
“Quello che sta accadendo a Gaza interroga la coscienza di ognuno di noi, indigniamoci e diciamo no”
Marzo 23rd, 2025 Nessun commento »PAGLIARULO: “UE E GOVERNO ITALIANO CONDANNINO I BOMBARDAMENTI SU GAZA E SOSPENDANO GLI ACCORDI COMMERCIALI CON ISRAELE”
Marzo 18th, 2025 Nessun commento »18 Marzo 2025
“È il martirio di Gaza: ancora centinaia di vittime, uomini, donne, bambini. La ripresa dei bombardamenti e delle stragi voluta da Netanyahu e sostenuta da Trump è stata aspramente deplorata dai familiari degli israeliani ancora in mano ad Hamas, Se l’Unione Europea vuole davvero rendersi indipendente dalle posizioni del presidente USA e difendere il diritto alla vita e alla dignità di ogni persona, come sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE, non basta una generica deplorazione della nuova offensiva; occorre cessare l’invio di armamenti, sospendere l’accordo commerciale del 2000 con Israele, riconoscere lo Stato di Palestina. Il governo italiano si decida a condannare subito i bombardamenti, a rivedere i rapporti economici con Israele fino a quando ci sarà questo governo di estremisti fanatici, a riconoscere lo Stato di Palestina”
Gianfranco Pagliarulo
Presidente nazionale ANPI
Relazione del Presidente Gianfranco Pagliarulo al Comitato Nazionale del 1marzo 2025
Marzo 5th, 2025 Nessun commento »
Siamo in una situazione straordinaria per motivi evidenti. Le vicende di ieri ne danno
una plastica rappresentazione. Alcuni giorni fa abbiamo riunito insieme la Segreteria
e i vice Presidenti per una prima riflessione, per quanto possibile analitica, su quello
che sta avvenendo.
In sede di Comitato Nazionale non riproporrò quel tentativo di analisi relativamente
dettagliato, ma proverò a focalizzare l’attenzione solo su alcuni punti. Prima però
vorrei ricordare che le azioni e le controreazioni ai dazi americani su scala mondiale
potranno portare a un declino dell’economia globale. Il commissario UE agli Affari
economici Dombrovskis ha ipotizzato l’altro ieri un calo del Pil mondiale fino al 7%,
cioè una recessione generalizzata. È bene avere a mente questo possibile scenario che
condiziona qualsiasi strategia per il mondo, per l’Europa, per il nostro Paese e che
potrebbe peggiorare dopo il tragico confronto di ieri a Washington.
I punti che vorrei mettere a fuoco sono i seguenti: pace e guerra; estrema destra
mondiale; Unione Europea; Italia.
Il primo punto: la guerra e la pace. Lo scontro di ieri fra Trump, Vance e Zelensky e
l’attacco violentissimo e ricattatorio verso Zelensky apre molte domande. Come mai
l’incontro è stato a tre? E non a due, i presidenti, o a quattro, magari col ministro
degli esteri ucraino? Per di più Zelensky tutto è tranne che un diplomatico. Perché la
riunione di ieri non è stata preceduta da incontri fra diplomatici? Il formato
dell’incontro è insensato. E perché l’incontro è stato pubblico, addirittura in diretta
televisiva? Assurdo, in particolare davanti ad una incertezza sull’esito dell’incontro.
Poi: era ovvio che Trump avrebbe riproposto la linea che ha sostenuto nelle settimane
precedenti. Se non c’era possibilità di trattativa, perché Zelensky è andato a
Washington? Poco prima dell’incontro, Zelensky ha dichiarato: “Putin è un killer.
Non voglio compromessi”. Il che vuol dire nessun accordo né parziale né totale. Non
trovo altra spiegazione, se non un accordo con alcuni Paesi europei, o dirigenti
dell’UE, che gli hanno garantito una copertura totale, fra l’altro preceduta degli
incontri con Trump da parte di Macron e Starmer. È anche possibile che Zelensky sia
costretto dalle parti più oltranziste del suo governo. Poi è successo qualcosa, la
violenza verbale e il ricatto di Trump, e la situazione è sfuggita di mano, col disastro
a cui abbiamo assistito. È di stanotte questa notizia: Donald Trump sta valutando la
possibilità di interrompere tutte le spedizioni di aiuti militari in corso verso l’Ucraina,
com’era prevedibile dopo lo scontro di ieri pomeriggio. È ovvio che senza copertura
americana non solo la guerra è persa, ma può concludersi con la totale rovina
dell’Ucraina, per il semplice motivo che l’UE e la Gran Bretagna non sono in grado
di dare una copertura militare sufficiente sul breve e medio periodo all’Ucraina.
Qualsiasi riarmo forzoso dell’UE può portare a una operatività solo in tempi medio-
lunghi. A meno che non si profili uno scontro nucleare fra Russia da una parte e
Francia e Gran Bretagna dall’altra. Ma sarebbe ovviamente una catastrofe totale.
Le reazioni immediate e sdegnate da parte di tanti Paesi europei sono comprensibili,
ci stanno, ma segnano una ulteriore frattura con gli Stati Uniti di Trump. Penso che
mai come oggi, dopo l’invasione del 24 febbraio 2022, occorre avere la mente fredda
e utilizzare molta prudenza da parte di tutti, e quindi anche da parte dell’ANPI.
Abbiamo condotto con coerenza da anni una linea sulla tragedia ucraina e che mi
pare tragicamente confermata da tutto quello che è successo dall’inizio della guerra.
Nelle settimane scorse ci siano trovati davanti a quella che appariva una possibile
svolta da parte dell’America di Trump che avrebbe potuto portare alla fine della
guerra. Ma non convinceva una conclusione del conflitto attraverso una abnorme
spartizione delle risorse dell’Ucraina fra Stati Uniti e Federazione Russa, una
spartizione di natura palesemente imperialistica che avrebbe reso l’Ucraina una
specie di Paese fantasma, sostanzialmente senza economia, ovvero con un’economia
a carico dell’Unione Europea. Una soluzione di questo genere avrebbe potuto al
fallimento l’Unione Europea e/o mettere in discussione l’esistenza stessa dell’Ucraina
come entità statale. La questione dette terre rare doveva essere oggetto di trattativa
seria, riducendo al minimo i danni per l’Ucraina, ma tutto è precipitato.
Intanto, pensavo che Trump avesse preso atto che l’Ucraina stesse perdendo la guerra
e che l’insieme di provvedimenti assunti da Unione Europea e Stati Uniti, di invio di
armamenti e le sanzioni, questo insieme, frutto di una politica sbagliata, avesse
pienamente fallito, come effettivamente è. Pensavo anche che Trump avesse preso
atto delle attuali conquiste territoriali della Russia e pensavo che Trump avrebbe
cercato di ottenere il più alto risultato possibile per il suo Paese in questo scenario. E
pensavo che se a un negoziato bisognava arrivare, occorreva operare con alcune
premesse: la Russia deve cessare immediatamente le sue operazioni belliche, semmai
col contemporaneo ritiro delle truppe di occupazione ucraina in territorio russo. La
trattativa deve svolgersi a pari dignità fra Federazione Russa, Stati Uniti e Ucraina e
va trovato – appunto – un compromesso. Se l’Ucraina non può conservare tutte le
terre occupate, a cominciare dalla Crimea, non è detto che la Russia debba mantenere
tutti i territori occupati militarmente. Il negoziato doveva servire a questo.
Bene sarebbe se ci fosse anche l’Unione Europea, ma affinché questo potesse
avvenire l’Unione Europea avrebbe dovuto cessare immediatamente i suoi toni
bellicisti ed esacerbati.
La conclusione era, come diciamo da tre anni, la proposta di una Helsinki 2, e perciò
di un sistema di sicurezza reciproca e di un progressivo abbandono delle armi
nucleari.
Oggi ripartiamo da una situazione completamente diversa. Ove cessasse l’ombrello
americano, il tracollo dell’Ucraina, già in difficoltà, mi sembra certo. A questo si
aggiungerebbe lo svenamento dell’intera Unione, oltre che della Gran Bretagna, con
un indebolimento esiziale di tutto il continente. A ciò aggiungete gli effetti economici
della rottura violenta dell’Unione con Trump, che potrebbe strozzare l’economia
europea con provvedimenti ancora più drastici di quelli già annunciati. L’Unione
deve trovare una vera e totale autonomia dagli Stati Uniti, ma questa non può
diventare una violenta rottura, le cui conseguenze sarebbero imprevedibili.
Penso perciò che con pazienza, fatica e prudenza, nelle nuove condizioni, occorra
ritessere una tela che riporti a un tavolo negoziale solido ed equilibrato, e che
l’Unione, passato il giustificato nervosismo a cui stiamo assistendo, dovrebbe operare
in questa direzione rimarcando però la sua autonomia dagli Stati Uniti, tirando la
corda ma senza spezzarla. In altre parole: dobbiamo faticosamente ritrovare il filo
strategico che porti al negoziato e alla pace in Ucraina, perché l’alternativa è la sua
distruzione e conseguenze pesantissime per l’Unione Europea.
L’idea di trasformare Gaza in un resort turistico corrisponde alla stessa logica
dell’acquisizione forzosa delle risorse dell’Ucraina da parte degli Stati Uniti. Il
disegno americano e israeliano su Gaza va respinto in toto e va rilanciata con ancora
maggiore forze la linea dei due popoli due Stati in reciproca sicurezza. Ma per fare
questo c’è bisogno che tutti i Paesi dell’Unione Europea, a cominciare dall’Italia,
finalmente sganciati dalla dipendenza americana, si decidano a riconoscere lo Stato di
Palestina, da Gaza alla Cisgiordania, e si decidano a sospendere il trattato
commerciale del 2000 fra UE e Israele che prevede – appunto – la sua sospensione in
caso di violazione dei diritti umani.
Secondo punto: estrema destra mondiale. Si è svolto alcuni giorni fa a Washington
un incontro mondiale delle forze di estrema destra che rappresenta simbolicamente
l’avvio di una sorta di internazionale delle destre radicali. L’elemento catalizzatore di
tutte queste forze è senz’altro la figura di Donald Trump. Le destre non sono del tutto
omogenee: Trump, Miley e credo anche Bolsonaro sono uniti da una ideologia che
alcuni chiamano anarco-capitalismo che prevede uno Stato radicalmente privatizzato,
cioè la abnorme conseguenza di un processo che va avanti da alcuni decenni. La loro
ideologia prevede uno Stato governato dal merito, cioè dai tecnocrati, cioè ancora da
una generazione di super ricchi; prevede la cancellazione di qualsiasi intervento nel
campo dell’assistenza sociale, in sostanza uno Stato ridotto all’essenziale, dove cioè
la sua struttura giuridica, di polizia e di sicurezza controlla il pieno rispetto della
privatizzazione tendenziale di tutto ciò che era pubblico e neutralizza o impedisce il
conflitto sociale, già da decenni in crisi in Europa perché scomposto in una
molteplicità di conflitti individuali anche fra lavoratori, a causa della pervasiva
ideologia dell’individuo imprenditore di se stesso, per cui se fallisci è colpa tua.
L’estrema destra americana caldeggia oggi uno Stato ispirato a un neoliberalismo
senza alcun condizionamento né limite, è capeggiato dagli imprenditori tech e dai
fondi di investimento, nega la divisione dei poteri e consegna un potere abnorme
all’esecutivo. Va sottolineato che questo scivolamento verso una concentrazione di
poteri nell’esecutivo si è avviato negli anni 90 con la retorica della governabilità.
Ancora: l’estrema destra americana delegittima gli organismi pubblici internazionali
e riduce la politica alla mera presa d’atto dei rapporti di forza o alla guerra.
Le destre radicali europee, a loro volta relativamente differenziate, sono invece più
legate alla letale tradizione nazionalistica, non hanno la medesima vocazione
tecnocratica, civettano in modo più o meno esplicito con la memoria dei nazifascismi
novecenteschi, con tutto il carico di autoritarismo e di razzismo. Nonostante queste
differenze, l’insieme delle destre radicali è unito dal sostegno all’attuale sistema
economico-sociale, il liberismo, e dal contrasto più o meno dichiarato allo stato di
diritto. È in discussione, peraltro da tempo, il costituzionalismo democratico, ma oggi
sono in discussione persino i princìpi della rivoluzione francese, cioè i princìpi che
ispirarono l’avvento della borghesia al potere e che hanno segnato gli albori dello
Stato moderno.
Di questa generale regressione di civiltà fa parte anche l’attacco alle istituzioni
internazionali, in ultima analisi alle Nazioni Unite.
Ciò avviene quando da tempo il mercato ha rappresentato a sua immagine e
somiglianza tanta parte della vita sociale persino nel linguaggio. Pensate ai lavoratori,
diventati capitale umano, oppure nelle scuole ai crediti e ai debiti formativi, oppure la
sanità ridotta a budget, oppure al welfare ridotto a bonus, oppure, nei servizi, agli
utenti che sono diventati clienti.
Questa, in sostanza, mi sembra, l’essenza della svolta a cui stiamo assistendo e che
nega i princìpi civili, sociali e politici su cui si è costruita la storia democratica
dell’Europa e degli stessi Stati Uniti d’America. Per dirla in parole povere quello che
si è avviato e che presumibilmente tenderà ad ampliarsi nei prossimi tempi è l’attacco
alla democrazia, sia nella versione liberale, che nella più moderna versione sociale.
Come rispondiamo a questo attacco? La prima iniziativa che avanziamo è l’appello
che vi abbiamo inviato l’altro ieri via mail, che intendiamo consegnare ai
parlamentari in Italia e in Europa e su cui proponiamo eventuali iniziative unitarie
nelle più grandi città con una eventuale iniziativa centrale, molto veloce, cioè un
dibattito pubblico solo sui social.
Terzo punto: l’Unione Europea. Le reazioni avverse a Trump ad oggi sono di tanti
capi di governo e di Stato europei, non – mi pare – dei rappresentanti dell’Unione,
tranne la Kallas, che mi pare la meno equilibrata di tutti. In questi giorni abbiamo
assistito alla scomparsa del sistema istituzionale europeo, Commissione, Consiglio,
Parlamento, e al pieno ritorno degli Stati nazionali – vedi l’autoesposizione di
Macron che ovviamente pensa alla grandeur de la France – in una commistione,
confusa e un po’ surreale, con la Nato e con la Gran Bretagna, che fino a prova
contraria è uscita dall’Unione Europea. In un convulso succedersi di riunioni non solo
è stato ribadito un atteggiamento bellicista da parte di singoli stati dell’Unione e
anche da rappresentanti istituzionali dell’Unione, ma si sta procedendo a tappe
forzate per un incremento del budget militare a livelli insostenibili per le stesse
economie nazionali, a cominciare dall’Italia. A ben vedere, questa linea porterà a un
gigantesco affare per le industrie militari americane, laddove gli Stati Uniti hanno già
conseguito tre importantissimi obiettivi: la rottura di qualsiasi rapporto economico e
commerciale fra l’Unione Europea e la Russia, la sostituzione delle forniture di gas
russo con quello americano che costa quattro volte di più, un gigantesco
indebolimento dell’Unione Europea che, come Trump ha affermato, è ed era vista
dagli Stati Uniti come un concorrente se non un avversario, a dispetto di tutte le
anime belle atlantiste. Ricordiamoci le parole di Victoria Nuland nel 2014,
“L’Unione Europea si fotta”. Chi per ora ha pagato il prezzo più alto dal punto di
vista economico sociale è stata la Germania e non è escluso che l’Italia segua a ruota.
Ameno che non succeda di peggio dopo la rottura di ieri, i dazi al 25% verso
l’Unione Europea aumenteranno vertiginosamente la crisi di un continente in
ginocchio nella produzione di auto e per il costo dell’energia. Non dimentichiamo che
tanta parte dell’Unione Europea, a cominciare dall’Italia, è stata deindustrializzata
con una svendita generalizzata finita in gran parte in mano ai fondi d’investimento
che a loro volta fanno per lo più capo agli Stati Uniti d’America. Leggevo che le
imprese con i più alti profitti negli ultimi anni sono le banche, l’energia e le
multiutility, cioè le imprese private di pubblica utilità che coprono più servizi. La
gran parte di queste imprese sono in mano ai fondi di investimento.
È il momento di una svolta profonda. A me pare che l’unica via d’uscita sia questa:
l’Unione Europea, come ho detto, deve finalmente rendersi autonoma, superando
ogni condizione di sovranità limitata e mantenendo un rapporto con tutti i Paesi a
cominciare dagli Stati Uniti, avviare un grande piano di reindustrializzazione, mettere
a valore tutte le energie scientifiche, pubbliche e private che ha a disposizione,
adeguarsi allo sviluppo tecnologico, dalla digitalizzazione all’Intelligenza artificiale,
sviluppare una rete commerciale con tutti, senza remore ideologiche, dalla Cina a
tutti i Paesi del Brics. Insomma, deve ritrovare un posto, che oggi non ha, nella
divisione internazionale del lavoro. Un’Europa che armonizzi le politiche fiscali e
che operi con giustizia e trasparenza nei confronti delle multinazionali tech che oggi
pagano tributi irrisori rispetto ai giganteschi profitti che conseguono. Ma
specialmente l’Europa deve diventare potenza politica, democratica, con una
profonda riforma istituzionale, che si dia un governo democratico eletto da un
parlamento democratico e con poteri definiti; solo a questa condizione può dotarsi di
un esercito davvero comune; questa Europa o sarà Europa sociale, cioè che contrasti
l’impoverimento dei suoi popoli, o non sarà. Non può essere condizionata dalle lobby
delle multinazionali e dalla pervasività dei poteri privati. Deve rilanciare il ruolo
pubblico nel governo dell’economia e, nella combinazione di tutti questi elementi,
diventare davvero un’Europa dei popoli, cosa che – diciamoci la verità – oggi non è
affatto. Come scritto sulla bozza di appello, l’Europa di Maastricht e i vincoli di
spesa imposti dal patto di stabilità e crescita vanno cambiati e va superata l’Unione
fatta di sola moneta e mercato. Vanno riconquistati all’idea di Europa in primo luogo
i popoli dei più grandi Paesi: la Francia, la Germania, la stessa Italia. Un’Europa che
riprenda la sua vocazione pacifica e pienamente democratica, che si è smarrita dopo
l’invasione russa dell’Ucraina, ma che era già stata profondamente ferita – diciamoci
la verità – con i bombardamenti su Belgrado del 1999, avvenuti senza alcun mandato
delle Nazioni Unite. Per dirla in breve più Europa, un’altra Europa, che risorga sui
fondamenti antifascisti da cui è nata e che si sono in gran parte smarriti. Se ce la
facciamo, a fine marzo io e Susanna andremmo a Bruxelles per informare delle nostre
opinioni gli europarlamentari di alcuni gruppi e l’intergruppo informale pacifista.
Ultimo punto: l’Italia. Non sto a ripetervi le propensioni autoritarie, dal decreto
sicurezza alla riforma della giustizia, a tante altre cose. Qui segnalo soltanto la
necessità di incalzare nei confronti del governo, in particolare della Meloni, rispetto
ai suoi rapporti con Trump. La politica di contrasto ai dazi americani non può essere
nazionale ma deve essere comunitaria. Non si può immaginare un ipotetico canale
privilegiato fra Meloni e Trump, e va messa in luce la macroscopica contraddizione
sovranista, per cui governi e alleati sovranisti entrano in contrasto proprio sulla tutela
degli interessi nazionali di ciascun Paese.
Nel nostro Paese, come in altri Paesi europei a cominciare dalla Germania, c’è una
crisi industriale di grandi proporzioni; sono due anni che in Italia cala la produzione,
e c’è bomba a orologeria che si chiama questione sociale. Credo che vada messa a
tema la reindustrializzazione del nostro Paese, che ha svenduto la grande
maggioranza del suo patrimonio alle multinazionali e ai fondi d’investimento. C’è
larga parte dei popoli, a cominciare da quello italiano, che sono rimasti esclusi dal
processo di globalizzazione trainato dagli Stati Uniti d’America e che oggi sembra
concluso. Lo spostamento a destra dell’asse europeo e italiano lo conferma. In
Germania il 38% degli operai ha votato per la AFD. In Italia alle ultime europee ha
votato meno del 50% degli aventi il diritto. L’appuntamento dei referendum promossi
dalla CGIL, e per alcuni aspetti lo stesso referendum sulla cittadinanza, va in una
giusta direzione. Ed è perciò giusto che noi sosteniamo i referendum. Pur
sostenendoli, abbiamo deciso di non entrare nel Comitato promotore, promosso dalla
CGIL sia perché non abbiamo promosso quei referendum, sia perché intendiamo
muoverci in modo fortemente unitario, ma anche in modo autonomo, dando vita
prossimamente come ANPI a una convenction per il sì ai referendum. Ma su questo
dirà meglio Betti Leone.
Vedremo quale sarà la situazione il 17 e 18 maggio, in occasione dell’assemblea dei
presidenti che si svolgerà a Chianciano sul bilancio e più in generale sullo stato delle
cose.
In questa situazione di accelerazione del cambiamento d’epoca, mai come oggi
dobbiamo valorizzare l’appuntamento del 25 aprile dell’80°, cosa di cui vi parlerà fra
poco Carlo Ghezzi, perché è in quella circostanza che si mettono a valore tutti i
princìpi che abbiamo ereditato dalla Costituzione repubblicana, a sua volta,
ovviamente, figlia della Resistenza: libertà, democrazia formale e sostanziale,
uguaglianza sociale, solidarietà, lavoro, pace. Abbiamo avuto nei giorni scorsi un
incontro con il presidente e i dirigenti dell’istituto Parri e abbiamo concordato un
convegno nazionale sui temi dei fascismi e delle democrazie da svolgere a fine
settembre assieme al comune di Marzabotto in quel luogo così simbolico. Il 25 aprile
1945 festeggia l’avvento della democrazia in Italia. Il 25 aprile 2025 deve ribadire
con tenacia e determinazione che continuiamo a muoverci sulla stessa strada.
Il Giorno della Memoria, sempre!
Gennaio 25th, 2025 Nessun commento »
Associazione nazionale partigiani d’Italia
Comitato Provinciale di Viterbo
27 gennaio 2025
La legge 211/2000 ha istituito il 27 gennaio – data della liberazione dei sopravvissuti del campo di sterminio di Auschwitz nel 1945 – come il Giorno della Memoria, perché non si dimentichi lo sterminio del popolo ebraico e con esso la deportazione politica e militare, le leggi razziali fasciste, i peggiori crimini commessi da nazisti e fascisti nella Seconda guerra mondiale, e perché si ricordino anche quanti ebbero il coraggio di opporsi alle persecuzioni, alla barbarie, allo sterminio degli innocenti.
Il Giorno della Memoria si celebra infatti per ricordare tutte le vittime private della libertà e portate a morte della persecuzione politica e razziale, gli oppositori antifascisti, i partigiani deportati e assassinati, i civili razziati e ridotti in schiavitù, le comunità Rom e Sinti, gli omosessuali, i bambini e i disabili. Tra questi milioni di vittime anche i militari italiani assassinati (come nel massacro di Cefalonia) o fatti prigionieri e costretti nei lager ai lavori forzati per aver rifiutato l’adesione alla Repubblica fascista di Salò e la collaborazione con i nazisti.
Il Giorno della Memoria perché siano ricordati quanti non rimasero indifferenti ma scelsero di stare dalla parte del bene, dalla parte della dignità, della democrazia e della libertà, per tutte le persone e per tutti i popoli.
Il Giorno della Memoria perché non c’è vera memoria senza rispetto della storia e la storia ribadisce in primo luogo la tragica unicità della Shoah, dello sterminio contro persone e popoli concepiti come inferiori e diversi. Questa ben progettata macchina di morte fu messa in atto non solo per volontà di Hitler e dei suoi criminali collaboratori, ma anche perché schiere innumerevoli di obbedienti e indifferenti esecutori schedarono gli ebrei, e tutte le persone invise al regime fascista, li denunciarono, li catturarono e manovrarono i convogli dei treni in viaggio verso i lager.
Il Giorno della Memoria deve far riflettere sulla storia dell’Italia di quegli anni e sulle troppe rimozioni che tentano costantemente di cancellare dalla memoria collettiva la responsabilità dei governi e delle istituzioni di allora. La monarchia e il regime fascista, con leggi razziali del 1938, volute dal dittatore Mussolini, di fatto privarono di ogni diritto i cittadini italiani ebrei e favorirono la loro discriminazione e la successiva deportazione nei campi di sterminio in piena ed efficace collaborazione con i nazisti. Sono responsabilità storiche che non riguardarono solo la Germania nazista, ma anche l’Italia fascista. Sono responsabilità che ancora si tenta di negare, giustificare minimizzare e con le quali una parte di italiani si rifiuta ancora di fare i conti. E’anche questo l’humus di ignoranza, arroganza e suprematismo che permette nel nostro paese, a vari gruppi e associazioni, di continuare a professare aberranti idee e comportamenti che si richiamano e inneggiano ancora al nazifascismo.
E’ tempo dunque che questi gruppi ed associazioni siano sciolti definitivamente per attuare concretamente la nostra Costituzione antifascista e le finalità dell’istituzione de Il Giorno della Memoria.
Oggi a livello planetario si consumano e vengono minacciate continuamente nuove deportazioni, nuovi genocidi, spesso in una indifferenza diffusa e complice. Il mercato delle armi fa da padrone e si autoalimenta di violenze, guerre e sopraffazione. Quanto continua ad accadere in tanti scenari di guerra nel mondo, come in Ucraina e l’orrore di quanto accaduto fino a pochi giorni fa a Gaza, con oltre 46mila vittime tra i civili palestinesi, ne è la tragica riprova.
Le nuove e più moderne espressioni del fascismo e del nazismo sono diventate il razzismo diffuso, l’intolleranza verso i migranti, verso il diverso in generale -per provenienza, religione, genere-, l’antisemitismo mai giustificabile, i diritti umani negati, la violenza di genere, la morte per fame e per mancanze di cure di milioni di persone, lo sfruttamento delle persone e delle risorse della terra.
Il Giorno della Memoria sia quindi non la celebrazione di uno stanco rituale ma il rinnovato impegno di tutti e di ciascuno per la democrazia, la pace, i diritti umani e la libertà, senza ambiguità e in ogni circostanza e in ogni luogo del mondo.
Il Giorno della Memoria deve essere un richiamo forte, storico, umano e di speranza e impegno costanti perché l’orrore di ciò che è stato non torni ad essere mai più.
Il Comitato provinciale Anpi invita cittadini, associazioni, istituzioni, scuole e partiti a celebrare Il Giorno della Memoria e rinvia ai link di seguito per gli eventi in programma
Comunicato stampa a cura del Comitato provinciale Anpi di Viterbo
Viterbo, 24 gennaio 2025
Accadde oggi
Gennaio 1st, 2025 Nessun commento »- 01 Gennaio 1948
Entra in vigore la Costituzione italiana
I principi e la forma di governo
Entra in vigore la Costituzione italiana. In 139 articoli sono definiti i principi e la struttura della forma di governo repubblicana che gli italiani hanno preferito alla monarchia. Approvata con 453 sì e 62 no il 22 dicembre 1947, la carta costituzionale era stata firmata cinque giorni più tardi dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola.
Presepe 1944
Dicembre 24th, 2024 Nessun commento »L’ANEI – associazione nazionale ex internati, ha chiesto a don Dario Vitali, professore della Pontificia Università Gregoriana e figlio di un ex internato, di commentare il presepe realizzato nel campo di concentramento di Wietzendorf dagli Internati italiani nel Natale 1944.
800.000 soldati si erano rifiutati di entrare nelle milizie repubblichine ed erano stati internati dai nazisti, senza i diritti che spettavano ai prigionieri di guerra, per il lavorare nell’ industria bellica.
Sopravvissuti tra gli stenti, trovarono luce e alimentarono la speranza attraverso la realizzazione di un presepe. Figure costruite con pezzi di filo spinato e brandelli di vestito dei carcerati.
“…L’ immagine del soldato che depone le armi davanti al Verbo incarnato sia il segno che la pace è possibile, anche oggi che l’ umanità combatte questa guerra mondiale a pezzi… “
Questo l’augurio di don Dario anche nel ricordo del padre. Un buon Natale di pace per tutti e in ogni luogo della Terra.
Raccontami 5
Dicembre 14th, 2024 Nessun commento »“Penso che non si possa rinunciare all’utopia o quanto meno al tentativo di pensare un futuro diverso e di lanciare una sfida culturale e ideale. Sarebbe ora che le donne, forti dell’autonomia personale conquistata riuscissero a trasformarla in consapevolezza che la loro alterità potrebbe se messa in rete e se capace di superare la frammentazione, divenire forza motrice di un radicale cambiamento economico sociale e politico”.
Raccontami 4
Dicembre 12th, 2024 Nessun commento »Piazza Fontana: il racconto della strage e del processo
Guido Calvi
12 dicembre 1969: un evento che sconvolse il Paese. La competenza alla magistratura milanese, poi romana, poi di nuovo a Milano, poi a Catanzaro. Le responsabilità dei neofascisti e dei servizi deviati
La strage del 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura di Milano fu uno degli eventi più drammatici ed inquietanti che si verificarono negli anni 60. Prima vi era stata la strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947, che fu la prima tragedia dell’Italia repubblicana ad opera della banda criminale di Salvatore Giuliano e che aveva come motivazione una strategia della tensione sulla base di un disegno politico mafioso.. … Continua sul sito nazionale