Stragi naziste, il giudice condanna la Germania a risarcire ma l’Italia sta con Berlino. “Paura di incidenti diplomatici”
Contro le vittime dei nazisti, a fianco della Germania. E’ la posizione dello Stato italiano nel processo per la strage di Limmari del 1943, per la quale il tribunale di Sulmona, il 2 novembre, ha condannato la Germania, come erede del Terzo Reich, a risarcire il Comune di Roccaraso e i discendenti delle 128 vittime per danno “non patrimoniale”. Una sentenzastorica, perché apre la strada ai risarcimenti anche per le altre numerose stragi naziste in Italia, da … Continua a leggere su Ilfattoquotidiano
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Venerdì 23 NOVEMBRE 2017
23 nov. 2014: 3 anni fa ci lasciava NELLO MARIGNOLI (Viterbo, 19 aprile ’23), gommista, Radiotelegrafista della Regia marina militare italiana e Combattente partigiano della X brigata Herzegovaska dell’Eplj. Qui, inedito, al 1° onomastico del figlio Giuseppe, nel ’48.
Ecco, riproposto, il comunicato di cordoglio: http://www.tusciaweb.eu/…/3morto-nello-marignoli-lultimo-p…/
Silvio Antonini
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Domenica 19 NOVEMBRE 2017
a Pesaro
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 2017
Troupe di LA7 e PD di Ostia oggetto di vili atti intimidatori: sdegno e solidarietà dell’ANPI Provinciale di Roma
Dopo l’aggressione ai due giornalisti RAI e le manifestazioni di risposta contro mafia e fascismo ad Ostia, ieri ignoti hanno squarciato le gomme dell’auto della troupe di LA7 e nella notte incendiato il portone della sede del PD locale.
Evidentemente questi “ignoti” vogliono dimostrare che nonostante la grande mobilitazione popolare, mediatica e delle Istituzioni i padroni del territorio rimangono loro; e soprattutto quali metodi intendono usare allo scopo.
Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma esprime profondo sdegno per questi vili atti intimidatori, esprime la propria solidarietà alla troupe di LA7 e al Partito Democratico di Ostia. Auspica che le indagini delle forze dell’ordine portino all’individuazione e punizione degli autori di tali gesti e dei loro mandanti. Auspica un intervento delle Istituzioni nel territorio di Ostia non meramente repressivo, che ci vuole, ma soprattutto volto alla riqualificazione materiale e socio culturale dello stesso secondo i dettami costituzionali: lavoro, salute, istruzione in un ambiente sano e vivibile. Solo così potranno essere sconfitte le forze fasciomafiose che vi spadroneggiano.
Il Comitato Provinciale ANPI di Roma
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17 novembre 1943-2017.
74 anni fa la “Strage dei sardi”. 17 avieri sardi sbandati, più tre locali, fucilati dai nazifascisti in località Montefosco, tra Capranica e Sutri, e nel territorio di Bracciano (4 giorni dopo).
Il doc di Dino Sanna I Martiri di Sutri, con l’intervista all’unico superstite (https://www.youtube.com/watch?v=mjM4Xyq_Ab8)
Salvatore Alessi, Capranica, 20 anni
Piero Barcellona, Oristano, 20 anni
Giuseppe Canu, Dorgali, 23 anni
Emilio Coni, Ales, 24 anni
Piero Contini, Oristano, 19 anni
Salvatore Cossiga, Ploaghe, 20 anni
Giuseppe Deroma, Osidda, 22 anni
Francesco Manca
Salvatore Manca
Giovanni Mè, Ploaghe, 20 anni
Salvatore Meloni, Olmedo
Pasqualino Mereu, Oristano, 20 anni
Giovanni Mezzettieri, Ploagne, 20 anni
Giovanni Mulas, Ploaghe, 20 anni
Gavino Pilo, Ploaghe, 20 anni
Sebastiano Pinna, Osidda, 22 anni
Efisio Piras, Oristano, 26 anni
Giuseppe Riu
Fucilati il 21 nel territorio di Bracciano: Virgilio Andreotti, 21 anni – Antemio Baldi, 21 anni
Silvio Antonini
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Nespolo: “La sentenza di condanna per il Sindaco di Affile è una rilevante conquista per l’Italia democratica e antifascista”
Pronunciata oggi l’attesa sentenza per la costruzione del monumento al criminale fascista Graziani. 8 mesi di condanna al Sindaco di Affile e risarcimento danni per l’ANPI, parte civile
Abbiamo appreso con grande soddisfazione la notizia della sentenza che condanna il Sindaco di Affile e due Assessori, rispettivamente a otto e sei mesi, per la costruzione del Monumento al generale fascista Graziani, responsabile di efferati crimini contro l’umanità in Italia e nel mondo. Una rilevante conquista non solo per l’ANPI – custode e promotrice della memoria della lotta partigiana – che fece formale denuncia costituendosi poi parte civile al processo, ma per tutta l’Italia democratica e antifascista. I valori che fondano la Costituzione vincono ancora una volta.
Carla Nespolo – Presidente Nazionale ANPI
Sacrario gerarca fascista, condannato sindaco Affile
Sentenza anche per due assessori, accusa apologia fascismo per monumento a Graziani
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28 ottobre 2017
Bandiera fascista in piazza Montecitorio: denunciato militante di estrema destra
„Tentava di esporre una bandiera con simbolo dell’aquila fascista“
Fermato e denunciato da polizia e carabinieri un attivista di estrema destra mentre tentava di esporre una bandiera con il simbolo dell’aquila sul fascio littorio in piazza Montecitorio. M.B., queste le sue iniziali, tentava di …
http://www.romatoday.it/cronaca/bandiera-fascista-montecitorio.html
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25 ottobre 2017Un anno fa ci lasciava il Compagno Beniamino Serafini.
Riporto l’articolo pubblicato in occasione della scomparsa da Silvio della Tuscia
Un esempio per tutta la mia generazione, per tutto il nostro territorio!
Beniamino Serafini, amico degli oppressi
Pubblicato il 25/10/2016
Oggi, alle 12,00, all’Ospedale di Belcolle, ha cessato di battere il cuore del Maestro Beniamino Serafini. Aveva 87 anni. Era originario del borgo di Bagnaia, dal 1927 frazione di Viterbo. Sin da bambino aveva espresso le sue posizioni antifasciste avvicinandosi al socialismo, che a Viterbo vantava una nobile e antica tradizione. Dell’immediato Secondo dopoguerra ricorderà soprattutto la fame e gli stenti che non gli avevano impedito di dedicarsi alle buone letture, le prime, come i Quaderni di Gramsci, che uscivano subito dopo il conflitto. Si trasferirà presto nel Comune di Vallerano per insegnare nella locale Scuola elementare. Sarà qui maestro per decenni, attivo anche sul fronte sindacale della categoria. Sarà, per un breve periodo, anche Sindaco del Paese. Nel 1957, verrà candidato alle Elezioni suppletive provinciali nel Collegio di Valentano, lasciato vacante dalla scomparsa di un democristiano. Nel periodico della Federazione Psi, “La Voce dei socialisti” (I, 1957, 1, p. 1), è pubblicata una sua intervista in questa veste, ove dichiara: “Mi batterò con tutte le mie forze perché i problemi delle popolazioni del Collegio, oppresse da una miseria plurisecolare, vengano affrontati e risolti urgentemente”. E non era mera retorica o populismo di facciata: alle parole seguivano i fatti, per cui Serafini, assieme ad altre decine e decine di militanti socialcomunisti del nostro territorio, si era fatto il carcere per il sostegno fattivo alle lotte dei contadini, per debellare quella “miseria plurisecolare” di cui sembra oggi essersi persa memoria. Socialista di sinistra, con il passare degli anni manifestava sempre più insofferenza verso la deriva moderata e ambigua del Psi, per cui, agli inizi anni Settanta, entrava nel Pci.
Ostile alla svolta della Bolognina, assieme ad Angelo La Bella e ad altre autorevoli personalità comuniste del Viterbese, darà vita al Partito della rifondazione comunista, con cui rimarrà fino alla fine. Ricoprirà la carica di Segretario della Sez. Togliatti di Vallerano, quando ancora si usava la bacheca in piazza per esprimere le posizioni e, sempre in piazza, si tenevano i comizi. Di suo pugno molti manifesti scritti a pennarello che, allora, nessuno si poneva il problema di conservare. Nel Partito Serafini manterrà sempre una posizione critica, soprattutto in merito al governismo a tutti i costi e a determinate scelte politiche, segnatamente negli ultimi anni, fedele a quello spirito socialista, radicale e libertario, che aveva abbracciato nell‘infanzia. Con la morte di Beniamino si chiude un’esperienza politica e umana ormai senza pari, dotata di un’intelligenza e di un acume singolari, espressi con aneddoti ed esempi lampanti, e difficilmente confutabili, mutuati dalla tradizione contadina.
Le condoglianze del nostro Comitato provinciale Anpi alla moglie, e compagna di vita, Silvana, ai figli Marco, Elisabetta e Silvia.
L’ultimo saluto, domani, mercoledì 26, alle ore 15,30, presso il Cimitero di Vallerano.
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2 ottobre 2017
MARCEAU PIVERT: “40 ans au service du socialisme”
“Quando assistiamo alle parate fasciste, non abbiamo, forse, nel profondo di noi stessi una sensazione di tristezza? Quando vediamo sfilare a ranghi serrati questi ragazzi, non abbiamo il cuore triste a pensare che se il nostro partito avesse avuto un po’ di dinamismo rivoluzionario e si fosse preoccupato meglio di questa gioventù, al posto di trasformare le nostre sezioni in comitati elettorali, questa gioventù sarebbe stata al nostro fianco?”.
122 anni fa, il 2 ottobre 1895, a Montmachoux, nasceva Marceau Pivert, politico, sindacalista e giornalista della Sinistra socialista francese, Combattente della Grande guerra. Dapprima animatore delle correnti rivoluzionarie interne alla Sfio (il Partito socialista francese), poi, nel ’38, fondatore del Parti socialiste ouvrier et paysan (Psop, Partito socialista operaio e contadino: Pugno su Tre frecce), una di quelle formazioni della sinistra socialista e comunista che non si riconoscevano nella III internazionale, senza perciò aderire alla IV.
Pivert fu, soprattutto, uno dei principali animatori del Front rouge, l’organizzazione promossa dai combattenti della Grande guerra impegnati a fronteggiare il fascismo sul terreno dell’organizzazione squadristica. Proprio in Francia, la patria dell’illuminismo e del suo contrario, l’offensiva fascista, foraggiata dall’Italia, fu fautrice di attività terroristiche che, per modi e finalità, anticiparono quella strategia da noi poi chiamata “della tensione”.
Pivert si spese nel nome di una lotta unitaria ma tenace delle sinistre e delle forze repubblicane contro il fascismo. Con l’invasione tedesca, la Repubblica collaborazionista di Vichy e la conseguente messa fuorilegge del Psop, Pivert riparerà in Messico, da dove s’impegnerà per la Liberazione. Morirà a Parigi il 3 giugno ’58. Riposa al Colombario di Père Lachaise.
Per altre info, la scheda curata da “La Bataille socialiste”: https://bataillesocialiste.wordpress.com/biographie-pivert/
SILVIO ANTONINI
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8 settembre 2017
Così, l’8 settembre alle 18.30, i microfoni di Radio Algeri resero pubblico l’armistizio da parte del generale Dwight Eisenhower; lo stesso fece Badoglio, alle 19.42, attraverso il proclama trasmesso dall’Eiar, la radio di Stato italiana.
Il proclama recitava: “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane.
La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.
Con questo atto, l’Italia cessava immediatamente le ostilità contro le forze angloamericane. Quel proclama, al contempo, non forniva però istruzioni rispetto al come comportarsi nei confronti dei tedeschi. Subito dopo l’annuncio radiofonico, Badoglio si diresse dal re e dagli altri ufficiali, che si trovavano al Ministero della Guerra, per preparare la famosa e ignominiosa fuga, che avrebbe lasciato l’esercito italiano senza ordini e il paese allo sbando: l’Italia venne immediatamente invasa e Roma circondatadai tedeschi.
Era la mattina del 9 settembre quando Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio iniziarono la loro fuga in direzione di Pescara. Quali le disposizioni e gli ordini lasciati ai comandi militari? Nessuno. Nello stesso giorno, alle porte di Roma, avvennero scontri tra i primi resistenti e le forze militari tedesche (Massimo Recchioni Giovanni Parrella: Il Gobbo del Quarticciolo, Milieu 2015).
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5 settembre 2017
Oggi avrebbe fatto 93 anni. Il 5 sett 1924, a Soriano nel Cimino, nasceva GIACOMO EDMONDO ZOLLA. Giacomo per il Martire, “I’ padre mio.., quello era ‘n fegataccio”, Edmondo per lo zio minatore emigrato e morto lavorando. Cospiratore antifascista, Combattente partigiano della David – Diana, tipografo, autore della principale pubblicazione storiografica su Antifascismo e Resistenza nella Tuscia, e altro ancora. Sempre nel cuore di chi lo ha conosciuto e di chi ha letto e ascoltato la sua opera. AUGURI MEMMO!
Silvio Antonini
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Descrizione: La strage di Sant’Anna di Stazzema si inquadra in quella particolare fase della situazione bellica che si apre con l’arretramento dell’esercito tedesco sulla così detta Linea Gotica. In zone di grande rilievo strategico, come i monti a ridosso della Versilia, le Alpi Apuane o la Lunigiana, la presenza di numerose formazioni partigiane, di diverso orientamento (dai garibaldini agli autonomi) rappresentava per i tedeschi un effettivo problema.
Nella zona arrivò in quei giorni la 16. Divisione Panzer-Grenadier delle SS, comandata dal generale Simon, un fanatico nazista, … (per continuare clicca sull’immagine).
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27.07.2017
Nel 10° ann.rio, ripropongo l’articolato comunicato di cordoglio che scrissi in morte di GIOVANNI PESCE (venne anche pubblicato da alcuni giornali on line di cui oggi non c’è traccia). Avevo fatto in tempo a conoscerlo nel Consiglio nazinale Anpi che si era tenuto nel marzo a Riccione. Me lo aveva presentato l’allora nostro Presidente, nonché suo fraterno amico, Biagio Gionfra (qui con lui a Milano nei ’70), assieme alla moglie Nori. Dinanzi a quello che era stato non solo una Medaglia d’oro della Resistenza ma anche un Combattente antifascista in Spagna, esperienza di cui conservava il piombo nel corpo, non seppi dire una parola. Vi scambiai poi solo delle battute in merito al barista che non si vedeva mentre eravamo in fila per il caffè. Mi resta di lui, a livello per così dire materiale, la copia di Senza tregua con dedica e firma che Biagio mii fece fare. Assieme a Bentivegna è l’altra figura epica della Resistenza che ho conosciuto.
CI HA LASCIATI IL PIU’ GRANDE
L’ANPI Comitato Provinciale Viterbo in morte di Giovanni Pesce
di Silvio Antonini (segretario e portabandiera)
Giovanni Pesce, Gianni, nasce a Visone (Alessandria) il 22 febbraio 1918. Con l’avvento del fascismo la famiglia è costretta ad emigrare in Francia, a Grand Combe, dove arriva nel novembre ’24. Il padre fa il minatore mentre la madre apre un’osteria, caratteristica dell’immigrazione italiana nei siti minerari, proprio per i minatori. Gianni frequenta le scuole elementari e frattanto inizia, per 150 Fr. al mese, a fare il guardiano del bestiame, professione caratteristica invece dell’immigrazione infantile. Fa amicizia nelle notti di guardia con un cagnone che ricorderà per tutta la vita, da lui chiamato Medoc.
Quattordicenne, scende in miniera e si trova così a vivere a fianco di lavoratori immigrati di diverse parti d’Europa e Nord Africa. Si avvicina al Partito Comunista Francese proprio quando la destra d’oltralpe sta conducendo una feroce battaglia contro l’immigrazione, a seguito soprattutto di alcuni fatti di nera che vedevano ingiustamente accusati degli italiani. Gianni entra nel vivo della politica in occasione delle amministrative del ‘35. Nell’aprile dell’anno dopo, il Fronte Popolare delle sinistre vince le politiche ma il 18 luglio in Spagna i militari reazionari dànno il via al colpo di stato per rovesciare il governo repubblicano democraticamente eletto. Il conflitto spagnolo acquisisce subito carattere internazionale: il capo della ribellione militare Francisco Franco chiama in aiuto l’Italia fascista e la Germania nazista che non tardano a rispondere mentre, sul versante opposto, confluiscono a migliaia combattenti da tutto il mondo in difesa della Repubblica, arruolandosi come volontari nelle Brigate Internazionali. Tra questi anche il diciottenne Gianni Pesce, che combatte per tre anni consecutivi dimostrando straordinarie doti di abilità e coraggio. È qui che inizia ad imparare l’italiano che non conosceva, combattendo nelle Brigate Garibaldi. Viene ferito in una battaglia, conservando poi in corpo per tutta l’esistenza delle schegge di piombo qui “acquisite”, vista la pericolosità della loro estrazione.
Una volta capitolato il fronte repubblicano si dirige in Francia e quindi in Italia (1940), per cercare lavoro presso alcuni parenti. Non fa in tempo ad arrivare che la polizia fascista lo trae in arresto e lo assegna al confino a Ventotene. Qui si trova con persone del calibro di Eugenio Curiel, Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo, Pietro Secchia ed Umberto Terracini. Questi, tra i crampi della fame e le angherie dei secondini, fanno a Gianni, e non solo, da maestri, sia per l’approfondimento della lingua italiana che per la dottrina politica e le altre conoscenze e “il confino si tramutò in una scuola, in un’accademia di notevole livello” (Giovanni Pesce, Il giorno della bomba, Milano, Mazzotta, 1983, p. 47).
Pesce viene liberato nell’agosto ’43 e, siccome “Oggi in Spagna, domani in Italia”, si reca a Torino ove coordina l’attività dei GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) col nome di battaglia di comandante Ivaldi. I GAP, i soldati senza uniforme: giovani che non devono dare nell’occhio, conducendo una vita all’apparenza borghese, ma che d’un tratto, come se nulla fosse, debbono far fuori un tedesco, una spia fascista, un prezzolato (anche tutti e tre contemporaneamente) o un deposito militare con una raffica di mitra, un colpo secco di pistola oppure con le bombe. Su questi soldati che tennero in scacco i nazifascisti nelle città si è detto e scritto molto, soprattutto con polemica strumentale: non avevano la divisa quindi non erano soldati; come se fosse un vestito a qualificare moralmente un combattente o come se portare a termine azioni di quel calibro, con tutti i rischi che ciò comportava, fosse uno scherzo. E infatti il Pesce gappista esprimeva nostalgia per la guerra civile spagnola, quando con la divisa tutto era più prevedibile e premeditato. Sia da esempio proprio un fatto di cui Ivaldi è stato partecipe, quando coi GAP torinesi stavano andando a fare un’operazione di sabotaggio contro una radio fascista che disturbava il segnale di radio Londra. Durante l’azione i gappisti venivano braccati dai tedeschi e feriti; uno di loro, il giovane Dante Di Nanni, in modo grave. Nella fuga, Ivaldi lo prendeva in braccio e lo portava nel covo partigiano di via S. Bernardino. Ad un certo punto, mentre Di Nanni era da solo nella stanza in attesa del medico, arrivavano i fascisti e i tedeschi. Il ferito, con le gambe paralizzate, iniziava a sparare e a lanciare bombe prima in direzione della porta e poi dalla finestra, facendo fuori diversi fascisti e tedeschi, i quali, pensando che nella stanza vi fossero più partigiani, chiamavano rinforzi. Di Nanni continuava fino all’esaurimento delle munizioni, quando con le ultime energie si aggrappava sulla ringhiera della finestra, alzava il pugno chiuso e si gettava gridando “W l’Italia libera!”. Le decine e decine di nazifascisti, increduli e meravigliati per l’ardimento di questo partigiano ora morto sul suolo, gli facevano l’onore delle armi.
A seguito di questi avvenimenti, Torino si era fatta troppo pericolosa. Pesce nel maggio ‘44 viene trasferito così a Milano ove assume il comando dei locali GAP col nome di comandante Visone. Qui continua, magistralmente e con successo, a portare a termine azioni di sabotaggio e di eliminazione fisica di nemici, spie e traditori. Qui conosce la coraggiosa giovane partigiana Nori Brambilla che sarà sua sposa e fedele compagna per tutta la vita. Del 25 aprile ’45 ricorda: <Fino a ieri ho camminato nelle strade di questa grande città considerando i passanti potenziali nemici, dubitando di tutti, sospettando di ognuno. Oggi, confuso in questa folla amica, è come se uscissi da un incubo. Mi accorgo che le case sono belle case, che le strade sono ampie e che sopra di me c’è il cielo […]. C’è un gruppo di operai, tutti hanno un fucile. Un uomo dà alcuni ordini. Mi fermo ad osservarlo. Mi vede e mi chiede chi sono. Parlo, finalmente parlo. “Sono Visone, comandante della 3a GAP” […]. Quarantotto ore prima eravamo pochi, ora siamo folla. Però, dietro di noi a sorreggerci, ad aiutarci, a nasconderci, a sfamarci, a informarci, c’è sempre stata questa massa di popolo che ora corre per le strade, si abbraccia e ci abbraccia, e grida: “Viva i partigiani”> (G. Pesce, Senza tregua, Milano, Feltrinelli, quinta ed., 2003, p. 306).
Finita la guerra Pesce è tra i fondatori dell’ANPI, per la quale diviene membro del Consiglio Nazionale. Nel ’47 verrà insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare, poiché: “Organizzatore eccezionale ed eroico combattente, dotato di irresistibile leggendario coraggio conquistò con il suo valore un luminoso primato alla gloria delle formazioni garibaldine ed alla storia immortale della Patria”. Nel luglio ’48, a seguito dell’attentato a Palmiro Togliatti, viene chiamato a Roma per costituire la guardia del corpo del segretario. È stato consigliere comunale a Milano per il PCI dal ’51 al ’64. Il forte legame col Partito non gli impedirà di venire a contatto con le nuove realtà della sinistra: nel ’68, a Milano, collabora col movimento studentesco. Mario Capanna ricorda che in quell’anno formidabile girava con lui e quando gli si facevano contro dei carabinieri con atteggiamento ostile li informava che quello che gli era accanto era la Medaglia d’Oro Pesce, circostanza che obbligava i militari a scattare sull’attenti. Anche il collettivo teatrale La Comune di Dario Fo si servirà della consulenza gentilmente messa a disposizione da Pesce per redigere alcuni spettacoli sulla Resistenza. Tra le persone con le quali il comandante Visone stringe rapporti di fraterna amicizia a Milano va ricordato il partigiano Biagio Gionfra, attuale presidente del Comitato Provinciale ANPI Viterbo, che prima di tornarsene a Vignanello gli farà addirittura da autista!
Pesce è stato autore di diverse pubblicazioni, a carattere in larga prevalenza autobiografico, tra queste la più celebre è indubbiamente Senza tregua, uscita nella Milano del ’67, destinata ad influenzare grandemente la sinistra extraparlamentare. Innumerevoli sono invece i suoi contributi su riviste, opuscoli e documentari audiovisivi. Eppure il mito di questo eroe internazionale è riuscito solo in minima parte ad affermarsi oltre l’Italia settentrionale, per motivi quasi inspiegabili.
Nel 1991, contrario alla svendita del PCI, contribuisce alla nascita di Rifondazione Comunista, per la quale ricopre la carica di membro del Comitato Politico Nazionale, riconoscendosi nella corrente Essere Comunisti e collaborando con la rivista “L’Ernesto”.
Nel marzo scorso ha preso parte al consiglio nazionale ANPI di Riccione, intervenendo, seppur con voce flebile, con un discorso fatto perlopiù di ricordi dei moti spagnoli e della Resistenza che ha entusiasmato i presenti.
Gianni Pesce è morto venerdì 27 luglio al Policlinico di Milano, dov’era da qualche giorno ricoverato a seguito d’una caduta in casa.
L’ANPI Comitato Provinciale di Viterbo saluta quello che era il più grande esponente in vita della Resistenza spagnola e italiana e si stringe attorno all’ugualmente valorosa combattente partigiana, vedova Nori.
Viterbo 29/7/’07
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20.07.2017
– Contestazioni e saluti romani ieri a Latina, in occasione dell’intitolazione dei Giardini Mussolini a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone
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11.07.2017
Nel paesino delle Marche ogni 11 luglio si commemorano 5 collaborazionisti che aiutarono le SS. I parenti delle vittime: “Infame oltraggio alla Memoria”
Nel condannare la propaganda fascista il Partito Democratico predica sul piano nazionale la più assoluta intransigenza, su quello locale pratica alle volte un ambiguo lassismo. È il caso di Ostra, piccolo paese di settemila anime in provincia di Ancona, dove le famiglie di tre martiri partigiani, fucilati dalle SS tedesche durante il periodo della Resistenza, vedono la memoria dei propri cari calpestata ogni anno l’11 luglio. Una ferita che si è aperta 73 anni fa e che ancora non si è rimarginata perché il potere “temporale”, il sindaco, e quello “spirituale”, il parroco, contribuiscono in una singolare affinità d’intenti a gettarvi sopra altro sale. Come? Commemorando, a ogni anniversario, la morte di cinque spie nazifasciste proprio di fronte al luogo dove furono fucilati i tre partigiani. L’omaggio da una parte, l’oltraggio dall’altra.
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Tg3
È diventato un caso politico quello dello stabilimento balneare di Chioggia dedicato a Mussolini e che inneggia al fascismo. L’Associazione nazionale partigiani ha chiesto la chiusura immediata, Pd e Sinistra Italiana la revoca della concessione. Il servizio di Rossana Caviglioli per il Tg3 delle 19 del 9 luglio 2017
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Nato a Nepi il 3 Agosto del 1906, quarto di cinque figli, da genitori mezzadri da poco trasferitisi da Montoro (TN).
Fin da ragazzo manifesta interesse per la politica come mezzo per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
Appena ventenne aderisce al neonato PCI che, di li a poco, diverrà clandestino in seguito alla promulgazione delle “Leggi Speciali” da parte del governo fascista.
In quegli anni persegue l’alfabetizzazione del mondo contadino, attraverso la diffusione dei fogli clandestini de l’Unità, convinto che la conoscenza può affrancare la classe operaia dallo sfruttamento.
Fonda la Camera del Lavoro, la Casa del Popolo e la sezione del PCI di cui è primo segretario.
Proprio all’interno della sezione PCI viene aggredito ed accoltellato da una squadraccia fascista.
Per diffondere l’Unità e tenere i collegamenti con i compagni di Roma, periodicamente percorre in bicicletta, nottetempo, i trenta chilometri che separano Nepi da La Storta dove, presso un’osteria, paga con una banconota da una lira, stracciata a metà, a cui l’emissario di turno accosta la metà in suo possesso. Suo nome in codice è “Gregori”, famiglia di possidenti terrieri presso cui presta l’opera.
Richiamato alle armi, partecipa all’avventura dell’ARMIR da cui torna miracolosamente vivo, ma con i piedi con un principio di congelamento.
Nel primo dopoguerra si mette a capo del movimento dei contadini e braccianti, guidando l’occupazione delle terre dei latifondisti. Per questo viene arrestato e perseguito, mentre il popolo inneggia cantando “Evviva Bruttacchino che ce fa magnà, quest’anno la pulenta e st’artranno ‘o pà”.
La nascita della figlia Giuseppina, le condizioni di salute e le insistenze della moglie Anna lo convincono a cessare l’attività politica da leader, ma non smette mai di leggere, da cima a fondo, ogni giorno, l’Unità, seduto in bella vista nella piazza del paese.
La perdita dell’amatissima figlia, per un male incurabile nel 1973, lo porta ad isolarsi sempre più fino a morire, dimenticato da tutti, all’ospedale di Civita Castellana l’8 Agosto 1978.
Archivio dell’Anpi di Viterbo
Premessa del curatore
Trentaquattro buste d’archivio, contenenti 473 fascicoli – di cui 104 muniti di fotografie e sessantadue di manifesti – e 178 sottofascicoli, per gli anni 1968-2002, con documentazione originale che data a partire dal 1944; quattordici buste di materiale emerotecario, contenenti “L’Antifascista”, periodico dell’Anppia (anni 1981-92), e “Patria indipendente”, periodico della Resistenza e degli ex Combattenti (anni 1966-2002), più la mostra Storia e cronaca della Resistenza italiana ed europea.
È la consistenza della documentazione descritta in questo inventario, frutto di oltre 450 ore di lavoro volontario, tra schedatura, ordinamento, selezione e, appunto, inventariazione del materiale.
Il complesso archivistico, depositato presso l’Archivio di Stato di Viterbo, riguarda essenzialmente la documentazione prodotta dal Comitato provinciale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) tra il 1968 e il 2002. Nel 1968, dopo un periodo di stallo, il Combattente partigiano Luigi Tavani riprendeva in mano le sorti dell’organizzazione. Facevano seguito la Presidenza di Alessandro Bonucci (1972-94) e di Luigi Amadori (1994-2002). Con la morte di Amadori, avvenuta il 6 luglio 2002, e la successiva elezione di Biagio Gionfra nel Congresso straordinario tenuto il 15 dicembre successivo, si entra nella fase dell’archivio al momento da considerarsi corrente.
Alla documentazione Anpi qui si aggiunge quella dell’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (Anppia), organismo “fratello” dell’Anpi, la cui finalità è quella di conservare memoria e valori degli imprigionati, confinati, esiliati e assassinati dal regime fascista. L’Anppia si è nei decenni spesso “appoggiata” all’Anpi per ramificare la propria organizzazione. Difatti, nella documentazione qui conservata (relativa agli anni 1981-92), risulta Presidente Alessandro Bonucci, che contemporaneamente ricopriva lo stesso incarico nell’Anpi.
L’archivio si suddivide in tre serie: documentazione e pratiche (a sua volta suddivisa in quattro sottoserie: Antifascisti e partigiani di Viterbo e Provincia, Paesi della Provincia; Antifascismo e bande partigiane della Provincia; Altre province italiane); Attività Anpi e Attività Anppia. La trascrizione dell’inventario consta sia di una versione sommaria, per avere un’idea circa il contenuto delle buste, sia di una analitica, con la descrizione dei singoli fascicoli e sottofascicoli. A quest’inventario vanno ad aggiungersi gli indici delle formazioni partigiane, dei luoghi e dei nomi citati. Uno strumento di ricerca redatto proprio per venire incontro alle richieste che solitamente vengono rivolte alla nostra Associazione.
Al contrario di quanto spesso succede al momento dei depositi d’archivio, la nostra non è una realtà che ha cessato la sua esistenza o esaurito la sua funzione: a partire dal Congresso nazionale di Chianciano (2006), l’Anpi ha aperto le iscrizioni a chiunque fosse vicino ai suoi scopi associativi. Il venir meno dei partigiani, per ragioni anagrafiche, è stato ampiamente compensato da una crescita dell’Anpi che, nel 2009, ha superato i 110 mila iscritti. L’inventariazione e il deposito del nostro archivio è quindi da inquadrare nel complesso delle attività che l’Anpi svolge per salvaguardare la memoria, locale e non, dell’Antifascismo e della Resistenza. Mettiamo a disposizione di storici, studiosi e semplici interessati un patrimonio archivistico ragguardevole, per la nostra storia civile, politica e sociale, senza imporre limiti, cronologici o d’altro tipo, alla consultazione.
Silvio Antonini
Segretario e Portabandiera
Anpi Cp Viterbo
26 agosto 2010
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26 Maggio 2017
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21 Maggio 2017 – 45 anni fa moriva LUIGI TAVANI, “Appassionato comunista, valoroso partigiano”.
Comunicato scritto nel 2012, per il 40°, quando tenemmo una commemorazione presso la sua tomba, al Cimitero di Viterbo.
Il Comitato provinciale Anpi di Viterbo dà appuntamento a domenica 20 maggio 2012, ore 11 all’ingresso principale del cimitero di S. Lazzaro, Viterbo, per cerimonia in ricordo di Luigi Tavani “Appassionato comunista, valoroso partigiano” nel 40esimo anniversario della morte.
Picchetto d’onore, discorso pubblico e omaggio floreale.
Letture di Laura Antonini
Luigi Tavani, nato il 12 luglio 1909 da una famiglia proletaria del quartiere di Pianoscarano, da bambino inizia a lavorare alle cave di peperino Anselmi in località Palanzana.
Nella città dell’acqua e della roccia, partecipa alle battaglie sindacali promosse nell’immediato Primo dopoguerra dai lavoratori della pietra e dell’edilizia, per l’aumento del salario e il miglioramento delle condizioni di lavoro; battaglie vittoriose di cui gioverà tutta la cittadinanza.
Il 2 maggio 1921 è tra la folla che contesta il comizio fascista di Giuseppe Bottai in città e, poco dopo, entra nella squadra giovanile degli Arditi del popolo. Il 9 luglio 1922, l’assassinio del fratello Antonio, “Soldato d’Italia alla fronte, Ardito del popolo in patria”, per mano di ex amici ed ex compagni di lotta in trattativa per passare al Fascio.
Subito dopo, ormai nella semiclandestinità, Luigi Tavani si adopera per costituire la sezione viterbese del Partito comunista d’Italia, il cui fratello Silvano sarà eletto Segretario nel 1924.
Due anni dopo, durante le battaglie contro le leggi eccezionali, Luigi è tratto in arresto insieme ad altri giovani compagni; episodio che segna la fine della sez. comunista in città. Non cessano però le azioni di dissenso di cui Tavani si rende partecipe, con le celebrazioni clandestine del I Maggio in località Palanzana e le attività di soccorso verso i perseguitati politici.
Lasciato il lavoro in cava, nel 1940 Luigi apre un’osteria nel centro storico che, giocoforza, diviene punto di riferimento per gli antifascisti. Due anni dopo è però chiamato in guerra, sull’avamposto di Bovalino Marino (Reggio Calabria). Commette diversi gesti d’insubordinazione e, dopo il 25 Luglio 1943, si dà alla fuga per tornare a casa.
Con l’Armistizio dell’8 Settembre, partecipa alla formazione della banda Ferdinando Biferali, dove sarà Commissario militare. Alla banda, legata alle Brigate Garibaldi e facente riferimento al Raggruppamento monte Soratte, saranno riconosciute ben trentadue azioni, di cui quattordici di guerra, tra sabotaggi, scontri a fuoco, catture di diversi militari tedeschi, protezione dei soldati degli eserciti alleati scappati dalla prigionia e diffusione della stampa clandestina.
Dopo la guerra, Tavani, divenuto commerciante ortofrutticolo, sarà protagonista della vita del Pci, per cui ricoprirà il ruolo di Consigliere provinciale, e della Cgil, come dirigente della Federbraccianti. È del 1968 la sua idea di rilanciare l’Anpi a Viterbo, dopo una fase di stallo del partigianato seguita alla Ricostruzione; ne diviene presidente per il Comitato provinciale.
Il 21 maggio 1972, mentre sta facendo dei lavori nel suo terreno, in località Montigliano, Luigi Tavani muore d’infarto, a quasi sessantatré anni. Poche settimane prima aveva partecipato alla presentazione del libro di Giacomo Zolla 1936-1966, 30 anni di storia e di lotte dei comunisti di Soriano nel Cimino, al quale aveva contribuito con la sua preziosa testimonianza.
Al funerale in piazza dei Caduti, c’è una massiccia partecipazione della cittadinanza. Dal palco, allestito proprio sotto la lapide che ricorda i caduti partigiani del Viterbese, Alessandro Bonucci, che gli succederà alla Presidenza provinciale Anpi, pronuncia l’orazione. Il manifesto funebre della Federazione Pci, che gli intesterà la sezione della frazione di Bagnaia, recita: “Appassionato comunista, valoroso partigiano, la sua vita, alto esempio di impegno civile, è stata interamente spesa per un’Italia libera, antifascista, democratica. Il suo ricordo vivrà a lungo tra tutti gli antifascisti viterbesi che perdono un prestigioso rappresentate. I comunisti abbrunano le proprie bandiere”.
Silvio Antonini
Presidente Anpi Cp Viterbo
Saluti romani durante la messa.
Per ricordare la morte del 28 aprile del 1945 il dittatore Benito Mussolini un centinaio di ‘camerati’ si sono radunati all’interno della chiesa di Santa Caterina a Catania.
Fonte: Il FattoQuotidiano
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Festa della Liberazione 2017
Spettacolo teatrale Drug Gojko di e con Pietro Benedetti.
Storia di Nello Marignoli partigiano viterbese nella resistenza jugoslava.
Nello a Pietro: ma che c’eri pure tu?
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A mio nonno Ulderico Stornelli 39 anni, a mio zio Alberto Poggiani 23 anni, partigiani fucilati nel marzo del 43.
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Audio racconti
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Il genio, il titano e l’antifascista
Il francobollo commemorativo a cento anni dalla nascita
150 anni dalla nascita di Arturo Toscanini. Una vita instancabilmente dentro la musica, da un’orchestra all’altra, da un Paese all’altro, dall’Europa all’America. A lui si deve anche la realizzazione di una straordinaria riforma del teatro lirico. Un punto fermo che si è opposto in ogni modo a quel governo fascista che lo voleva sottomesso
Al maestro Arturo Toscanini, che nei giorni più neri dei delitti fascisti, della vergogna d’Italia e della pazzia del mondo, mantenne senza compromessi gli ideali di Mazzini e di Garibaldi e con fede immortale anticipò l’alba del Secondo Risorgimento Italiano.
Gaetano Salvemini e Giorgio La Piana
Sorgente: Patria Indipendente
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Giuseppe Tacconi (15 agosto 1937 – 5 aprile 2016)
Nel primo anniversario della sua scomparsa, la sezione Anpi “Emilio Sugoni”di Nepi ricorda il presidente Giuseppe Tacconi (15 agosto 1937 – 5 aprile2016), architetto e docente universitario, un antifascista, un uomo buono, generoso, intelligente, un vero costruttore di Pace. Nella sua vita fin da giovane si è sempre battuto per la difesa della democrazia, dei diritti inviolabili di tutte le persone, dei più poveri e degli oppressi. Giuseppe soleva ripeterci continuamente: “ Leggete e rileggete sempre le Lettere dei condannati a morte della Resistenza; è a
loro che dobbiamo la nostra Costituzione da amare e difendere sempre, quella Costituzione che ripudia la guerra, ogni guerra e invoca sempre la Pace”.Siamo grati a
Giuseppe per la sua vita, per il suo insegnamento che cercheremo di seguire ed onorare e che indichiamo ad esempio a tutti i cittadini e in particolare ai giovani.
Direttivo sezione Anpi “Emilio Sugoni”
Nepi, 5 aprile 2017
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24 Marzo 1944 – 24 Marzo 2017; 73 anni fa l’eccidio delle Fosse ardeatine
Riportiamo alcune segnalazioni fatte da Silvio Antonini, Massimo Recchioni e Laura Ciulli
- In questi istanti, 73 anni fa, in via Rasella, Roma, Rosario Bentivegna, “Paolo”, avvicinava la pipa alla miccia collegata all’esplosivo contenuto nel carretto della spazzatura, che scoppiava al passaggio dell’XI Compagnia del Reggimento di polizia altoatesina, Bozen.
Il più formidabile attacco contro l’occupante nazista in una capitale europea, legittimo atto di guerra. La mattina dopo, la vendetta: 335 trucidati alle cave Ardeatine. “QUEST’ORDINE E’ GIA’ STATO ESEGUITO”
Questa è la più celebre drammatizzazione delle due giornate. Lo spettacolo che ha dato fama a Ascanio Celestini, e che ha condizionato gran parte della drammaturgia civile in Italia.
- Roma, Via Rasella, 23 marzo 1944: una bomba esplode improvvisamente colpendo un drappello di soldati SS.
L’attentato, come verrà reso noto in seguito, è un avvertimento della Resistenza italiana contro gli invasori tedeschi. La rappresaglia nazista scatta immediatamente: per ogni tedesco ucciso pagheranno con la vita dieci italiani, scelti tra i detenuti politici e comuni di Regina Coeli e del carcere di via Tasso. È Herbert Kappler il comandante delle SS che compila la lista delle vittime e che, quattro anni più tardi, racconterà, nel corso del processo a suo carico, la dinamica dell’eccidio. Il 24 marzo le vittime designate raggiungono le cave di pozzolana lungo la via Ardeatina, scelte per l’esecuzione. Un trafiletto su Il Messaggero del giorno dopo notifica al mondo che il massacro si è compiuto.
L’unità ricostruisce, attraverso l’utilizzo di materiale d’archivio e d’immagini cinematografiche, questa pagina drammatica della Resistenza italiana.
- Sono passati 73 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine.
335 civili italiani, dei quali 75 ebrei, vengono massacrati da un commando nazista guidato da Erich Priebke e da Karl Hass. … clicca qui
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TITO BERNARDINI (1898 – 1944)
Tito Bernardini era nato a Orte, in una casa in piazza del Mercato, il 24 aprile del 1898. Suo padre, Giovanni, era ferroviere con la qualifica di «deviatore». Sua madre, Argentina Bassetta, aveva dato alla luce tre figli, dei quali Tito era il più giovane.
Da Orte poi la famiglia si trasferì, in data imprecisata, a Viterbo; di lì Tito, successivamente, si spostò da solo a Roma. Nel 1940 abitava a Roma, in via Gioberti, a poca distanza dal luogo dove operava il Centro Operativo clandestino «Grottarossa». Il 6 aprile del 1942, Bernardini si era sposato con Clementina Masella, nata a Napoli il 15 maggio 1901. Non fecero in tempo ad avere figli. La vedova morì l’11 febbraio 1988, a Roma, nella sua casa di via della Bufalotta, alla periferia nord della capitale.
Tito militava nel «Movimento Comunista d’Italia – Bandiera Rossa». Ferroviere come il padre, nel 1923 venne licenziato dalle Ferrovie dello Stato per i suoi atteggiamenti antifascisti. Da allora, fece ogni tipo di mestiere per poter sopravvivere.
Quando, nel settembre del 1943, i tedeschi occuparono Roma e requisirono l’azienda dove Tito era impiegato come magazziniere, Tito, pur di non lavorare per il nemico, si licenziò. Fu attivissimo, nella sua Organizzazione e dunque nella Resistenza romana, finché non venne arrestato, a causa di una spiata, il 7 marzo del 1944 dalle SS e dalla milizia fascista.
Fu subito condotto nel lager di via Tasso. Nell’elenco dei fucilandi, compilato personalmente dal boia Kappler, figurava tra quelli sotto inchiesta della polizia in quanto accusato di «propaganda comunista». Nel lager di via Tasso Tito Bernardini fu bestialmente torturato affinché confessasse quanto sapeva sui suoi compagni e sulla sua Organizzazione. Di fronte al suo silenzio, gli spezzarono la schiena a colpi di spranga di ferro; non soddisfatti, quei carnefici arrivarono a cavargli gli occhi. Ma Tito non parlò.
Cieco e impossibilitato a muoversi autonomamente, fu trasportato di peso nel III braccio del carcere romano di Regina Coeli. Di lì, il 24 marzo 1944, portato alle Fosse Ardeatine e fucilato.
Alcune immagini sulla intitolazione a Orte di piazza Titto Bernardini, Martire ortano delle Fosse Ardeatine il 28 ottobre 2016.
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“Con Ilio Muraca perdiamo un costruttore inestimabile di democrazia”
10 Marzo 2017
Cordoglio dell’ANPI nazionale per la scomparsa di Ilio Muraca, partigiano, già componente del Comitato Nazionale e della Presidenza onoraria dell’Associazione
Esprimiamo grande cordoglio unito a intensa commozione per la scomparsa di ILIO MURACA, pluridecorato Generale di Corpo d’Armata, per molti anni componente del Comitato Nazionale ANPI e poi della Presidenza Onoraria dell’Associazione, esempio di coerenza ideale, lucidità intellettuale e integrità morale.
Raccontare il Suo contributo nella Resistenza significa ripercorrere la storia della democrazia in Italia e in Europa: un impegno per la libertà e la convivenza tra popoli perseverato con la stessa sensibilità e capacità anche in tempo di pace.
Le numerose onorificenze al valore a Lui tributate in Patria e all’estero possono misurare solo in parte la Sua statura di grande protagonista delle Forze Armate e della società civile: due Croci di guerra e due Medaglie dell’Esercito Jugoslavo; prima Commendatore e poi grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana; Croce d’Argento dell’Esercito italiano e Cavaliere di Gran Croce.
Muraca ha accompagnato ogni attività operando in favore della cultura e della memoria con una straordinaria lungimiranza. Realizzò una collana editoriale capace di riportare all’attenzione collettiva eventi determinanti per comprendere la lotta contro il nazifascismo, insieme battaglia di popolo e di militari. Per dieci anni Presidente della Commissione di II grado del Ministero della Difesa per la concessione dei riconoscimenti e delle qualifiche partigiane, impiegò in seguito enormi energie per tutelare il Fondo Ricompart, l’Archivio dei Partigiani, ora conservato, grazie alla Sua dedizione, all’Archivio Centrale dello Stato. Collaboratore di Patria indipendente ha continuato a offrire un prezioso contributo per la conoscenza di fatti in cui vennero coinvolte persone comuni e soldati semplici che, altrimenti, sarebbero stati consegnati all’oblio.
Cittadino onorario di Foiano della Chiana, dove era nato. ha ricevuto corali attestazioni di affetto e stima in più città.
Con Muraca perdiamo una personalità e un costruttore inestimabile di democrazia, ma a noi che lo abbiamo conosciuto e abbiamo condiviso tante battaglie civili mancherà soprattutto un carissimo amico.
Ai Figli, alla Famiglia tutta le più sentite e partecipate condoglianze.
La Presidenza e la Segreteria Nazionale ANPI
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L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia 1943-1945 Convegno internazionale di studi 14-16 settembre 2016 Casa della Memoria, via Federico Confalonieri 14, Milano
Negli ultimi due anni 120 ricercatori hanno schedato ogni episodio di violenza su inermi da parte delle truppe tedesche e dei fascisti repubblicani nel periodo 1943-1945. Il progetto, promosso dall’ANPI e dall’INSMLI, è stato finanziato dal Governo della Repubblica federale tedesca sul “fondo italo-tedesco per il futuro” e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri italiano nell’ambito dei progetti per il 70° anniversario della Resistenza. La ricerca ha portato a compimento un censimento di tutte le violenze contro civili e partigiani disarmati, quale ancora mancava, mettendo così a disposizione degli studiosi una massa critica di dati ed informazioni di grande rilievo, per il tramite di un portale dedicato e di un database che, legato a un GIS storico in grado di georeferenziare tutti gli episodi, è oggi fruibile al sito www.straginazifasciste.it Proprio per l’importanza della ricerca, è fondamentale il confronto con studiosi che si sono occupati e si stanno occupando dei temi che sono stati al centro del lavoro: sistemi di occupazione nazisti, regimi collaborazionisti, profili dei criminali di guerra, pratiche di controguerriglia, politiche giudiziarie, evoluzione delle culture militari, delle forme di legittimazione e delle pratiche della violenza contro i civili. Il convegno ha questo scopo e vedrà la partecipazione oltre che dei vertici nazionali dell’ANPI e dell’INSMLI, di rappresentanti del Ministero degli esteri italiano, del Governo tedesco e di studiosi provenienti da tutta Europa. Il saluto del Presidente Nazionale dell’ANPI, Carlo Smuraglia, non sarà il giorno 14, come scritto nel programma, bensì all’inizio dei lavori del giorno 15.
SORGENTE: ANPInews 13-20 settembre 2016
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Comunicato redatto dall’A.N.P.I. – COMITATO PROVINCIALE DI VITERBO riunitosi il 20 febbraio.
Le violenze su un ragazzo indifeso che trascorre in serenità e allegria il suo fine settimana, da parte di un branco selvaggio motivato da quella ideologia dell’odio che si chiama fascismo, non può che suscitare profondo sdegno e ripugnanza in ogni persona che si ispiri ai valori della pacifica convivenza, del reciproco rispetto, della democrazia.
Particolarmente efferato e odioso è l’episodio, per la viltà tipicamente squadristica della sua esecuzione: il branco contro un ragazzo indifeso.
Nessuna tolleranza, nessuna fuorviante e general-generica argomentazione è ammessa di fronte a tali episodi che vanno chiamati con il loro inequivocabile nome: fascismo.
Dire che si è trattato di una lite tra ragazzi, appellarsi a generici richiami alla pace senza entrare nel merito, equivale a nascondere il fenomeno che è sotto gli occhi di tutti e, in qualche modo, colpevolmente, a legittimarlo. Si tratta di rigurgiti della ideologia fascista, si tratta di fenomeni di stampo squadristico che ormai si ripetono con inquietante frequenza.
Per le vie di Viterbo compaiono sempre più spesso vistosi manifesti di chiara ispirazione fascista; manifesti che, peraltro, le autorità preposte dovrebbero rimuovere con tempestività (contrariamente a quanto troppo spesso accade).
Troppe volte episodi analoghi hanno lasciato l’amaro senso della impunità.
È anche indispensabile che in questi casi la giustizia intervenga tempestivamente individuando i responsabili e portandoli al più presto a processo: i tempi lunghi creano sfiducia nelle persone per bene e danno un senso di impunità ai violenti pronti a scatenarsi di nuovo vigliaccamente contro altre vittime.
L’ANPI di Viterbo esprime tutta la propria solidarietà al ragazzo vittima della vile aggressione ed ai suoi familiari.
Auspica che di fronte a episodi del genere l’opinione pubblica reagisca con intelligenza e passione a difesa della pacifica convivenza civile, manifestando nel contempo la propria riprovazione ed il proprio disprezzo (senza se e senza ma) per pratiche di violenza ed intolleranza di chiara marca squadristica e fascista.
Si impegna a portare avanti e a diffondere, in tutte le forme garantite, i valori della nostra Carta Costituzionale nata dalla Resistenza.
A.N.P.I.
COMITATO PROVINCIALE DI VITERBO
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17 febbraio 1945
Partigiana….Elisa Sala, nome di battaglia “anna”.
Nata a Monza nel 1924, uccisa dai fascisti a Monza il 17 febbraio 1945.
Elisa era entrata, giovanissima, nella Resistenza. Staffetta della 150ma Brigata GAP “Diomede”, la ragazza manteneva i contatti tra le formazioni dislocate nel territorio della Brianza e quelle della Bergamasca, avventurandosi in bicicletta verso Lecco e le alture sovrastanti. A volte prendeva la strada verso Trezzo sull’Adda, per raggiungere i patrioti con i quali era collegata ad Osio Sotto o andava verso la Val Brembana.
Un giorno, mentre si trovava con i partigiani di un distaccamento di San Giovanni Bianco, “Anna” apprese da un’altra staffetta che i fascisti avevano fucilato a Vimercate alcuni partigiani. Pensò che sua madre non aveva più da tempo sua notizie e decise di rassicurarla tornando a Monza.
Passando da Vimercate tornò a Monza, riabbracciò la famiglia e il giorno 16, convinta di non essere stata notata, decise di recarsi al cimitero per rendere omaggio alla tomba del padre. Sulla strada non fece caso ad un’auto che la seguiva e dalla quale balzarono improvvisamente fuori due individui; scaraventata nella macchina, “Anna” fu condotta alla casa del fascio e sottoposta a un primo pesante interrogatorio.
Trasferita poi alla Villa Reale di Monza, visto che non parlava, fu sottoposta ad atroci torture e, quando era ormai ridotta in fin di vita, fu eliminata con quattro colpi di pistola alla testa. Il mattino del 17 il cadavere martoriato della ragazza fu notato da un passante sulla strada tra Macherio e Sovico, dove i funerali si svolsero alla presenza della madre straziata e di una gran folla proveniente anche dai paesi vicini.
Nel dopoguerra la città di Monza aveva intitolato a Elisa Sala una scuola media, (oggi nell’Istituto Comprensivo “Salvo D’Acquisto” di via Paganini). Alla valorosa staffetta Riccardo Vinciguerra ha intitolato un libro. Porta il nome di Elisa Sala anche la Sezione dell’ANPI di Macherio e Sovico, che nel 2010 ha organizzato una sua celebrazione con i ragazzi della scuola di Monza.
Sorgente: Amici Anpi
16 febbraio 1943
a Domenikon, in Grecia, l’esercito italiano massacra 150 civili per rappresaglia. Italiani brava gente?… NO, molto più semplicemente hanno occultato le stragi fasciste. «Domenikon», fu il primo di una serie di episodi repressivi nella primavera-estate 1943.
Il generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, emanò una circolare sulla lotta ai ribelli il cui principio cardine era la responsabilità collettiva. Per annientare il movimento partigiano andavano annientate le comunità locali . L’ordine si tradusse in rastrellamenti, fucilazioni, incendi, requisizione e distruzione di riserve alimentari. A Domenikon seguirono eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna: 30 giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani. Poi a Domokos, Farsala, Oxinià. Le autorità greche segnalarono stupri di massa.
Sorgente: AMICI ANPI
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ONLINE I CRIMINI NAZIFASCISTI – Patria Indipendente
Prime informazioni sulle tredicimila carte desegretate dalla Camera. Una documentazione rilevante per conoscere le cause e i responsabili dell’occultamento dei fascicoli relativi alle stragi
Il 16 febbraio 2016 è stata mantenuta una promessa: la Camera dei Deputati, su sollecitazione della Presidentessa Laura Boldrini, che più volte si era espressa in tal senso e personalmente impegnata perché ciò avvenisse[1], ha desegretato 13.000 carte riguardanti i lavori della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti” (2003-2006). E non solo: ne ha messo online l’inventario, sul sito del proprio Archivio Storico[2], creando la possibilità di richiedere direttamente la consultazione di tale documentazione e così riceverne copia digitale. In sintesi, un insieme di trasparenza amministrativa, facilitazione mediatica a favore della ricostruzione storiografica (o giornalistica, o personale perché possibile per ogni cittadino) e concretezza nel lavoro di memoria, che è innanzitutto storia basata su fonti …
Sorgente: ONLINE I CRIMINI NAZIFASCISTI – Patria Indipendente
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E’ morta a Borgo San Dalmazzo all’età di 87 anni, il padre e un fratello erano stati trucidati dai nazisti e un altro fratello era caduto in
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Civita Castellana – Gennaio 2017 – Centro commerciale Marcantoni
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Il 2 febbraio 1944 i Partigiani istituiscono la Repubblica Partigiana del Corniolo
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