e dagli esseri viventi avvenuti nel corso di miliardi di anni. Essa è composta di più strati, che in ordine di altezza, dal basso verso l’alto, sono: la Troposfera, la Stratosfera, la Mesosfera, la Ionosfera, e l’Esosfera. La sua composizione chimica media al suolo- ovvero l’aria che respiriamo- è data da: Azoto (N2): 78,08%, Ossigeno: (O2) 20,95%.

A questi due elementi si aggiungono in piccole quantità altri gas. Non tutti gli strati dell’atmosfera hanno le stesse concentrazioni di gas, ad esempio il vapore acqueo è presente quasi soltanto nella troposfera, lo strato più basso, ed è praticamente assente nella termosfera e nell’esosfera, che viceversa contengono quasi tutto l’elio e l’idrogeno. 

L’Antropocene ovvero come abbiamo inquinato anche l’aria

La cattiva qualità dell’aria che si respira nelle città e in prossimità di aree industriali, autostrade, porti commerciali e aeroporti è il risultato di un modello economico e culturale vecchio anche se sempre più diffuso globalmente. 

L’inquinamento dell’aria, ovvero l’alterazione delle sue componenti gassose ha inizio in modo massivo negli ultimi sessant’anni dei duecento di storia industriale- l’epoca appunto definita Antropocene-, una frazione di tempo quasi infinitesimale se confrontata con l’età della Terra, stimata in circa 4 miliardi e mezzo di anni, quelli che ci sono voluti per determinare le caratteristiche fisico-chimiche dell’atmosfera e permesso la vita come la conosciamo sul nostro pianeta. L’utilizzo di combustibili fossili, primi fra tutti il carbone, il petrolio e i suoi derivati, nel settore del trasporto veicolare, marittimo e aereo, nell’industria, nel settore energetico e nell’agricoltura e nella zootecnia intensive, insieme all’incenerimento dei rifiuti, portano il peso della maggiore responsabilità dell’inquinamento dell’aria e del surriscaldamento del clima con le sue tragiche conseguenze per l’ambiente e la salute.

Infatti l’incremento delle temperature si associa anche ad una maggiore concentrazione degli inquinanti atmosferici che con concorre all’incremento della mortalità, soprattutto in estate per diverse cause come dimostrato da studi di ricerca nazionali ed internazionali. 

Dalla combustione dei fossili e dalle attività sopra richiamate, vengono infatti rilasciati nell’aria polveri, il famoso Particulate Matter, indicato anche come PM- polveri invisibili dalle dimensioni che vanno dal miliardesimo al millesimo di millimetro-, e gas nocivi per la salute e l’ambiente che determinano anche danni alla storia delle città, ai monumenti, al patrimonio artistico e culturale e alla vegetazione con le piogge acide generate anch’esse dall’inquinamento atmosferico.

L’aria inquinata dalle attività belliche

Il complesso militare-industriale, che solo raramente viene menzionato, è una delle principali cause del cambiamento climatico e dell’inquinamento dell’aria. L’articolo “Decarbonize the military – mandate emissions reporting pubblicato sulla rivista “Nature”

https://www.nature.com/articles/d41586-022-03444-7) mostra come le forze armate mondiali abbiano un’enorme Carbon footprint -impronta di carbonio- ovvero di livello di emissioni di gas serra. Le stime, per approssimazione, variano tra l’1% e il 5% delle emissioni globali. L’esercito americano è il più grande al mondo in termini di spesa. Se paragonato ad una nazione le forze militari statunitensi avrebbero le emissioni pro capite più alte del pianeta, eppure le forze armate sono in gran parte risparmiate dalla rendicontazione delle emissioni di gas serra.

Da tenere presente poi tra le conseguenze delle guerre la distruzione dell’ambiente e della sua biodiversità e quindi la conseguente riduzione dell’assorbimento di anidride carbonica. 

Gli incendi boschivi sono una conseguenza dei bombardamenti e del lancio di missili ma anche del fatto che, come un jet o qualsiasi altro velivolo, i caccia militari ed aerei da bombardamento  possano bruciare terra e foreste volando a bassa quota o sganciando bombe a grappolo.

Le conseguenze degli incendi di boschi e foreste si riverberano poi anche sulla fauna selvatica, in termini di morte e fuga degli animali e quindi in alterazioni degli ecosistemi a causa della distruzione di habitat e nicchie ecologiche.

Altro elemento di inquinamento dell’aria sono le polveri sottili – PM, gas nocivi, virus, batteri ed elementi radioattivi che possono essere rilasciati nell’ambiente a seguito di distruzione di edifici civili, fabbriche, laboratori, aree militari e centrali nucleari. 

Aria e salute: inquinamento invisibile e malattie visibili

L’aria è uno dei quattro elementi fondamentali per la vita. Un soggetto adulto può rimanere qualche settimana senza mangiare, qualche giorno senza bere ma solo qualche minuto senza respirare.

Ogni giorno respiriamo all’incirca 12000 litri di aria. In ogni atto respiratorio una superficie polmonare, che dispiegata occuperebbe lo spazio di un campo da tennis ovvero circa 75 m2, con i suoi 150-200 milioni di alveoli per polmone, viene a contatto costantemente con l’aria e i suoi componenti.

E’ del tutto evidente che se l’aria è inquinata ovvero se porta con sé polveri-PM, gas nocivi e altri e nuovi microinquinanti come ad esempio pesticidi, metalli pesanti, micro e nanoplastiche e le famigerate sostanze perfluoroalchiliche-Phas – definiti inquinanti immortali- essa ha un inevitabile impatto sulla salute. Impatto che si esplica attraverso meccanismi diretti ed indiretti una volta che questi inquinanti sono penetrati nel circolo sanguigno e tramite il nervo olfattorio, possono raggiungere direttamente anche il cervello, saltando così il filtro polmonare. Molti di questi inquinanti sono stati rinvenuti anche nei cordoni ombelicali e nelle placente e possono interferire con lo sviluppo embrionale, fetale e comportare maggior rischio di malattie nell’infanzia e nell’età adulta 

Gli effetti deleteri dell’inquinamento ambientale sono tanto maggiori infatti quanto è più precoce l’esposizione, e quindi particolarmente vulnerabili sono il periodo gestazionale, neonatale, infantile e adolescenziale 

(file:///C:/Users/anton/Desktop/da%20Trasferire/Lettere.%20Univ.%20e%20varie/15%20JPNIM%20Burgio%20Pandemics.pdf). 

Gli inquinanti atmosferici possono avere effetti tanto sulle vie respiratorie che su altri apparati ed organi, inducendo o contribuendo all’insorgenza di numerose patologie: infiammazione delle alte e basse vie respiratorie, asma (soprattutto in età pediatrica), riduzione dello sviluppo e delle funzioni dell’apparato respiratorio, aterosclerosi e patologie cardiovascolari, dismetaboliche, tumori, malattie neurodegenerative e malattie del neurosviluppo nei bambini.

Tutto ciò è fonte di grande preoccupazione soprattutto alla luce del fatto che l’OMS ci dice che il 92% della popolazione mondiale  respira aria inquinata(https://www.who.int/news/item/02-05-2018-9-out-of-10-people-worldwide-breathe-polluted-air-but-more-countries-are-taking-action)

e l’inquinamento dell’aria è il più diffuso fattore di rischio per la salute a livello globale ed è responsabile di circa 7 milioni di decessi ogni anno.

L’’Italia, dall’ultimo report dell’Agenzia europea all’ambiente – EEA, è il paese dell’Unione Europea che paga il prezzo maggiore in termini di morti premature e anni di vita persi per l’inquinamento atmosferico, sia per il biossido di azoto che per le polveri sottili. Si tratta, complessivamente di oltre 63mila persone, la cui morte avrebbe potuto essere evitata e la situazione peggiore si verifica nella pianura padana (https://www.isdenews.it/morti-premature-e-anni-di-vita-perse-per-linquinamento-atmosferico/), una tra le aeree più inquinate d’Europa.

Di seguito una sintesi delle azioni patogene più studiate dei principali inquinanti dell’aria:

  • Monossido di carbonio (CO): agisce sull’apparato cardiovascolare, sul sistema nervoso e sulla crescita fetale. 
  • Monossido, biossido di azoto e ossidi di Azoto (NOX): infiammazione delle mucose delle vie aeree, riduzione della funzionalità respiratoria, disturbi cardiocircolatori.
  •  Polveri – PM: aumento dei ricoveri ospedalieri, della mortalità, delle malattie respiratorie, delle malattie cronico-degenerative, delle malattie endocrine, delle malattie neoplastiche, del sistema cardiovascolare, delle malattie neurodegenerative e del neurosviluppo nei bambini. 
  • Ozono (O3) – a livello troposferico-: irritante per le mucose, aumenta la frequenza di attacchi di asma e disturbi respiratori, potenzia gli effetti nocivi degli altri inquinanti.
  • Benzene (C6H6): (idrocarburo aromatico) cancerogeno, altamente tossico irrita pelle e mucose, correlato a danno genetico.
  • Biossidi di zolfo (SOx) : irritazione delle mucose nasali e malattie respiratorie. 

Per quanto riguarda il particolato-PM fine ed ultrafine, nel 2013 questo è stato classificato 

dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro-Iarc come cancerogeno certo di classe 1. 

Da tenere ben presente che la comunità scientifica ritiene che solo il valore zero, per le sostanze cancerogene presenti nell’aria e nelle altre matrici fondamentali per la vita, possa tutelare davvero da rischi per la salute umana. 

Quindi dovrebbe essere fatto ogni sforzo da parte delle Istituzioni preposte per ridurre a zero questo inquinante atmosferico a cui tutti siamo quotidianamente esposti.

Conclusioni e proposte

L’Organizzazione Mondiale della Sanità-OMS, la Comunità Europea, l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro-IARC, l’Agenzia Europea per l’Ambiente-EEA, le più importanti e prestigiose Istituzioni scientifiche e società mediche internazionali e nazionali, raccomandano costantemente la riduzione dell’esposizione a tutte le fonti di inquinamento come prima misura per la tutela della salute ovvero: “Salute in ogni politica

(http://www.euro.who.int/en/health-topics/health-determinants/social-determinants/publications/pre-2007/health-in-all-policies-prospects-and-potentials), (http://www.who.int/quantifying_ehimpacts/publications/preventing-disease/en/).

Il diritto alla salute, la tutela del territorio e quindi del patrimonio storico, artistico e paesaggistico, il rispetto delle leggi in materia ambientale e l’applicazione del principio di Precauzione devono fare da orientamento, vincolo e barriera ad ogni scelta di tipo economico-politico e infrastrutturale, ad ogni interesse di impresa che possa compromettere e contaminare beni comuni e fondamentali per la vita stessa come l’aria, l’acqua, il suolo, il cibo e la salute delle popolazioni.

Per ridurre il più possibile l’inquinamento atmosferico è quindi necessario intervenire riducendo drasticamente la produzione di emissioni nocive e rispettare almeno i nuovi limiti di legge indicati dalle Direttive europee e indicati dall’OMS in tema di qualità dell’aria, fino ad arrivare ad emissioni prossime allo zero con scelte in favore dell’energie veramente rinnovabili, dell’agroecologia,  di una corretta gestione dei rifiuti, di attività industriali ecosostenibili, ripensando quindi modelli economici e stili di vita individuali e collettivi ( https://www.isde.it/cosa-facciamo/aree-tematiche/) Anche l’intero sistema dei trasporti deve essere rivisto quanto prima in favore dell’utilizzo di forme di trasporto collettivo e meno inquinanti come il trasporto ferroviario. Mentre drasticamente da ridurre è il traffico veicolare su gomma, anche per le merci, e il traffico aereo e il traffico marittimo mercantile e delle meganavi da crociera poiché utilizzano combustibili fossili con tutte le conseguenze su salute e ambiente già menzionate. 

Dobbiamo prenderci cura della nostra Casa comune e dell’aria, il suo respiro che la abita e ci abita. Ora più che mai.

E’urgente proteggere e tutelare l’ambiente da ogni inquinamento e così proteggere l’aria, la biosfera, gli ecosistemi, la biodiversità e la salute a benefico delle attuali e future generazioni in un’ottica di salute unica e globale- One Health- per tutte le specie viventi sul nostro pianeta (https://www.iss.it/one-health ).

Quindi il primo e più urgente impegno è ancora e deve essere quello per la pace.

Per quel meridiano che incrocia tutti i paralleli.

*

Alcuni testi per approfondire

Autori vari, Pulire l’aria. La vergogna di volare, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2020. 

Autori vari, Inquinamento ambientale e salute per una medicina responsabile”, Aboca, San Sepolcro, Arezzo,2019

Fritjof Capra, Pier Luigi Lusi, Vita e natura una visione sistemica, Aboca, Sansepolcro (Ar) 2014.

Laura Conti, Che cos’è l’ecologia. Capitale, lavoro e ambiente, Mazzotta, Milano1977. 

Pubblicato su Mosaico di Pace a pag. 28

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2.9.2023

Riccardo Infantino

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 Resistenza digitale?

Dal 25 agosto 2023 è entrato effettivamente in vigore il Digital Service Act, uno strumento normativo targato UE che dovrebbe, almeno nelle intenzioni dichiarate, imporre delle regole alla invadenza pervasiva delle corporation più grandi del web (Facebook, Google ed Amazon tra tutte), tutelando l’anonimato dei navigatori (ed acquirenti) e ponendo un freno alla tracciabilità totale dei click, che produce lo scatenarsi di pubblicità personalizzate che compaiono ogni volta che si apre una pagina web, oppure tanto bello spam nella propria casella di posta elettronica.

Fino a qui sembra tutto bello e promettente, ma andando meglio a vedere in questo apparentemente vantaggioso (per i cittadini europei) corpo di norme non può non saltare agli occhi la facoltà di bloccare in tempi rapidissimi (è stato dichiarato un massimo di 30 minuti dalla segnalazione all’intervento di rimozione del contenuto “pericoloso” o di oscuramento del sito nei casi ritenuti più gravi)un contenuto giudicato lesivo della privacy o illegale dal punto di vista civile (copyright, tipicamente) o penale.

Se l’azione a difesa della privacy mi può star bene (onestamente ne ho abbastanza dei banner pubblicitari che tormentano la navigazione e del fatto che i miei dati rimpallino allegramente da una piattaforma all’altra) quello che mi preoccupa è che un soggetto “altro” definisca cosa sia fuori normativa e cosa possa essere illecito penale…specialmente nel secondo caso (sul diritto d’autore ci sarebbe da discutere, il web lo ha di fatto cambiato) si rischia di sottrarre una prerogativa fondamentale all’organo della Magistratura, la sola istituzione chiamata a decidere cosa sia illegale e cosa no, analogamente a come avviene per la Corte Costituzionale, che stabilisce se una legge si conforme alla Costituzione o meno.

Fedele alla mia fama di complottista non posso fare a meno di pensare cosa dovesse accadere se qualcuno di noi, pubblicando su un social ad esempio una riflessione su Abdullah Oçalan, leader del PKK ritenuto organizzazione terroristica dall’ONU e dall’EU (in base a cosa…), dovesse avere non solo il profilo bloccato per un tempo più o meno lungo (mi è successo non molto tempo fa), ma rischiare magari anche la cessazione del profilo o peggio una denuncia per istigazione al reato…esagero?

Ditemi voi, non mi piace saltare a conclusioni forti senza confronto, ma spero proprio che non si debba aprire una stagione di resistenza digitale, costretti a far circolare in occulto notizie o considerazioni ritenute “pericolose” utilizzando il Deep Web (la parte della Rete che si trova sotto il web visibile a tutti, che copre si e non il 10% di tutti i siti) come i giornalisti che operano in paesi da sempre additati come non democratici (la Cina, tanto per citarne uno)…stiamo diventando esattamente come loro?


Saluti libertari ed antifascisti a tutt*

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28.8.2023

Riccardo Infantino

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 Summa lex summa iniuria

(quando l’applicazione della legge è letterale e puramente formale si genera l’ingiustizia)

Come prima cosa vorrei scusarmi per il titolo in latino (deformazione professionale), ma dato che la cultura della antica Roma è alla base del nostro diritto, come ben sanno i poveri studenti di giurisprudenza, che devono sciropparsi un bell’esame di Storia del diritto romano, vale la pena di considerare che hanno sfruttata una esperienza di secoli per capire come e quando andassero applicate le norme del diritto e soprattutto quali fossero i loro limiti.


Sono spinto a questa riflessione indubbiamente noiosa anche di fronte alle recenti sentenze dei tribunali del TAR a proposito delle bocciature scolastiche tramutate in promozioni anche a distanza di anni (dunque prive ormai di effetti concreti), e dalla inquietante tendenza della legge ad interferire in modo pervasivo, non solo in un campo a me familiare come quello dell’istruzione.

Se avessi la competenza di un avvocato o di un esperto di diritto (cosa che mi manca, in effetti) direi che il principio alla base di ogni normativa è quello della ragionevolezza nella sua applicazione; già, perché anche il diritto deve avere dei limiti oltre i quali non può e non deve andare, pena una ferita all’altro principio fondamentale della democrazia, la legge come aiuto e guida per i cittadini, non come coercizione o spauracchio da utilizzare per intimorire qualcuno o qualcosa.

Da alcuni anni diverse scuole si sono fornite di un vero e proprio ufficio legale, neanche fossero delle banche chiamate a rispondere dei capitali dei propri clienti o dei loro eredi; sto osservando come sempre di più ci si sforzi di trovare una norma che disciplini in modo capillare ogni e qualsiasi aspetto della vita pubblica e privata, innescando un meccanismo folle in base al quale ognuno abbia già fissate nei minimi particolari le norme di comportamento in casa e fuori, con la consapevolezza che se si sgarra anche solo di un minimo si è fuori dalla legge, si diventa un pericolo.

Quando esercito la mia professione di formatore di cervelli (questo è il compito d un insegnante) dovrei essere in condizione di lavorare dedicando la maggior parte del mio tempo alla maturazione di ragazzi che mi sono stati affidati, e che un domani potrei ritrovare al Quirinale a giurare fedeltà alla Costituzione perché divenuti Capo dello Stato (e non credo di esagerare), non a pensare nevroticamente a soddisfare tutti gli obblighi formali di una normativa che vorrebbe prevedere ogni e possibile casistica (cosa impossibile), e che per questo diviene contraddittoria e alla fine dannosa.


Voglio dirla grossa, ragazzi: se il totalitarismo è nulla al di fuori, sopra o contro lo Stato, ma tutto all’interno dello Stato, allora potrebbe verificarsi il rischio di incrinare in modo significativo lo spirito della carta costituzionale, basata sulla libertà di scelta, scivolando lentamente verso un totalitarismo legislativo non meno pericoloso: ho paura di essere contestabile, dunque vado a cercare la norma che mi dica esattamente come devo comportarmi, e di lì non mi muovo, non si sa mai.

Chiudo con un ricordo dei tempi della mia scuola: sono stato studente di ginnasio e di liceo negli anni di piombo, e due cose ricordo ancora, la impossibilità di dichiararti neutrale, di far parte del partito degli astenuti, dovevi scegliere, o Salò o Partigiani (preferibilmente i secondi…), e il pericolo contro cui ci metteva sempre in guardia il mio vecchio insegnante di religione, un missionario che aveva visti i luoghi più poveri del mondo (come è oggi padre Alex Zanotelli), ci diceva sempre di fare attenzione alla statolatria, la concezione assoluta e pervasiva dello Stato, che comunque agisce per provvedere al nostro bene individuale e collettivo nei momenti di crisi e di emergenza…oggi capisco, finalmente, cosa voleva dire.

Domanda cattiva per concludere: faccio ricorso perché non mi sta bene la decisione di una commissione di esame o una valutazione di fine anno scolastico: e se non ho i tremila a passa euro che costa una azione di questo tipo devo subire, oppure pensare che la legge è accessibile solo a determinate condizioni (economiche)?


Più che mai saluti antifascisti a tutt*

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12.8.2023

Riccardo Infantino

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 Le vite da vivere

 

 

Ciao Michela (Murgia), leggere i tuoi libri e sentire le tue interviste mi ha fatto pensare a quante vite ognuno di noi ha la possibilità di vivere, se solo ne ha voglia: quella con i familiari, con gli amici, con i colleghi di lavoro, anche con le persone che si incontrano al supermercato, quelle con cui scambi due parole in libertà e poi magari non incontrerai di nuovo…speriamo tutti che il ciclo di queste vite duri il più a lungo possibile, ma alla fine, forse, dovremmo accettare che ad ognuno di noi è stato assegnato un timer impostato su tempi diversi, timer che possiamo rallentare (o almeno ci proviamo), ma che alla fine tende dritto e spedito verso la destinazione finale; mi piace pensare, allora, che la vita di un partigiano (e tu lo sei) sia in qualche modo più intensa di altre, perché si protende verso queste altre.

Diamoci da fare in ogni occasione possibile, almeno avremo messo a frutto ognuna delle nostre vite.

Saluti antifascisti a tutt*

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2.8.2023

Riccardo Infantino

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 La strage, la strage, la strage, la strage…

Ogni 2 agosto alle 10,25 quelli della mia generazione (sono del 1962) rivivono una onda emotiva gigantesca: abbiamo ancora nelle orecchie la voce di Alberto Michelini che in una edizione straordinaria del Telegiornale (all’epoca si scriveva così), interrompendo le trasmissioni, lanciava la notizia della strage alla stazione di Bologna.

Ogni 2 agosto si affollano nella mente le notizie sulle indagini, i depistaggi, i mandanti ed i colpevoli ( o almeno i presunti tali), la politica del terrore e delle bombe che mirava, come sempre nella Storia, a creare uno stato di tensione tale da far accettare una conduzione non democratica del paese, in virtù di una mai fatta cessare emergenza terrorismo.

Quando oggi si parla di stragi la distanza temporale – ormai da Piazza Fontana ci separano oltre cinquanta anni – tende a confondere i fatti, a volte più di quanto qualcuno regolarmente tenta di fare, per questo occorre tenere ben viva la memoria di quegli anni di pezzi di servizi segreti deviati, depistaggi politici e coperture.

Quando andai a vedere Romanzo criminale una scena mi fece sobbalzare: Kim Rossi Stuart (il Freddo) appena uscito dalla stazione di Bologna…mentre l’orologio segnava le 10,25 e tutto saltava in aria: l’efferatezza e la disumanità del gesto erano entrati anche nella sceneggiatura di un film sulla Banda della Magliana.

La strage, la strage, la strage, la strage…ho volutamente intitolato così questo articolo perché da Piazza Fontana, passando per Piazza della Loggia ed altre carneficine si arriva dritti a Bologna, al cuore della così detta strategia della tensione.

Roba di un altro tempo, si potrebbe forse non del tutto a torto dire … ma siamo sicuri che la politica della paura e del credo securitario, che sbriciolano le libertà minime nel nome della salute pubblica o della sicurezza nazionale ed internazionale, siano troppo diversi dalla strategia delle bombe di matrice neofascista?

Noi sappiamo, ma non abbiamo le prove, e Pasolini ci perdoni di aver preso in prestito il titolo di un suo celebre articolo, nel quale ipotizza, alcuni anni prima, un attentato alla stazione di Bologna.

Ricordare, ricordare nella verità e tramandare il sentimento di umanità e ricerca della giustizia potrebbero essere l’antidoto al virus dell’oblio.

Saluti antifascisti a tutt*

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26.7.2023

Riccardo Infantino

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Que viva la revolution!

Ciao a tutt*, torno a scrivere su questa pagina dopo essermi preso un salutare anno sabbatico a scopo di ricarica (a volte ci vuole…), e per prima cosa vorrei ringraziare Piero Belli, che con la sua discreta ma continua presenza mi ha permesso di non mollare.

Sto redigendo questo articolo nella mattinata del 25 luglio, che prendo come spunto per alcune riflessioni tra passato e presente.

Sui fatti che portarono all’arresto di Benito Mussolini, alla pastasciuttata antifascista della famiglia Cervi e a tutto quello che seguì nei due anni successivi lascio la parola a chi ne sa più di me, si esprimerà senz’altro in modo migliore del mio.

Iniziando alcune sparse riflessioni mi viene da pensare che l’uomo forte, il dux mea lux, colui che aveva sempre ragione, venne estromesso proprio dal Gran Consiglio del Fascismo, l’organo che considerava (erroneamente) quasi una sua emanazione; l’uomo forte allora non è sempre tale, ha bisogno comunque di un gruppo che lo sostenga e lo appoggi nelle sue scelte e nelle sue imposizioni, e nel momento in cui tentasse di governare completamente da solo farebbe comunque la stessa fine. Questo porta ad una seconda riflessione: le dittature e le pseudo democrazie (o le democrature, come usa dire ai nostri tempi) hanno bisogno anche di un consenso popolare – consapevole o meno -, senza il quale non avrebbero forza alcuna, dato che la Storia ha sempre insegnato che contro un popolo non si può lottare.

Questo fa nascere in una coscienza antifascista una speranza, magari non a breve termine, di un vero cambiamento di mentalità, la riacquisizione di quella cosa che le nostre madri ed i nostri padri partigiani conquistarono e difesero, la consapevolezza di essere cittadini liberi e coinvolti tutti nelle decisioni politiche del proprio paese attraverso la scheda elettorale; detto in altri termini mi auguro l’estinzione del partito più grosso del nostro paese, gli astenuti, che nelle ultime elezioni politiche hanno raggiunta la percentuale del 46,8 per cento…un bel risultato, non c’è che dire.

In tempi come questi di violazione dei diritti costituzionali nel nome di una sicurezza sociale e sanitaria serpeggia una forte tentazione, come dire, massimalista, balena alla mente il pensiero che forse l’unico modo per cambiare le cose sia prendere le armi e iniziare un movimento rivoluzionario…già, molto romantico (direbbe il Che) e molto sanguinario…ma siamo così sicuri che un bagno di sangue (che tale è stata ed è ogni rivoluzione armata) riesca a cambiare le teste nel profondo? O forse rischieremmo di sostituire un ordine violento con un altro dello stesso tipo, anche se in apparenza opposto?

Tanto per continuare ad essere contraddittorio mi viene in mente ciò che disse Yassir Arafat: ho in un mano un mitra e nell’altra un ramoscello d’ulivo, sta a voi (i suoi interlocutori nelle trattative di pace all’epoca dell’OLP) far cadere in terra l’uno o l’altro.

A questo punto non resta da fare che una sola cosa, perseverare nella sana propaganda dei diritti con il proprio esempio, magari qualcuno reinizia a crederci e a mettere una ancora più sana pulce nell’orecchio a qualcun altro…

Saluti antifascisti a tutti, siempre…

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20.7.2023

Piero2

 

Piero Belli

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Cose così

Non reagiamo più, la reazione è narcotizzata, apparente, incapace di produrre effetti con azioni  di contrasto effettivo. Ci si stupisce, leggiamo proclami di cambiamenti imminenti o condanne esemplari, poi dopo alcuni giorni tutto scema, si defila, esce dalla attenzione. I giornali di carta, le televisioni, le radio, la rete, i social on line, non se ne occupano più. Arriva un’altra notizia che ci indigna nuovamente e conduciamo li la nostra nuova attenzione. La macchina dell’informazione guidata si rimette in moto e ripartono commenti di pancia, ragionamenti, riflessioni, attacchi verbali, minacce di querela.

Quante volte, tutte le estati, escono articoli servizi giornalistici, interviste a medici, psicologi e tuttologi che non mancano mai e così ci ricordano che durante le giornate calde è bene che le persone anziane non escano di casa oppure vadano all’interno di centri commerciali dove c’è l’aria condizionata e di bere molta acqua. Tutti gli anni. Poi leggiamo che qualche operaio muore per qualche malore o incidente lavorando nelle fonderie o facendo su è giù sui ponteggi nei cantieri edili a 66, 67 anni. Oppure leggiamo che una signora che svolge lavori di pulizia intervistata da un giornalista ci dice che la sua retribuzione è di 700 euro al mese, dice che lavorerebbe volentiere 8 ore al giorno, mentre invece ha due contratti di 10 ore la settimana al mattino e un secondo contratto di 17 ore nel pomeriggio. Quando ancora in italia non è stato regolato il salario minimo, si discute su una base oraria di 9-10 euro, in Germania è stato stabilito che non può essere più basso di 13 euro, ma lasciamo stare la Germania, la Francia e gli altri paesi del nord Europa. Qui da noi sono gli stessi sindacati che non vogliono il salario minimo stabilito per legge, ma dicono che deve far parte della contrattazione.

Non abbiamo più la forza di protestare, un esempio? i percettori del reddito di cittadinanza sarebbero dovuti scendere in piazza già a partire dalle prime minacce di riduzione delle fasce di reddito, chiedendo magari che i percettori del vitalizio di Stato rinunciassero ad almeno il 15% delle loro spettanze per garantire a se stessi, alle proprie famiglie una vita non al di sotto della soglia di povertà ossia 780 euro. Accade che il reddito di cittadinanza viene eliminato e nessuno protesta mentre invece i precettori del vitalizio protestano vibratamente a reti unificate  e ottengono addirittura il ripristino per intero dei vitalizi che nel 2018 erano stati leggermente decurtati. Come dire, i poveri non protestano più contro i ricchi e i ricchi approfittano del silenzio dei poveri.

Gli scioperi, negli ultimi venti anni, quanti scioperi sono stati fatti, molto meno rispetto ai venti precedenti. Cosa hanno prodotto questi scioperi a livello di vantaggi economici o di condizioni di lavoro meno pesanti nella contrattazione con le aziende private o con la stessa amministrazione pubblica? Niente, nada de nada.

Ogni anno in Italia I rifiuti radioattivi medico sanitari, di ricerca e industriali è di circa 500 m cubi, come circa tre aule scolastiche, immaginatele piene fino al soffitto di fusti d’acciaio contenente sostanze altamente nocive e pericolose per la vita degli uomini e di tutto l’ambiente organico.

Nel 2022 avviene il commissariamento della Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari), che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. 

Di questa ultima, cosa così, ho intenzione di parlarne più diffusamente in un’altra riflessione se avrò tempo.

Cose così, i partigiani non le avrebbero digerite con facilità. Ogni epoca ha i suoi uomini.

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13.6.2023

 

Silvio Antonini

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In morte di B

Non gioisco per la morte né per il dolore, se non morali, di nessuno. Forse anche perché la mia incazzatura con quella che convenzionalmente ancora si chiama sinistra è talmente elevata che la quota d’odio da destinare al resto è irrisoria. Ho, a riguardo, conosciuto talmente tanti viscidi e squallidoni che si nascondono dietro agli alti valori, compresi quelli della Resistenza (sì, ce li vorrei proprio vedere a rischiarsi qualcosa…) per farsi gli affari propri che chi li sbandiera apertamente mi lascia quasi nell’indifferenza dell’ovvio.
Ora, più che per le verità giudiziarie che, come nella lettura dei gialli, mi è difficile seguire, B. ha incarnato, più che promosso, il declino politico-morale del Paese. Forse è proprio con le tv private, e con la diffusione dell’eroina, che ci siamo definitivamente trasformati da popolo a consumatori, clientela. In questo declino, B. ci ha messo i soldi, e in questo declino non poteva mancare la riabilitazione del Fascismo. Sono quasi venti anni da quella clamorosa intervista fatta nell’estate 2003 da quel giornalista britannico sul pazzerello che era in Italia a ricercare le tracce del mito mussoliniano e di cui ora non mi sovviene il nome. Lì, B. disse che Mussolini si limitava a mandare gli oppositori politici in vacanza, accogliendo di fatto quel revisionismo strumentale che dall’accademia si apprestava a dilagare nella pubblicistica e nelle istituzioni. Nel settembre, per Mondadori, sarebbe uscito Il Sangue dei vinti. Nell’inverno sarebbe stato istituito il Giorno del ricordo. Poi, tutto è venuto da sé.
Per tutto ciò era occorso un retroterra, diciamo, culturale, con gli anni Ottanta. Non a caso lo spostamento a destra dell’elettorato giovanile si ebbe per la prima volta nelle fatidiche Politiche del 1994, quando accedevano al voto i giovani nati nei Settanta, cresciuti con le private 24h.
A tutto ciò non è stato, nei fatti, posto un argine. Si sono cercati espedienti sulla vita privata, sul passo falso ma, nella realtà effettuale, è stata una rincorsa.
In politica estera, nel posizionamento italiano sullo scenario internazionale, facendo ricorso ai famigerati se, non credo che l’assenza di B. avrebbe comportato un diverso orientamento. Anzi, la c. d. sinistra ha inteso essere più realista del re, più atlantista della Nato. Si è così arrivati, alla fine, con B. che sull’attuale conflitto Usa – Nato in Ucraina ha detto cose sensate, e qualcuno ha ironizzato “Finalmente un discorso di sinistra”: Ironia che, amaramente, come il più delle volte accade, sottende il vero.
In merito alla parabola berlusconiana, e all’incapacità effettiva di fronteggiarla, è emblematica una circostanza risalente alle Politiche 2001, quelle del Rutelli guzzantiano “Ricordati degli amici!”. B., molti ne avranno memoria, fece inviare a tutti gli elettori un fascicolo stile rivista gossip intitolato, mi pare, Una storia italiana. Un apologo di vanagloria sui risultati ottenuti. Luigi Pintor dalle colonne de “il manifesto” scrisse, cito a memoria, che se quello era un libro, il cavallo di Caligola era un senatore, e concludeva con un auspicio confidando sulla saggezza degli italiani, per i quali valeva l’adagio “Chi si loda si imbroda”, in base a cui quella pacchianeria sarebbe uscita penalizzata dalle urne. Forse mai adagio è stato più infondato.
In merito alla foto. Ora posso dirlo ufficialmente: quella scritta non l’ho fatta io, pur essendo sotto casa mia. Ce l’ho trovata quando mi sono trasferito qui. Ebbene, mi giunse nota del fatto che qualcuno me l’avesse attribuita, in base alla mia storica fede rossonera. Sono quelle punte, di chissà quanti iceberg, arrivatemi all’orecchio. Effettivamente nell’infanzia e nella prima adolescenza sono stato un acceso milanista, tra l’altro per via d’un cugino che vive a Roma, circostanza curiosa. E ho con gioia vissuto i grandi conseguimenti della Presidenza B. Ignaro che in futuro, quell’omonimia, mi avrebbe perseguitato.
Poi sono sopraggiunte altre passioni di tenore, potremmo dire, più razionale: seguo il calcio con distacco e provo più interesse per elementi contigui, come le tifoserie o lo sport popolare, ma non posso dirmi tifoso: non riesco a legare il mio stato d’animo ad un risultato calcistico, per intenderci.
Comunque, quella rossonera, è una fede nobile. Oggi le cose sono cambiate, ovviamente in peggio, ma la tifoseria milanista rappresentava l’anima popolare di Milano: i “cacciaviti”. Lì, significativamente nel Sessantotto, è nata la prima organizzazione ultrà in Italia: la Fossa dei leoni.
 
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24.5.2023

Piero2

 

Piero Belli 

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Disastro ambientale nell’Emilia Romagna

Nei giorni scorsi ha   piovuto a dirotto sul nord Italia e nell’Emilia Romagna ha causato un vero e proprio disastro con allagamenti in vaste parti del territorio agreste e urbano. 280 frane attive in oltre 60 comuni; più di 400 strade che sono distrutte o interrotte. Sono oltre 40 i Comuni alluvionati, 10 mila gli sfollati e migliaia anche le persone senza corrente. Impressionante la vastità delle zone colpite. Dati (ripresi il 18 maggio), destinati a cambiare, aumentando il disastro che a memoria d’ uomo non si è mai verificato negli ultimi 80 anni così ripetano gli anziani.

 Secondo L’Ispra: “Il cambiamento climatico amplifica le conseguenze dei dissesti di un territorio molto fragile” e Francesca Giordano, ricercatrice dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha detto: “Dare la colpa solo al cambiamento climatico è un modo per non voler prendere la responsabilità di quanto sta accadendo. Questi fenomeni derivano da una combinazione di eventi. Il cambiamento climatico amplifica le conseguenze dei dissesti di un territorio molto fragile. Senza dimenticare gli errori legati a una gestione non attenta del territorio stesso a partire dalla insufficiente manutenzione dei corsi d’acqua fino all’eccessivo consumo di suolo”.

L’Emilia-Romagna è una delle regioni in Italia in cui sono più alti i valori di consumo di suolo anche nei territori a livello alto di pericolosità idraulica. Si costruisce ancora in zone pericolose andando a esporre le popolazioni a rischio. Ci sono edifici, forse condonati nel tempo, che si trovano a essere a ridosso degli argini dei fiumi. L’impermeabilizzazione del suolo rende il territorio meno adatto e in grado di assorbire l’acqua”. Per la ricercatrice, “questi sono eventi fuori dalle serie storiche” e “senza il cambiamento climatico questi eventi si sarebbero ripetuti ogni 50, 100 anni”. Invece ora sono più frequenti. Ma derivano da problemi pregressi come ad esempio una gestione del territorio non sempre oculata”.

Credo che sia per molta gente, difficile cambiare. Ci si abitua al degrado,

Faenza è praticamente sott’acqua… La voglia di rialzarsi è tanta. Sfollati nel palazzetto dello sport, nei conventi e negli alberghi che hanno dato disponibilità. Tanti giovani volontari

Si parla di crisi climatica, 2 disastri in 15 giorni, però il territorio alluvionato è un territorio “ingegnerizzato” se non si fosse portato via la terra al fiume nelle bonifiche dei primi anni del secolo scorso, la gente sarebbe morta di fame, bisogna anche ricordare che si sono fatte cose allucinanti, si è costruito in posti dove costava poco, la terra, vicino al fiume, qui c’è andata la gente che non aveva tanti soldi per comprare casa. I Calanchi franano si sa, si sono fatti degli interventi negli anni passati ma adesso con questi eventi calamitosi non bastano più. La prima ondata è arrivata inaspettata. La seconda invece sono state date le informazioni per salvarsi e lasciare le case prima dell’ondata. L’emergenza se non torna a piovere si normalizzerà, resta invece il problema degli aiuti, sono sostanziali specialmente per le aziende che hanno tutto o gran parte del loro fatturato con il mercato estero se si fermano per 6 mesi non partono più. 

L’ANPI “esprime profonda vicinanza alle popolazioni colpite da un immane disastro ambientale e umano provocato dall’alluvione” e a sostegno agli alluvionati è partita una sottoscrizione nazionale che durerà fino al 5 di giugno, È possibile effettuare donazioni (https://www.anpi.it/sottoscrizione-nazionale-le-popolazioni-colpite-dallalluvione)

La lotta ambientalista è antifascista perché la giustizia climatica e quella sociale coincidono.

Vorrei anche mettere in luce ancora due aspetti che in qualche modo non possono essere disattesi per un’analisi più esauriente sulla crisi ambientale in corso. Quello che è successo a Cesena, Forlì, Faenza e nel vasto territorio della regione è proprio legato al cambiamento climatico? nel 1951 ci fu l’alluvione del Polesine, ma anche di un terzo del territorio della Sardegna finì sott’acqua. Ancora, Fino a pochi mesi fa si parlava su tutte le testate giornalistiche e trasmissioni radio,televisive, che questa estate sarebbe stata a secco d’acqua in tante parti d’Italia, le immagini del Po in secca imperversavano in lungo e in largo tra social web e televisioni pubbliche e private. Ieri l’altro la notizia che il Po è straripato in più punti in Piemonte.

E l’altra questione che mi piacerebbe approfondire, queste calamità sono dei disastri ma anche ghiotte occasioni per arricchirsi velocemente, in altre parole conviene fare manutenzione oppure si aspetta il disastro per poterci lucrare?

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11.5.2023

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Piero Belli 

 

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La bellezza, la guerra e la ricerca della Pace

Oggi 9 maggio si ricorda la data dell’ assassinio di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia e come tutti gli anni si riporta il pensiero a lui attribuito sulla bellezza. Peppino non lo ha mai espresso.  Deriva dalla sceneggiatura del film ” 100 passi ” che narra la  vita di Peppino, durante un colloquio del film che l’attore, pronuncia : “E allora forse più che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte ‘ste fesserie … bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci?”

In queste frasi, Peppino, anzi, l’attore Luigi Lo Cascio, pone un problema di fondo, ovvero quello del primato della bellezza sulla politica sul capitalismo e sulla lotta di classe.

Per quanto possa valere il mio modesto parere sulla bellezza, La bellezza non è comunista e non è capitalista, Ia bellezza è un sentimento umano,  è uno stato d’animo. La bellezza è qualcosa che abbiamo perso e che continuiamo a cercare, la bellezza ci piace vederla in noi e negli altri, ci piace essere circondati dalla bellezza. La bellezza ci porta alla pace, alla serenità all’uguaglianza. Ci conduce all’ amore.

Eppure continuiamo a farci la guerra, a far morire milioni di uomini, donne, bambini e anziani sotto le bombe, sotto le macerie. Morire di freddo o di caldo, di stenti, di fame, di malattie che sopraggiungono dove si concentrano i profughi. Nei campi di concentramento avviene di tutto: violenza, sopraffazioni, furti, stupri, i più forti, i più fortunati tentano la fuga per mare o affrontando estenuanti marce attraversando confini o nascosti nei tir divenendo così clandestini e giungere nella Libera e democratica Europa che non li vuole.

Possiamo riuscire a fermare la guerra in Ucraina?

come nei film: l’eroe perde la voglia di combattere, non crede più in se stesso, poi arriva il suo mentore e gli ricorda perché, per cosa e per chi deve farlo. Lui si rialza, torna a battersi con rinnovato vigore e vince. Ma funziona solo nei film.

“Dopo più di un anno di guerra in Ucraina e centinaia di migliaia di morti, mettere fine al massacro, cessare il fuoco e dare inizio a una trattativa restano parole proibite”, si legge nell’appello della staffetta per l’ umanità svoltasi lungo tutta l’Italia domenica 7 maggio . “I governi continuano a ignorare il desiderio di pace dei popoli e proseguono nella folle corsa a armi di distruzione sempre più potenti”. 

9 maggio hanno votato al Parlamento UE di usare i soldi del PNRR, anziché per sanità e scuola, per  armi e munizioni per la guerra in Ucraina.

Più precisamente : “Non c’è alcun obbligo da parte degli Stati membri nell’uso dei fondi di Coesione e di quelli del Recovery” per l’aumento della produzione della difesa, ha detto il commissario Ue al Mercato Interno, Thierry Breton. “Se alcuni Paesi vorranno utilizzarli, possono farlo.”

Molti pensano che firmare per l’indizione di un referendum non serva a nulla. Altri cercano di convincerci che è proprio così, non vale la pena. Tanto poi anche se si vince troveranno il modo di affossare e rendere nulla la volontà espressa dal popolo nel referendum. Sono i guardiani del potere. 

La realtà è che forse fare un referendum sull’invio di armi in Ucraina non fermerà la guerra per sempre, ma costringerà chi detiene il potere a rallentare, a trovare altre soluzioni.

La battaglia tra il bene e il male non avrà mai vinti né vincitori, ma solo finché ci sarà chi non si rassegna.

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4.4.2023

L’ORA. UN MESSAGGIO DI SALUTO ALLE PERSONE PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA INTERPROVINCIALE DELL’ANPI DI RIETI E VITERBO SU “PACE, COSTITUZIONE E DIRITTI” CHE SI SVOLGE A VITERBO OGGI, PRIMO APRILE 2023

Carissimo Enrico, care compagne e cari compagni dell’Anpi di Rieti e Viterbo,
mi e’ impossibile partecipare al vostro importante incontro che si svolge oggi a Viterbo sul tema “Pace, Costituzione e diritti”, ma vorrei con queste righe dirvi ancora una volta la mia vicinanza e il mio sostegno.
Oggi piu’ che mai l’Anpi e’ una presenza fondamentale per la difesa della democrazia, della pace, dei diritti umani e della legalita’ costituzionale nel nostro paese.
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1. Opporsi al fascismo che torna
Mentre il paese e’ vittima della barbarie di un governo che ogni giorno esibisce oscenamente, nei proclami e negli atti, la sua matrice neofascista e impone decisioni e politiche non solo oppressive e irresponsabili, ma finanche folli e scellerate, ebbene, la presenza, la testimonianza, l’azione dell’Anpi e’ il cuore della necessaria resistenza intellettuale, morale e civile.
Mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche di riarmo, militarismo e sostegno alla guerra che e’ sempre e solo assassina; mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche razziste e schiaviste il cui esito e’ la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri umani; mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche di oppressione di classe, di bieca complicita’ con sfruttatori, rapinatori e devastatori; mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche che alacremente cooperano alla distruzione del mondo vivente; mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche di favoreggiamento di corrotti e corruttori; mentre l’attuale governo italiano impone infami politiche in flagrante violazione della Costituzione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza antifascista; ebbene, mentre tutto cio’ accade, sempre di piu’ l’Anpi, che della Resistenza antifascista e’ memoria ed eredita’, presenza viva e operante, puo’ e deve essere elemento di aggregazione, di orientamento e di ispirazione non solo per tutte le organizzazioni e i movimenti della societa’ civile, non solo per tutte le forze politiche fedeli alla democrazia, ma anche per l’intero popolo italiano che ha il diritto e il dovere di opporsi a chi sta precipitando il nostro paese nel gorgo della disumanita’.
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2. Opporsi alla guerra che sempre e solo consiste dell’uccisione di esseri umani
Poiche’ salvare le vite e’ il primo dovere di ogni essere umano e di ogni umano istituto, opporsi alla guerra – che e’ in se’ stessa il piu’ grande ed atroce crimine contro l’umanita’ – e’ l’impegno piu’ urgente dell’umanita’ intera.
Occorre fermare tutte le guerre in corso che ogni giorno fanno strage di esseri umani innocenti.
Occorre fermare tutte le guerre in corso prima che esse diventino guerra mondiale e nucleare, e distruggano l’intera umanita’.
Nell’epoca aperta dagli orrori assoluti di Auschwitz e di Hiroshima, nell’epoca in cui lo sterminio di interi popoli e’ tragica realta’ effettuale e lo sterminio dell’intera umanita’ e’ abominevole concreta possibilita’, l’umanita’ deve abolire la guerra dal novero delle azioni consentite. E’ il programma fondamentale dell’Onu, e la convinzione condivisa da ogni persona ragionevole e sollecita del bene comune. La Costituzione italiana questo impegno, questo dovere, lo afferma lapidariamente: “L’Italia ripudia la guerra”.
A chi ancora propugna la guerra, il riarmo, il militarismo, occorre opporre la coscienza nitida e ferma che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita’ e alla solidarieta’, e che quindi salvare le vite e’ il primo dovere; e poiche’ le guerre le vite umane sopprimono, e poiche’ le armi e gli eserciti sono intesi ad eseguire le guerre e quindi ad uccidere gli esseri umani, ne discende che guerre, armi e militarismo sono nemici dell’umanita’ ed e’ quindi diritto e dovere dell’umanita’ intera adoperarsi per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione; adoperarsi per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto; adoperarsi per salvare tutte le vite.
A chi ancora ripete l’ignobile sofisma “fiat iustitia, pereat mundus”, occorre opporre la semplice e chiara argomentazione che se perisce il mondo vivente con esso perisce anche ogni possibilita’ di giustizia.
A chi ancora ripete l’ignobile sofisma “si vis pacem, para bellum”, occorre opporre la semplice e chiara argomentazione che se si prepara la guerra poi si fa la guerra, e che la pace si costruisce soltanto con mezzi di pace: come affermava Gandhi, tra i mezzi e i fini vi e’ lo stesso rapporto che tra il seme e la pianta, cosicche’ chi vuole la pace prepari la pace.
A chi ancora propone retoriche e ideologie razziste e nazionaliste e propone politiche colonialiste e imperialiste, occorre opporre la consapevolezza che siamo una sola umana famiglia in un unico mondo vivente.
A chi ancora ordina, esegue, favoreggia e propaganda uccisioni, devastazioni e distruzioni, occorre opporre la semplice e chiara consapevolezza che la difesa di ogni vita e dell’intera biosfera e’ altresi’ la difesa del diritto delle generazioni presenti e future a una vita degna, anzi: alla vita tout court. Ed e’ anche la difesa dell’intera civilta’ umana, dell’intera storia umana, dell’intera umana vicenda ed esistenza.
A chi ancora si fa servo della violenza onnidistruttiva occorre opporre la nonviolenza che libera e salva: la nonviolenza, che e’ il cuore pulsante, la prosecuzione reale e l’autentico inveramento della Resistenza; la nonviolenza, che e’ la sola politica che puo’ realizzare la liberazione e la salvezza dell’umanita’; la nonviolenza, che e’ la forza motrice e l’orizzonte di senso di tutte le lotte per la condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e di tutti i beni.
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3. Tutto si tiene
La lotta contro la guerra e la lotta contro il fascismo, la lotta contro tutte le dittature e contro tutte le mafie, la lotta per la giustizia sociale e l’eguaglianza di diritti che fonda il rispetto di tutte le diversita’, la lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e la lotta per impedire la distruzione di quest’unico mondo vivente, sono uno stessa ed unica lotta, sono lo stesso fondamentale bisogno e diritto e dovere di ogni essere umano, di ogni umano consorzio, di ogni civile istituzione.
Ed e’ illuminante che oggi ovunque nel mondo il movimento di liberazione delle donne guidi tutte le lotte necessarie alla salvezza e alla liberazione dell’umanita’ intera, poiche’ tutte le lotte di liberazione sono una sola: in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e in difesa dell’intero mondo vivente; e poiche’ la violenza maschile e il sistema di potere maschilista e patriarcale costituiscono la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze, la lotta di liberazione delle donne e’ fondamentale e decisiva per la liberazione comune, la salvezza comune e il bene comune: “donna, vita, liberta’” e’ oggi il motto di ogni persona consapevole degli ineludibili compiti dell’ora.
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Carissimo Enrico, care compagne e cari compagni dell’Anpi di Rieti e Viterbo,
ancora una volta grazie per la vostra presenza e per la vostra attivita’.
Un forte abbraccio dal vostro
Peppe Sini